Fonti: Il cammino religioso, Bendowa, Stella del mattino. Tollini, Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, Mediterranee.
Questo materiale è finalizzato alla formazione dei monaci del Sentiero contemplativo e non ha altra finalità. Il curatore interviene per interpretare Dogen alla luce delle comprensioni e interpretazioni proprie del Sentiero e non è mosso da alcuna intenzione esegetica.
[4] [Traduzione Watanabe-Stella del mattino] Chiunque ha protetto e tramandato senza deviazioni l’insegnamento di Śākyamuni, ha confermato come punto centrale e irrinunciabile la pratica effettiva dello zazen in quanto direzione e forma essenziale del vivere in modo autentico il sé originale. Così, sia in India che in Cina, tutti coloro che hanno protetto e tramandato in modo corretto l’insegnamento di Śākyamuni, hanno praticato questo zazen.
Trasmettere correttamente da un maestro al suo discepolo la realtà concreta di praticare questo zazen, è proteggere nel trascorrere delle epoche storiche il fondamento dell’insegnamento di Śākyamuni. Ciò che nell’ambito della tradizione è stato protetto e tramandato è la concreta condotta del vivere in modo autentico il sé originale e proprio questo modo di essere è il migliore tra i migliori, non contiene impurità alcuna.
Dal momento in cui si incontra il proprio maestro le pratiche rituali quali bruciare incenso, compiere prostrazioni, recitare il Nenbutsu24, la [pubblica] confessione, la recitazione dei testi del canone, non sono più necessari. L’unica cosa necessaria è che il proprio zazen attuale coincida perfettamente e autenticamente con la modalità del vero zazen.
24 Attualmente la recita del Nenbutsu nella scuola buddista giapponese detta Jōdo, Pura Terra (già presente in Cina), consiste nella ripetizione della frase/mantra namu Amida butsu, equivalente nel significato a “mi affido completamente al buddha Amida (Amitabha in sanscrito)”. Questa ripetizione mantrica deriva da una pratica più antica (a cui fa qui riferimento Dōgen), di ripetizione del nome di Buddha contemporaneamente visualizzando una sua immagine.
Proprio nel momento in cui si fa zazen, unendo le mani, incrociando le gambe, in silenzio, senza emettere suono, con la lingua aderente al palato, mentre la mente e il cuore lasciano che il movimento della coscienza (nel Sentiero diremmo: della consapevolezza, ndr) si manifesti così come è, soprattutto senza lasciarsene trascinare, in questo zazen si manifesta senza veli il vero modo di essere di tutto l’universo.
Allora la persona stessa che fa zazen è corpo unico con ognuna e tutte le cose che sono nello spazio*, manifesta il vero aspetto originale di ciò che è se stesso**. Così la totalità della vera forma aumenta sempre più il suo splendore, questa lucentezza più e più genera l’attività della vera forma originale. Inoltre il mondo intero, inteso come luogo dove opera attivamente la vera sembianza, come pure tutti gli esseri viventi che vivono in esso, liberati dalle convinzioni particolari che vengono pensate in base alle abitudini e alla mentalità, vedono distintamente come deve essere l’autentico modo originario di essere***.
[Traduzione Tollini di quest’ultimo paragrafo] Allora, tutte le terre, tutta la flora, i recinti e i muri, le tegole e le pietre, tutti agiscono come dei Buddha e quindi tutti coloro che ricevono i benefici della natura,301 tutti mossi da una azione inconoscibile diventano dei Buddha in modo molto misterioso e senza necessità di ragionamenti speculativi e giungono alla illuminazione in modo diretto.
301 Letteralmente “vento e acqua”. Questa espressione sta per i quattro elementi della natura: vento (aria), acqua, fuoco e terra.
Il confronto tra le due traduzioni qui è impietoso.
*”È corpo unico con ognuna e tutte le cose che sono nello spazio“: espressione molto impegnativa di Dogen che credo vada messa a terra. Parla della perdita del confine sé/altro da sé e dell’esperienza di essere-uno.
È un’esperienza che ha molti livelli di realizzazione: dal semplice stemperarsi del condine soggettivo, alla vera unità d’Essere in sé e con tutto l’esistente.
È l’unità d’Essere in sé che genera l’unità con tutte le creature: un centro unitario irradiante che rende tutto l’esistente unitario e perfetto nel suo essere Ciò-che-È. Una comprensione unitaria del proprio esistere che è sentire unitario dell’esistenza.
**Manifesta il vero aspetto originale di ciò che è se stesso: anche questo va messo a terra perché è un’iperbole. Se ogni volta che ci sediamo si manifestasse “il vero aspetto originale di ciò che è se stesso”, non ci sarebbe più storia. Più prosaicamente accade che vari livelli del sé originale si manifestano, ora come brezza leggera, ora spazzando via ogni aspetto di soggettività. Il praticante deve fare i conti con questa estrema variabilità e non coltivare un ideale che nella sua fissità non esiste.
È inoltre opportuno osservare la pratica dello zazen nel suo insieme, non seduta per seduta: dalla visione complessiva si trae la chiara consapevolezza di quello che Dogen afferma.
***“Vedono distintamente come deve essere l’autentico modo originario di essere”: questione delicatissima.
Qualcuno può alzare la mano e dire: “Io manifesto l’autentico modo originario di essere?” Cosa coglie l’altro dell’autenticità che noi sentiamo di vivere? Come, questa autenticità che sentiamo, viene filtrata e velata a causa del carattere che abbiamo in dotazione e dei residui di non comprensione che ci condizionano, e che tutti hanno finché siamo incarnati, realizzati compresi?
Anche qui bisogna guardare l’insieme unitario di colui/ei che trasmette “l’autentico modo originario di essere”: non i singoli eventi, ma l’insieme dei processi in cui porta a manifestazione la complessità che lo caratterizza.
[Prosegue traduzione Watanabe-Stella del mattino del capitolo 4] In questo modo, nel momento in cui tutti gli esseri davvero si dedicano completamente a essere ciò che devono essere*, tutto, sia le cose che gli esseri umani, vivendo nella forma che gli è veramente propria, superando le distinzioni relative quali “me” e “altro da me”, e stabilendosi saldamente nella sorgente della vita, momento per momento fanno sbocciare l’assoluto modo in cui essere. Per questo ogni cosa canta la verità senza aggiungere nulla.
[Traduzione Tollini] Tutti coloro che ricevono ciò dalla natura, (letteralmente acqua e fuoco) possono fare da intermediari (per aiutare gli altri) a diventare dei Buddha della vera illuminazione e costoro vivono insieme e parlano la stessa lingua e inoltre sono reciprocamente forniti delle virtù buddhiste senza limiti, sviluppano la loro azione ampiamente, e senza risparmiarsi, senza riposarsi, propagano la dottrina buddhista all’interno e all’esterno in tutto l’universo senza bisogno di ragionamenti speculativi e senza calcolo.
*Mi è chiaro l’intento di Dogen/Watanabe ma ritengo che la realtà del divenire – perché di divenire si sta parlando – sia molto più complessa. Nel divenire, da incarnati, tutti abbiamo come orizzonte della presente esistenza il fine ultimo di essere-ciò-che-si-è-come-natura-autentica?
L’incarnazione dello stupratore è finalizzata a realizzare la natura autentica o questa è ancora un orizzonte lontano e lui sta sperimentando il rispetto per l’altro e la gestione delle sue brame?
Certo, lo stupratore è quello che è, ma non è ciò-che-deve-essere (secondo l’espressione di Dogen/Watanabe).
Dal mio punto di vista posso solo accoglierlo per quel che è, cercando di renderlo inoffensivo, ovviamente.
Dal suo punto di vista è un sentire relativo in apprendimento e la natura autentica è alquanto oscurata, pur essendoci.
Questo esistere senza aggiunte, poiché è rivolgere la propria luce direttamente verso di sé, cessando le abitudini stereotipate e le costruzioni mentali, è coincidere perfettamente con la vita nel suo aspetto fondamentale.
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So per esperienza quanto sia fondamentale lo zazen per chi sente la spinta a vivere una via spirituale e quanto siano effimere le pratiche di culto, tuttavia mi chiedo se sia sufficiente la sola pratica dello zazen a rivelare il “modo di essere di tutto l’ universo?”
Quanto studio, meditazione e contemplazione sono ancora necessari per accostarci al sentire e divenire l ‘Essere!?