Come vedere, allora, la relazione fra il Divino e l’umano? Quando entrano in crisi tutti i racconti che ciascuno si fa per rappresentarsi quel contatto e quell’intima fusione, e quando svanisce l’idea di un dono o di un aiuto divino, allora si affaccia una domanda: “Come mai sento il bisogno di vedere nel Divino un’opportunità?”.
In quella domanda fa capolino il dubbio, che è la porta aperta alla gratuità nella sua veste di estrema provocazione del mondo mentale. Lì può spalancarsi uno spettacolo che non riguarda chi lo osserva. Si apre un universo che va oltre ogni riferimento a sé e oltre ogni immagine divina, ma che pervade, che penetra, che destabilizza, che assorbe e che svuota.
Da quel momento, ogni umano agire è teso a lasciar emergere lo scorrere della vita, perché non c’è più traccia del bisogno di pensare che implementare le azioni a un fine individuale o evolutivo sia importante per vivere oppure per la propria crescita interiore, e che il Divino sia di supporto a quelle azioni. Rendere l’agire semplicemente un’apertura al divenire della vita significa comprendere che il Divino non agisce in nessun modo: né in favore e né in aiuto all’uomo, ma che semplicemente manifesta l’Immoto Mistero.
E allora si può osservare la vita espandersi e mostrare che non c’è sacro e non c’è profano, ma che tutto è, così com’è. Proprio niente c’è da aggiungere e niente da migliorare lungo una via che pensate vi conduca alla sacralità, perché la gratuità è tutto ciò che c’è, tutto ciò che accade. Quindi, ciò che giunge è gratuità, come lo è ciò che non giunge; lo è anche ciò che giunge gradito e anche ciò che si vorrebbe evitare, in quanto sgradito o temuto. Ma pure chi è accanto e vi provoca è gratuità, e non serve cercare un perché alla gratuità: ogni perché è interpretazione, è concetto.
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Gratuità è casualità, è non-distinzione, è impermanenza ed evanescenza. Ecco perché la gratuità è fuoco che brucia tutte le intenzioni e tutte le azioni ripiene di quell’amore che voi attribuite a voi stessi e all’immagine divina; e poi è vento che spazza via tutta quella cenere.
Però l’uomo vuole creare e non riconoscere; quello che crea nel cammino verso la propria santificazione non è altro che connettere le azioni fra di loro e poi connetterle con dei risultati che si attribuisce, e alla fine connettere anche l’azione del Divino come indispensabile supporto d’amore. Ma i cosiddetti risultati nell’ambito evolutivo sono semplicemente ciò che già c’è, e che voi non vedete perché avete bisogno di esserci come individualità, e quindi di occultarvi la realtà e di attribuirvi dei risultati.
Ciò che eccede la mente è mistero, e il mistero non ha un’origine, non ha un termine, non ha motivazioni, non ha obiettivi e non ha una direzione: il mistero è, senza aggiunte.
Nella via della Conoscenza si parla di gratuità come casualità che tutto e tutti abbraccia indifferentemente, e si parla anche della possibilità che essa, nel suo continuo presentarsi e scontrarsi con la vostra struttura mentale, possa a poco a poco far morire il concetto che gratuità significhi premio, positività, dono, vantaggio, aiuto e anche tutto quello che continua ad alimentarvi in questa concettualizzazione.
Come possiamo considerare, allora, la gratuità? La gratuita è la possibilità offerta a chiunque di dubitare di essere al centro di ciò che accade nella vita e che il Divino sia in proprio supporto, ed è la possibilità che muoia l’abitudine di concettualizzare in modo duale divinità e umanità, oppure sacro e profano, come fossero due poli opposti. Siamo comunque ancora nel campo di una concettualizzazione umana, seppur diversa, poiché la gratuità non è conoscibile, se non quando la mente, come struttura, viene messa totalmente a tacere, il che accade per gratuità. Altrimenti, tutto il concepibile è concetto, perché nel vostro mondo mentale non possono che esistere contenuti che si basano su interpretazioni della realtà, essendo la realtà mentalmente incontenibile.
Però non prendete le nostre parole come un insegnamento da aggiungere ai vostri contenuti mentali; quello che vi stiamo facendo fare è un percorso – un contro-processo – fatto di nuovi concetti che, apparendovi “più appetibili”, vi svuotano dei vostri vecchi contenuti; sono concetti che poi vi vengono negati per offrirvene altri, nuovi, che vi sembrano ancora “più appetibili”. Questo continuo offrire, e poi negare per offrire altro, è la base del contro-processo che, svuotandovi dei vecchi contenuti, vi toglie a poco a poco anche la voglia di riempirvi nuovamente, perché tanto avete interiorizzato che, comunque, ciò che vi sembra “più appetibile” vi verrà poi negato e sottratto.
A questo punto ci domandate: “Ma allora a che serve tutto quello che ci state dicendo?”. Non serve a niente, un niente che voi caricate delle aspettative che portate in campo. Solo nel morire di quelle aspettative, se accade che una spinta nasca da dentro, a un tratto a quella domanda appare una risposta che oggi non potete sapere né immaginare. Comprendere questo nostro messaggio passa attraverso la percezione e l’ascolto del sussurro di una voce interna che dice: riduci la tua pretesa di azione e allora capirai che nulla conta di ciò che ti riguarda, poiché ciò che sta oltre ti travalica e già ti attraversa, ma tu non lo comprendi.
Ciclo gratuità della Via della conoscenza
Per ogni informazione sulla Vdc scrivere a questo indirizzo
La chiusa del post ben illustra il senso del contro-processo della Vai della Conoscenza: da tenere a mente
Grazie per questa elaborazione.
La via della resa, quando molte delle esperienze sono divenute zavorre, attaccamenti da lasciare.