Voi avete questa sera parlato di “cernita”. Che dire? Ripetere quello che già sapete: vi è un giudizio, una cernita finale di ogni razza, e ciò che avviene per il grande avviene anche per il piccolo: vi è una cernita anche individuale, un giudizio particolare.
Vogliamo fare di questo giudizio particolare un esempio per riuscire a capire meglio?
Voi avete avuto qualche tempo fa la manifestazione di una creatura recentemente trapassata, la
quale in tutta la sua vita fu assillata dal desiderio di essere qualcuno nel mondo intellettuale, nel mondo della intelligenza.
Certo che questa creatura poteva avere molti fattori che avrebbero fatto felice una gran parte di altre creature, ma mancavano due elementi a questa creatura: uno era la possibilità di divenire madre, l’altro era questa ricerca di avere una cultura, un’intelligenza, e di essere invece considerata una creatura sciocca.
D – Parli della Monroe?
Sì, certo. Orbene, perché questi due elementi erano accoppiati insieme? Ecco: se questa creatura avesse avuto la possibilità di avere figli, indubbiamente l’istinto materno e l’affetto che avrebbe riversato sui figli o sulle figlie le avrebbe tolto l’ansito a ricercare soddisfazioni intellettuali. E il secondo elemento che a questa creatura mancava non avrebbe più chiesto soddisfazione, sarebbe stato sopito, sarebbe stato dimenticato.
- Eremo dal silenzio, tutti i post dei siti
- Le basi del Sentiero contemplativo
- Un nuovo monachesimo per i senza religione del terzo millennio
- Libro: ‘Il Sentiero contemplativo a dorso di somaro’
- Libro: ‘Come la coscienza genera la realtà personale‘
Tale era la natura di questa creatura; ma credo che sia facile comprendere che per una donna nel momento che diviene madre tutto il resto passa in seconda linea. Così per la generalità. Mi seguite? E invece non vi era in questa creatura la possibilità di scordare questo bisogno di essere qualcuno intellettualmente. Perché?
Per comprendere ciò dobbiamo risalire alle sue precedenti incarnazioni; naturalmente non possiamo certo scendere a tutti quei particolari e a quegli intrecci che io non sarei certo in grado di illustrarvi, ma in linea di massima posso dirvi questo: in una delle precedenti incarnazioni questa creatura si adoperò con ogni mezzo per sviluppare una facoltà intellettuale, cercò di sviluppare la propria intelligenza.
Voi sapete che ciò è possibile, perché il corpo mentale è né più né meno come gli altri veicoli, ad esempio il veicolo fisico, che entro certi limiti possono essere sviluppati. Ebbene, questa creatura in un certo senso ci riuscì. Ma la sua intenzione di sviluppare l’intelligenza, l’acume, di conoscere ciò che era la cultura di allora e farsi questo patrimonio di conoscenza, era unicamente spinta, trovava sola giustificazione in una grandissima espansione dell’io. Ciò che veniva ricercato era fatto per imporsi agli altri, era fatto per guadagnare, per raggiungere una posizione di preminenza sugli altri.
Questo è solo un aspetto di quella incarnazione, poi vi sono altri aspetti. Naturalmente tutto ciò ha portato a muovere certe cause che hanno i loro effetti. Queste sono questioni a sé stanti; in questo momento noi ci interessiamo di quest’altro filo conduttore. Ed ecco, nella immediata successiva incarnazione di questa creatura, in un ambiente tutt’affatto diverso, ecco che spontaneamente riacquista una facilità di ragionamento, una inclinazione alla intelligenza, al ragionare, al sapere, al conoscere. Cioè il suo corpo mentale facilmente si sviluppa naturalmente, da solo, senza bisogno che vi sia tutto quel lavoro che invece era stato necessario nella incarnazione precedente. Che cosa accade? Che questa creatura, essendo in ambiente tutto diverso, mirando ad altri scopi, non ha più interesse a esercitare questo “talento” che ha; ma la sua cattiva volontà è tale che non ne usa proprio, è come non lo avesse avuto. Mi seguite?
Giungiamo infine a una nuova incarnazione dove vi è stata una selezione, una cernita individuale: ecco che il veicolo mentale di questa creatura, “talento” non impiegato, è tagliato e la creatura sente la necessità, nuovamente, di capire, di avere una intelligenza, di avere una cultura, ma non ha più la facilità nell’ottenerla che aveva nella incarnazione precedente. Questa è la cernita. E voi direte: «Ma in confronto a una creatura che mai, supponiamo, avesse avute queste doti, vi è un piccolo vantaggio da parte di chi ha subito la cernita?». Certamente.
Anche se vi è stata la cernita, anche se i “talenti” sono stati tolti perché non adoperati, pur tuttavia vi è sempre qualcosa di più che meglio vibra rispetto a chi mai ha vibrato. È come, in modo analogo, l’errare sapendo e l’errare non sapendo: è più vicino alla comprensione chi erra sapendo che chi erra non sapendo, questo intendo dire. Così anche chi ha subito una cernita, cioè ha perduto certe facoltà, certe doti inerenti a qualche veicolo, chi le ha perdute perché non adoperate per cattiva volontà è sempre un poco più facilitato rispetto a chi deve trovarle per la prima volta. Alan, 21 marzo 1964
Fonte: raccolta di brani sul Cristo del Cerchio Firenze 77 | Tutti i post del ciclo
Il post è chiaro, ma dubito che la maternità possa fare passare in secondo ordine un desiderio che si sente dover assecondare come quello dell’esempio.
Casomai si rimanda.
Nei tempi passati poteva accadere.
L’intelligenza delle donne non era presa in considerazione.
Oggi può accadere in particolari situazioni di povertà.