Il Cristo secondo il Cerchio Firenze 77/78: Papa Giovanni

Questa sera, parlando di un argomento di attualità, avete ricordato ciò che ebbi a dire commentando l’Apocalisse. Avete osservato il fenomeno del “Papa buono” seguito da tutto il mondo con interesse eccezionale; e da tutto questo fenomeno si possono trarre semplici conclusioni.

Innanzi tutto che il Papa trapassato (il 3 giugno 1963, ndr) era una creatura fra le poche, nella storia della Chiesa, veramente all’altezza della veste che portava.
In secondo luogo che nel mondo v’è un anelito alla pace, all’eguaglianza, alla bontà, come non mai è stato in modo così diffuso e generale.
In terzo luogo che questo anelito alla pace, alla bontà, all’onestà e via dicendo, alla fedeltà ai principi, è un qualcosa che non è patrimonio di una religione, che il capo di una religione può esprimere, manifestare, essere il catalizzatore di tutto questo, ma se non vi fosse un riscontro nell’intimo di ogni uomo, il messaggio nuovo cadrebbe nel nulla.

E vi siete chiesti: perché mai il Papa buono è scomparso nel pieno della sua opera, quando più bisogno v’era di lui? Rispose molto bene la vostra Guida allorché parlò dell’abitudine che hanno gli uomini di adagiarsi, di far diventare tutto una consuetudine, come voi stessi sapete. Così, se questa opera dell’ultimo Papa fosse continuata, lo scalpore che essa stessa ha suscitato perché nuova, perché inaspettata, si sarebbe man mano dissipato, si sarebbe lentamente spento. E, per quella benedetta abitudine, sarebbe finito col cadere nel disinteresse.

Ed ecco che, quindi, il Papa manca nel pieno dell’interesse a rafforzare questo stesso interesse, a diffondere ancor più nel mondo questo senso, questo sentire verso la bontà, verso la pace, verso l’onestà. A sollecitare negli uomini quello che lentamente in loro si fa strada, a risvegliare nell’intimo loro ciò che sta destandosi, ad aiutare con un fatto esteriore, col parlare di una persona buona e piena di buoni intenti, questo ancora non chiaro intento di pace, di bontà, di rettitudine; questa aspirazione non completamente definita perché soffocata dagli scandali, dalla corruzione, dalla disonestà.

E pare strano che in un momento in cui sembra che gli scandali denuncino il dilagare sempre più manifesto e sempre più travolgente della corruzione e della disonestà, vi siano pochi fatti che richiamino e che dimostrino l’aspirazione dell’uomo alle virtù opposte. Ma è proprio da questo triste spettacolo della corruzione che l’uomo ancor più si convince della necessità che v’è nel mondo della morale sentita, non solo predicata; sentita e messa in atto.

Un solo Papa nella storia della Chiesa che vada incontro ai poveri in modo veramente altruistico, con il cuore in mano, e ciò si vede, rimane un fenomeno isolato. Ma un Papa che muore nel pieno della sua opera e che con la sua morte dà un tal riscontro nel mondo, obbliga il suo successore a tenere la stessa condotta; obbliga il suo successore a continuare sullo stesso binario. Così se un solo Papa buono che va incontro ai poveri rimarrebbe un fenomeno isolato, due Papi che seguono la stessa strada in modo inequivocabile, hanno segnato una direttiva per tutta la Chiesa.

Ma, voi direte, Kempis una volta ebbe a dirci che la Chiesa non si sarebbe posta a capo del movimento innovatore. Una Chiesa, una religione che predichi l’altruismo e che finalmente segua veramente l’altruismo, non fa niente di eccezionale. Che questa Chiesa si  adatti ai tempi e si rinnovi nelle sue forme esteriori, senza rinnovarsi nella dottrina, senza abbattere quelle false strutture che sono divenute parte integrante del suo insegnamento, senza scindere l’oro dall’orpello e scartare l’orpello, non venderlo per metallo prezioso, è una Chiesa che si rinnova nell’abito, ma non si rinnova nell’insegnamento, nello spirito, nella sua stessa essenza.

Ecco perché la Chiesa quale è oggi, affermando che niente altro v’è che essa possa ancora conoscere, e che essa contiene, ha in sé, nel suo insegnamento, nella sua dottrina, che poi dovrebbe essere la dottrina di Cristo, tutto, è una Chiesa che si è tagliata ogni strada per progredire veramente, per rinnovarsi veramente. È una Chiesa che da sola si è firmata la condanna. Badate bene: non la condanna come istituzione, non che l’istituzione debba morire, no: muore ciò che questa istituzione può dare come spirito, come insegnamento.

L’istituzione può rimanere e, come ora, essere accettata da coloro che fanno un atto di fede sull’insegnamento, o per lo meno su certi aspetti dell’insegnamento. Ma noi intendiamo parlare del “messaggio”, di ciò che veramente la Chiesa può dire; e dicendo che essa non può dire più nulla, ed essa stessa lo dice, essa stessa si è preclusa ogni possibilità di portare un nuovo messaggio agli uomini. Kempis, 15 Giugno 1963

Fonte: raccolta di brani sul Cristo del Cerchio Firenze 77 | Tutti i post del ciclo

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Catia Belacchi

Che la scomparsa di papà Giovanni quando ancora la Chiesa aveva bisogno di lui, avrà senz’altro “obbligato”, il successore (Paolo Vi). a continuare l’opera di rinnovamento del Concilio, è un dato di fatto.
Ma questo rinnovamento non è calato nell’intimo delle coscienze né ecclesiali né laiche, è rimasto puramente rituale e superficiale, anzi la Chiesa ha molto spesso frenato e frena ancora molti di quelli che sono i diritti civili, e, non riesce a parlare di spiritualità.
Quindi la morte di papa Giovanni non è stata poi così utile al rinnovamento.

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