Dogen, Busshō: commento (1) di Jiso Forzani a Busshō 2 [busshō2.1]

Il commento di Jiso Forzani al secondo capitolo.
Questa parte del testo è molto importante per familiarizzare con il procedimento usato da Dogen, e soprattutto per capire da che punto di vista egli parla.

A costo di importunare il lettore ripetendo quanto già detto fino a ora, è necessario sia chiaro fino all’evidenza che Dogen non sta cercando di farci apprendere una nuova terminologia, né di spiegarci in modo più esauriente e profondo la visione buddista. Vuole solo stimolare il nostro orecchio che intende, senza il quale qualunque parola, per elevata o acuta che sia, non ha alcun significato religioso. L’orecchio che intende è quello che vibra come un diapason, è l’orecchio che, fatto vibrare, vibra dello stesso suono che produce. È l’orecchio evangelico che, colpito dal vangelo, vibra facendo sì che la lingua emetta il suono del vangelo: è l’orecchio di Budda che, colpito dal verbo di Budda, vibra in modo che le labbra emettano il suono della lingua di Budda.

1- Ogni cosa che è non è un’espressione del linguaggio buddista che indica l’insieme di tutte le cose, o l’universalità dell’essere: è parola che, se intesa, fa vibrare tutto l’essere in sintonia con tutto ciò che è. Non è una parola descrittiva, ma parola che crea un rapporto.

2- L’essere di ogni cosa che è* non è l’essere di essere-non essere**: non è l’essere che è in virtù del proprio contrario.

Noi affermiamo che la luce è quando il buio non è, e affermiamo che la luce non è quando il buio è: l’essere della luce è relativo al suo non essere. Non è questo l’essere che ogni cosa che è vuol dire. È l’essere di cui solo si può dire che è, perché non c’è nulla altro da sé che lo causa, lo sostiene e lo giustifica (il mondo intero non ha granellino di polvere estraneo a sé, lì dove sei non c’è un altro te stesso).

L’essere così compreso non è qualcosa che comincia o finisce, qualcosa che si raggiunge, qualcosa di cui si fa esperienza, qualcosa di cui si è consapevoli*: non è qualcosa che prima era solo in potenza e poi si realizza per buona volontà o per caso, per accordo con la legge universale, per miracolo, in virtù della pratica.

Fonte: Busshō. La natura autentica, di Eihei Doghen. A cura di Giuseppe Jiso Forzani. Edizioni EDB, Bologna, marzo 2000.

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