Bendōwa, Dōgen: perché fare zazen? 10

Fonti: Il cammino religioso, Bendowa, Stella del mattino. Tollini, Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, Mediterranee.

6 «Nella tradizione dell’insegnamento di Śākyamuni, tra le azioni comuni quali camminare, fermarsi, sedersi, star sdraiati, perché si dice che grazie al sedersi è possibile incontrare il vero sé? Insomma, perché fare zazen

Risposta «Non è possibile capire, per quanto si cerchi di renderlo comprensibile a parole, il modo di procedere di coloro che dall’antichità ricevettero e trasmisero correttamente l’insegnamento di Śākyamuni. Per cui alla domanda: “Perché sedersi?” non vi è altro modo di rispondere che così va fatto, dato che l’insegnamento di Śākyamuni è fare zazen. Insomma, se non si fa zazen non si può comprenderlo, e, senza fare zazen, non ha senso chiedere il perché del farlo. Coloro che hanno ricevuto e a loro volta trasmesso l’insegnamento di Śākyamuni, hanno elogiato lo zazen perché è la migliore e la più confortevole fra le posizioni che l’uomo può assumere: cioè camminare, star fermo, sedersi, stare sdraiato. Sono così moltissime le persone che finora hanno fatto zazen».

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Catia Belacchi

“Perché si dice che grazie al sedersi è possibile incontrare il vero sé”?

Non mi sembra questo il punto.

Sedersi è un richiamo che imposta la giornata quando si è intrapresa una pratica spirituale, che sia lo zen o altra che dallo zen ha attinto.
I cristiani, quelli che seguono a fondo gli insegnamenti di Cristo, pregano e meditano.
La propria natura autentica può anche rivelarsi in un attimo, durante anni di pratica di zz, ma, in effetti, occorrono incarnazioni su incarnazioni, comprensioni su comprensioni, prima di scoprire la natura autentica che ci abita.

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