Dogen, Daigo: il duplice sguardo sull’illuminazione 12

Tratto dal libro: Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, a cura di A. Tollini, Ubaldini editore.

[12] La frase di cui sopra (di Kyôzan) non significa che non ci sia l’illuminazione, né che ci sia, né che essa venga da fuori, ma semplicemente (si chiede) se essa sia provvisoria. Il significato di questa frase corrisponde a:”Le persone di questo momento, in che modo possono giungere all’illuminazione?”

Per esempio, riguardo all’espressione “ottenere l’illuminazione”, si pensa normalmente che essa (prima) non c’era. Riguardo all’espressione “l’illuminazione è giunta”, si pensa a dove mai essa era fino a quel momento. Riguardo all’espressione “diventare illuminati”, si pensa che vi sia un inizio all’illuminazione. Sebbene non si possa dire così e le cose non stiano così, quando si parla del modo di essere dell’illuminazione, si dice “Prendere a prestito l’illuminazione”. 468 

Quindi, l’illuminazione è così, ma riguardo alla frase del maestro Kyôzan che disse: “Andare a finire nella seconda testa, come si fa?”, anche la “seconda testa” è l’illuminazione*. La “seconda testa” è “diventare illuminati”? oppure “ottenere l’illuminazione”? e comunque corrisponde a “è giunta l’illuminazione”. Sia che “siamo diventati” oppure che “essa sia giunta”, è comunque l’illuminazione.

Quindi, benché sia doloroso andare a finire (cadere) sulla “seconda testa”, è come se (Kyôzan) stesse negando l’esistenza della “seconda testa”.469 La “seconda testa” che è diventata l’illuminazione, è davvero una “seconda testa” reale. Allora, sia che si tratti della “seconda testa”, sia che si tratti della centesima o millesima testa, è comunque l’illuminazione. Se c’è una “seconda testa”, allora prima di questa c’è la “prima testa” che non è diversa da quella. Per esempio, il nostro io di ieri è il nostro io, ma è come dire che dal punto di vista di ieri, l’io di oggi è una “seconda persona”. L’illuminazione di ora, non si può dire che non sia l’illuminazione di ieri. Del resto, non è che sia iniziata ora. Bisogna considerare le cose in questo modo. Perciò, la testa della grande illuminazione è nera, ma è anche bianca.

Presentato all’assemblea dei monaci il 28° giorno del primo mese di primavera, del terzo anno Ninji (1242), presso il tempio Kannon Dôri Kôshô Hôrinji.

Il 27° giorno del primo mese di primavera del secondo anno del Kangen (1244), fermatomi al tempio Kippô Koji l’ho presentato all’assemblea dei monaci di quel tempio. Il 20° giorno del terzo mese di primavera dello stesso anno, nel Kippô Shôja Dôô l’ho messo per iscritto.

468 In originale: Satori wo karu ya. Quindi “usare provvisoriamente l’illuminazione”, “prendere a prestito l’illuminazione” e simili. Insomma si sottolinea di nuovo il concetto dell’illuminazione in quanto provvisoria. Il termine “prendere a prestito” di questa frase e “provvisorio” della domanda di Meiu riferita all’illuminazione, sono in giapponese lo stesso carattere, quindi fondamentalmente la stessa parola.

469 Cioè: la considera inferiore. La “illuminazione acquisita” viene considerata inferiore alla illuminazione originaria che tutto pervade e che esiste da sempre e per sempre.


COMMENTO (Tollini)

[12] La frase di Kyôzan pone il problema se l’illuminazione sia provvisoria oppure non lo sia, ma ciò non ha a che fare con l’esistenza stessa dell’illuminazione o la sua negazione.

Il significato profondo, che sta dietro le parole della domanda è:”in che modo si può giungere all’illuminazione?”. Normalmente si dice “giungere all’illuminazione“, oppure “ottenere l’illuminazione”, ma queste espressioni sottintendono che prima di giungervi o di ottenerla, essa non c’era. Ma allora dov’era? Non esisteva? O esisteva da qualche parte nascosta? Si dice anche “diventare illuminati”, intendendo così che l’illuminazione ha un inizio preciso e quindi una durata temporale. Allora sarebbe appunto provvisoria.

In realtà, queste non sono altro che espressioni umane dalle capacità limitate che non possono esprimere la vera natura dell’illuminazione. Tuttavia, finire nella seconda testa è pur sempre un tipo di illuminazione. È un “giungere all’illuminazione”, un “ottenerla”. In ogni caso è comunque illuminazione.

Nella frase di Kyôzan, l’illuminazione della seconda testa ha un senso spregiativo perché considerata inferiore alla “vera illuminazione originaria“. Tuttavia, sia che si tratti di una illuminazione inferiore, o della terza o centesima testa, e quindi della terza o centesima illuminazione, si tratta comunque di illuminazione. Per esempio, l’io di ieri è comunque il nostro io, ma dal punto di vista dell’ieri, l’io di oggi è una seconda persona. E così, l’illuminazione della seconda testa è tale dal punto di vista della prima testa e viceversa. Insomma, dipende dal punto di vista dal quale osserviamo le cose. Tutto è relativo al punto di visuale, come il mare che ha una forma rotonda se visto da sopra una nave.471 Allora, l’illuminazione di oggi e quella di ieri in che rapporto stanno? “Perciò, la testa della grande illuminazione è nera, ma è anche bianca”. Che altro si può dire?

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Catia Belacchi

L’illuminazione, per tutti già è. La si svela soltanto e, per ciascuno, riguarda le comprensioni raggiunte.
Pertanto le persone ‘di questo momento’ hanno il grado di illuminazione loro proprio, anche se momentaneamente sono nell’illusione.

Prima è seconda testa: un vero rompicapo.

Credo che Uma abbia chiarito bene, se ho ben interpretato :
la prima testa riguarda l’illuminazione originaria che attiene all’Essere, la seconda testa riguarda la illuminazione che di volta in volta, nel divenire, “scopriamo” ampliando il sentire.

Natascia

In realtà, la lettura mi ha confuso un po’ le idee. Tante ripetizioni, anche le interpretazioni hanno bisogno di maggior chiarezza per me. Magari continuando la lettura, qualcosa si chiarisce.

Kita-lu

Se ho ben capito il punto di osservazione è in relazione col sentire conseguito. Può oscillare dal sentire al piano del divenire; l’illuminazione si svela ma non è possibile connotarla.

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