Tratto dal libro: Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, a cura di A. Tollini, Ubaldini editore.
Questo testo è proposto alla comunità dei monaci del Sentiero contemplativo per la loro formazione. Mi soffermerò sul testo di Dogen quando necessario
[6] Il grande maestro Hôchi del tempio Keichô Kegon,451 fu interrogato da un monaco in questo modo:”Quando un uomo che ha la grande illuminazione si smarrisce,452 cosa succede?”.
Il maestro disse:”Uno specchio rotto non torna a risplendere. I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero”. Questa è certamente una domanda e (il maestro) ha risposto al suo discepolo in modo da dargli un insegnamento. Se non si fosse trattato di una assemblea del tempio Keichô Kegon non si sarebbe potuto ascoltare questo insegnamento.453 Inoltre, se il maestro non fosse stato il discendente di Tôzan, non avremmo potuto ricevere così la sua benevolenza.454 Questa è davvero la sede suprema dei Buddha e dei patriarchi.
Può un uomo che “è” (non che ha) la grande illuminazione, smarrirsi? Certo che può, non è l’Assoluto. Ma bisogna definire smarrimento in un uomo.
Si postula, innanzitutto, che esista un incarnato, un uomo che, in quanto tale, è soggetto a limiti e identificazioni. Queste possono essere di vario grado e produrre un relativo smarrimento, ma la natura di quella creatura è già emersa e non si farà travolgere dall’identificazione perché le strutture necessarie a questa non sono più integre: ecco perché lo specchio non si ricompone.
Cosa significa che le strutture necessarie all’identificazione non sono più integre? Significa che il sentire che permetteva l’identificazione, e che si serviva di mezzi adeguati nei suoi veicoli transitori, è stato superato da un sentire più vasto che testimonia maggiormente il sentire unico complessivo esistente aldilà dal divenire.
Lo smarrimento è la conseguenza del condizionamento umano che opera sul sentire relativo della grande illuminazione: perché definisco la grande illuminazione sentire relativo?
Perché voglio demitizzarla: anche un sentire che sia Coscienza Cosmica è relativo rispetto al Sentire assoluto.
Un caso esplicativo è quello del Cristo-Gesù: una Coscienza Cosmica (Cristo) in manifestazione in un veicolo umano condizionante (Gesù). In Gesù sono evidenti errori di visione, di prospettiva, smarrimenti, sforzi.
Nella successiva incarnazione dell’individuo Gesù, quella nelle vesti di Koot-Hoomi, la stessa Coscienza Cosmica- Cristo, ha avuto condizioni diverse di espressione perché il mezzo espressivo e il contesto ambientale erano differenti.
451 Discepolo e successore di Tôzan, nome postumo Kyûjô (date sconosciute).
452 Cioè: torna nell’illusione.
453 Cioè: solo in quel tempio, essendoci il maestro Hôchi si potevano ascoltare parole come quelle.
454 Cioè: l’insegnamento.
COMMENTO (Tollini)
[6] Un altro aneddoto di un maestro cinese, il maestro Hôchi che interrogato da un monaco riguardo alla possibilità di un illuminato di perdere l’illuminazione e tornare nella dimensione dell’illusione, risponde che “uno specchio rotto non torna a risplendere. I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero”. Questa risposta sembrerebbe significare che chi ha raggiunto l’illuminazione non può più tornare allo stato precedente. Questa domanda è importante perché cerca di chiarire se l’illuminazione sia uno stato definitivo, oppure provvisorio, oppure se vi siano illuminazioni che sono definitive e altre che sono provvisorie.
Tuttavia, prima di affrontare la trattazione della risposta del maestro Hôchi in modo approfondito, fa alcune considerazioni sull’illuminazione e sulla sua “acquisizione” che vengono riportate nel capitolo successivo.
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Grazie. Il tema è chiaro
La metafora dello specchio e dei fiori, che sembrava così ostica, nel commento di Uma diventa chiarissima. Grazie
Grazie