Da: Il libro di François, Cerchio Firenze 77. Si dice che a tutte le cause mosse deve corrispondere il ricadere dei relativi effetti. Con che modalità è risolto questo aspetto nel caso delle fusioni?
Chiaramente, quando vi sono queste comunioni, l’essere che prende vita è un essere che raccoglie in sé il sentire di tanti altri esseri, e la fusione può avvenire giusto perché sono cadute delle limitazioni.
A loro volta, queste limitazioni sono cadute perché vi sono state delle esperienze, cioè degli effetti, che le hanno fatte cadere. Quindi la fusione di per sé avviene generalmente quando gli effetti sono già avvenuti; salvo quelli più lontani che debbono avvenire successivamente. Mi spiego: ognuno vivendo muove delle cause, cause che portano degli effetti; e poi continua nella sua esperienza in una vita successiva. Alcune cause che ha mosso hanno un effetto nella vita successiva; altre portano l’effetto in vite ancora successive, cioè in esperienze successive. Voi sapete che l’effetto cade solo quando l’individuo ha raggiunto una certa preparazione, sì che possa comprendere.
Allora, va tenuto presente che questo discorso di un certo numero di cause cui devono corrispondere un certo numero di effetti, può riguardare il periodo antecedente alla caduta di una limitazione; d’altra parte si può dare anche i l caso di un numero X di individui i quali abbiano mosso una causa che possono poi subire a fusione avvenuta.
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Può essere che l’effetto ricada prima e che proprio il ricadere di quell’effetto faccia superare la limitazione e vi sia perciò, proprio in virtù della caduta di quella limitazione, il rivelarsi di sentire equipollenti, e quindi la fusione tra di loro. Ma è anche vero che il nuovo essere che nasce nella vita successiva a seguito di una fusione, può subire un effetto unico collettivo che può riguardare la causa mossa da diverse personalità confluite tutte in quell’unica nuova personalità che ha un sentire più ampio e quindi la necessaria preparazione per comprendere tutta la portata dell’effetto che subisce; in questo caso, quella causa mossa dalle varie personalità confluite in quell’unica che ne subisce l’effetto collettivo, deve evidentemente essere una causa molto simile. Perciò possiamo dire che quando, quelle mosse, sono cause diverse, che portano come conseguenza effetti diversi, il ricadere del karma avviene prima dello stato di fusione.
Ora i due esempi vanno legati tra di loro. Abbiamo detto che effetti conseguenti a delle cause mosse precedentemente, ricadono poi in una vita successiva, originando una comprensione, la caduta di una limitazione e quindi, dopo il trapasso, una comunione di sentire di esseri.
L’essere nuovo, però, – e qui completiamo con l’altro esempio – dovrà poi subire l’effetto di quelle cause di valenza analoga mosse precedentemente e singolarmente dai vari individui confluiti nella comunione in un unico individuo; cause di analoga valenza che promuovono un effetto ancora non subito dai singoli individui, ma che ricade appunto in forma collettiva nell’unico nuovo essere frutto della fusione di quegli individui che quelle cause hanno mosso.
Quindi l’essere nuovo che subisce un effetto e che raccoglie in sé un insieme di cause mosse da più esseri, da quell’effetto potrà a sua volta superare l’altra limitazione e addivenire ad altre fusioni. Ecco perché è sempre stato detto che il karma è come una corda composta di tanti fili; proprio per questo: perché in un effetto solo vengono compensate, equilibrate, molte piccole cause mosse da altri esseri di sentire meno ampio.
Un aspetto importante per capire la complessa meccanica del karma è che non ha tanto rilevanza l’azione esteriore con cui si manifesta l’effetto, quanto piuttosto quello che si ripercuote interiormente nell’individuo che quell’azione subisce. È questo il motivo per cui i maestri, parlando del karma, non dicono mai: «Chi fa questo muove una causa che porta per effetto quello», proprio perché non è importante l’azione esteriore, ma ciò che è suscitato dall’effetto dentro l’individuo.
Uno stesso avvenimento che capita a due individui da sempre un effetto diverso fra l’uno e l’altro, proprio in virtù della loro diversità. Altrimenti voi direste che la morte di un figlio – è un evento che si produce molto spesso fra gli uomini – è un’esperienza identica per tutti; mentre cosi non è. Lo stesso fatto – la morte del figlio – porta invece una macerazione interiore, un modo di vivere questo evento, profondamente diverso dall’uno all’altro.
L’ intimo dell’essere, dell’individuo, reagisce diversamente, proprio perché fra un individuo e l’altro c’è una formazione psicologica completamente diversa e inoltre l’ambito che investe l’effetto è sempre piuttosto ampio, tale da indurre la comprensione sul significato specifico di quella esperienza e al contempo illuminare anche altre zone dell’intimo dell’individuo.
Si può, tanto per fare un esempio, rubare per tantissime ragioni. E allora sarebbe assurdo dire: «Chi ruba ha come effetto questo»; perché non è tanto il fatto di rubare, quanto il motivo, l’intenzione, la spinta che ha condotto a rubare. È questo che conta e che promuove un effetto diverso.
Allora, per tornare alle fusioni, quali sono gli individui che entrano in comunione e condividono poi, nell’unico essere che nasce dalla fusione, il ricadere di un effetto collettivo? Sono quegli individui di sentire equipollente i quali possono avere mosso una certa causa con analoga intenzione, ma attraverso azioni diverse; ciò che conta, in questo caso, è che vi sia la stessa limitazione da superare, la medesima «deficienza» interiore.
Questa «deficienza» interiore si può magari manifestare anche nel muovere una diversa quantità di cause diverse; ad esempio un individuo le può muovere nel corso di due o più vite, un altro individuo nel corso di una sola vita, e poi, raggiunta una equipollenza di sentire, giungere alla reciproca fusione con la nascita di un individuo che assomma in sé quella medesima «deficienza» manifestatasi singolarmente in modi e tempi diversi tra di loro, ma di analoga valenza, tanto da giustificare il ricadere di un effetto unico che riequilibri tante cause mosse.
Non bisogna, perciò, vedere il karma proprio come la legge del contrappasso, in maniera cosi ragionieristica. Va visto in modo diverso, tenendo presente che alla base c’è sempre l’intimo dell’essere, l’intimo dell’individuo con tutta la sua complessità. Ciò che si può dire con certezza è che la fusione può avvenire solo quando il sentire è equipollente; può avvenire solo allo stesso livello di evoluzione.
Non esiste la possibilità che possa accadere un’unione di sentire fra esseri di evoluzione diversa, nemmeno, come sostengono certe scuole, tra un sentire meno ampio e uno più ampio allo scopo che il più ampio aiuti evolutivamente il meno ampio; perché il sentire è di per sé espressione di evoluzione, e la fusione risponde alla ferrea logica evolutiva per la quale la successione è: unione di sentire equipollenti e quindi evoluzione equipollente, per quei sentire equipollenti, attraverso la manifestazione di un sentire più ampio, espresso da quella fusione.
Post chiaro. Ma non mi è chiaro questo punto: se esiste fusione di sentire e in un individuo confluiscono individui di sentire equipollente, non dovrebbe diminuire la popolazione o, per lo meno, mantenersi costante?
Invece vediamo quasi un aumento esponenziale della stessa.
Chiarimento interessante, grazie.