Dogen, Daigo: l’illuminato non torna illuso 9

Tratto dal libro: Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, a cura di A. Tollini, Ubaldini editore.

[9] Il maestro disse:”Uno specchio rotto non torna a risplendere. I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero”.* Queste parole sono state dette nel preciso momento in cui uno specchio si è rotto. Però, è un errore cercare di capire le parole del maestro che riguardano uno specchio rotto, rivolgendo il pensiero a quando lo specchio non era ancora rotto.

“A broken mirror does not again reflect. Fallen blossoms cannot climb back onto the trees.” [Gudo Nishijima-Chodo Cross così traducono] “Uno specchio rotto non riflette di nuovo. I fiori caduti non possono risalire sugli alberi”.

Il significato delle parole del maestro: “Uno specchio rotto non torna a risplendere. I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero”, è che: “La persona illuminata non torna a splendere”, e “la persona illuminata difficilmente torna sull’albero”, cioè, la persona illuminata non torna a essere smarrita. Tuttavia, non si deve capire in questo modo, perché se fosse come le persone credono che sia, si chiederebbe: “Qual è allora lo stato normale della persona illuminata?”. Allora a questo si risponderebbe immediatamente: “Ci sono momenti in cui si smarrisce”. Tuttavia, le cose non stanno come detto ora.

Poiché ci si domanda: “Cosa succede alle persone illuminate quando si smarriscono?”, (questa domanda nasce dal fatto che) non è chiaro (all’interlocutore) il momento in cui ci si smarrisce. Proprio in quel momento si realizzano le espressioni:” Uno specchio rotto non torna a risplendere” e “I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero”. Quando i fiori proprio cadono, per quanto si cerchi di farli tornare su con un bastone lunghissimo, tuttavia i fiori cadono. Allo stesso modo, quando lo specchio è proprio rotto, per quanto si cerchi di ripararlo, lo specchio non torna a risplendere (come prima).

Riflettendo sul senso delle espressioni riguardo allo specchio rotto e ai fiori che cadono, si consideri il momento in cui la persona illuminata si smarrisce. La grande illuminazione corrisponde a “costruire il Buddha” e lo smarrimento corrisponde a “tutti gli esseri senzienti”,460 ma noi non dobbiamo comprendere (le parole del maestro) come se volessero dire che un essere illuminato (come il Buddha) assumendo una forma umana torna al mondo degli uomini ordinari (per aiutarli). Questo si chiama “rompere la grande illuminazione e diventare esseri senzienti”, ma questo non significa la rottura della grande illuminazione, né che la grande illuminazione svanisca, e neppure che ne scaturisca lo smarrimento. Non si deve assolutamente pensare quanto sopra.

460 “Grande illuminazione” significa “costruire il Buddha (dentro di sé)” e “esseri senzienti” è la dimensione dello smarrimento.


COMMENTO (Tollini)

[9] Ora, Dôgen commenta la risposta del maestro Hôchi che disse: “Uno specchio rotto non torna a risplendere. I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero”. Il senso di queste parole sembra essere che: “una persona illuminata non torna nell’illusione, così come uno specchio rotto per quanto venga riparato non torna a risplendere e i fiori caduti, per quanto si cerchi di riattaccarli, non tornano sull’albero”.

Tuttavia, questa è una interpretazione superficiale. Infatti così facendo, si cerca di capire lo specchio rotto pensando a quando non era ancora rotto. Dobbiamo comprendere queste frasi nel preciso momento in cui lo specchio si rompe e i fiori cadono, cioè dobbiamo identificare la frase col momento dell’azione e non separare parole e azione. Così la domanda:” Cosa succede alle persone illuminate quando si smarriscono?” va formulata e compresa nel preciso momento in cui avviene il “ritorno allo smarrimento“.

Allora si realizzano anche le risposte del maestro Hôchi. Ciò che Dôgen intende qui è che illusione e illuminazione non sono due stadi continui tra i quali si può fluire andando dall’uno all’altro e viceversa. Così come gli “esseri/tempo” non fluiscono gli uni negli altri e la legna non diventa cenere: la legna è pienamente e solamente legna e lo stesso è della cenere. Allo stesso modo non si fluisce dall’illusione all’illuminazione e viceversa, ma l’illusione è solamente e pienamente illusione e lo stesso è dell’illuminazione.

Quindi non esiste la possibilità di tornare dall’illuminazione all’illusione, ma in quel preciso momento, quello in cui avviene l’azione, per esempio, del Buddha (l’illuminato) che torna tra gli esseri senzienti (che sono nell’illusione), si è nell’illuminazione, oppure nell’illusione. Ma questo non vuol dire “rompere la grande illuminazione”, né che “ne scaturisca lo smarrimento”.

La risposta del maestro Hôchi, allora va letta nel senso che non esiste continuità tra lo specchio prima della rottura e dopo la rottura, e neppure tra i fiori caduti e quelli che stavano sui rami. “Uno specchio rotto non torna a risplendere” perché non è lo specchio integro, che non esiste più. “I fiori caduti difficilmente tornano sull’albero” perché i fiori caduti non sono i fiori di prima che stavano sui rami, i quali non esistono più.
Ciò che esiste nel preciso momento in cui l’azione avviene è l’azione stessa e null’altro, il prima (ma anche il dopo) non esiste più (o non ancora).

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Natascia

Anche a me pare che posse essere sintezzato.
i concetti fondamentali mi sembrano due:
1. l’illuminato può convivere con uno stato d’illisone;
2. Che l’Essere non è nel presente/ora, ma nel non tempo

Catia Belacchi

Nonostante una lettura ripetuta sui testi e sul post, questa parte mi sembra molto cavillosa e “mentale”. Per fortuna il commento di Uma aiuta.
Il compreso : una persona illuminata, nonostante possa, a volte, cadere nell’illusione essendo ancora incarnata, non perde l’illuminazione perché questa fa parte del sentire di coscienza raggiunto.
Se pensiamo al divenire la comprensione /illuminazione, avviene passo dopo passo.
Dal punto di vista dell’Essere, l’illuminazione è già.
In un momento di contemplazione l’illuminazione è già.

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