Dogen, Busshō: è un idolo la fede? 3 [busshō3]

All’udire la parola natura autentica la maggior parte di coloro che studiano la via di Budda ne perverte il senso nell’io come è inteso nella via deviata di Senika.[1]

Questo consegue dal non incontro con l’altro né con se stesso e dal non riconoscere il maestro. In modo insipiente, da come tira il vento del cuore, della volontà, della cognizione, deducono la conoscenza e la realizzazione del risveglio della natura autentica.

Chi ha mai detto che la natura autentica consiste nel conoscere e realizzare il risveglio? Anche se coloro che si risvegliano e conoscono sono i vari budda, → la natura autentica non consiste in conoscenza e realizzazione del risveglio. In altre parole, il risveglio e la conoscenza che qualifica come vari budda coloro che si risvegliano, non è il risveglio e la conoscenza chiacchierato da costoro che hanno una visione pervertita né è risveglio e conoscenza del distinguere il male così e così, né è il risveglio e conoscenza di come tira il vento. Piuttosto è l’uno e l’altro volto dei budda e dei patriarchi: questo è risveglio e conoscenza.

[Carl Bielefeldt traduce] Molti praticanti hanno erroneamente pensato che fosse la stessa cosa del “sé eterno innato” non buddista degli Shrenikans (seguaci di Snika, ndr). Questo perché non sono ancora diventati “tale persona”, o non sono in accordo con il loro Vero Sé, o non hanno incontrato un vero Maestro.
Inutilmente, essi considerano la loro mente, la loro volontà o la loro coscienza, che sono costantemente in movimento come il vento e il fuoco, come la percezione e la comprensione della loro Natura di Buddha.
Chi ha mai detto che nella Natura di Buddha ci sia qualcosa da percepire o comprendere? Anche se le persone che l’hanno percepita e compresa sono dei Buddha, → la Natura di Buddha è al di là di qualsiasi cosa che percepiamo o comprendiamo.

[Gudo Nishijima, Chodo Cross traducono] Molti studenti hanno frainteso che fosse come il “Sé” descritto dai Senika non buddisti. Questo perché non incontrano le persone, non incontrano se stessi e non incontrano un maestro. Essi considerano vacuamente la mente, la volontà o la coscienza – che è il movimento del vento e del fuoco – come la conoscenza illuminata e la comprensione illuminata della natura di Buddha.
Chi ha mai detto che la conoscenza e la comprensione illuminate sono presenti nella natura di Buddha? Coloro che realizzano l’illuminazione, coloro che sanno, sono buddha, → ma la natura-buddha è al di là della conoscenza e della comprensione illuminata.

[Continua Forzani-Mazzocchi] Sovente nell’antichità, dall’epoca della dinastia Han T’ang a quella di Sung[2], le persone virtuose che solevano pellegrinare in India, oppure guidare gli uomini fino al cielo, erano numerosi come le spighe di riso, le foglie di canapa, i fusti di bambù e gli steli d’erba degli stagni. La visione errata dei nostri tempi risale, ah! che cosa triste!, al sovvertimento nel modo di apprendere la via da parte di molti di loro, i quali interpretavano conoscenza e risveglio della natura autentica come l’agitarsi della fiamma al vento*.

*[Tollini commenta così questa frase] Cioè la conoscenza della realtà condizionata come la conoscenza della vera realtà. Ovvero, di considerare la realtà condizionata come la realtà ultima.

[Dal commento di Jiso Forzani] Così è inevitabile che, sentendo parlare di natura autentica, tutti, oggi come ieri, si sia portati a pensare che si tratta di una specie di essenza nascosta dentro di noi, immutabile ed eterna, forse sopita ma che un giorno verrà alla luce e risplenderà: il nostro vero io, la nostra anima immortale, individuale e unica, che ci contraddistingue per l’eternità. Un’idea del genere il più delle volte non nasce da una comprensione diretta e personale della verità, ma da un desiderio, unanimemente diffuso, di dare in qualche modo continuità a me stesso, oltre i miei limiti costitutivi.

[Dal commento di Jiso Forzani] Piuttosto che riconoscere la realtà di vita e morte più profonda e insondabile di tutte le possibili spiegazioni e interpretazioni in proposito, e invece di affidarci a questo più profondo, preferiamo convincerci che esiste una spiegazione o una dottrina che racchiude il senso intero della vita e morte, e che vera religione sia quella che mi dà le chiavi di quel tipo di comprensione.**

[1] In giapponese Seni, in sanscrito Senika. Si tratta probabilmente di un monaco indiano, da cui ha preso nome la cosiddetta eresia, così come l’arianesimo prende nome da Ario. È il riemergere nel pensiero buddista di quella visione indiana che Budda ha messo in crisi più di ogni altra. Secondo questa visione in ogni essere umano vi è un nucleo essenziale (atman) eterno, immutabile e a sé stante che rappresenta la parte non caduca dell’uomo, mentre tutto il resto è transitorio e perituro. Scopo della via religiosa sarebbe quindi liberare questo nucleo dal rivestimento mortale, in modo che possa ricongiungersi con la sua matrice (brahman) senza più ricadere nella transitorietà (samsara – incarnazione). La liberazione assume quindi tratti del tutto personali e individuali.

Il risveglio di Budda, invece, è divenir coscienti che tutto partecipa della vita eterna e universale, anche ciò che noi sperimentiamo come transitorio e perituro, e che la distinzione in nucleo essenziale e rivestimento mortale è frutto di una visione parziale e a sua volta destinata a passar via, così come la separazione di un individuo da tutto il resto dell’esistente. Budda afferma allora che l’atman individuale separato non sussiste (anatman) e che proprio nel rendersi conto di questo non sussistere consiste la liberazione: qui, nel samsara, si rivela, si manifesta e si sperimenta la realtà piena e definitiva di ogni essere in comunione con tutto (nirvana). Doghen parla dell’eresia di cui sopra anche in Bendowa -Il cammino religioso, alla domanda numero 10 (vedi pag. 46 e segg. dell’omonimo libro dell’edizione Marietti – 1990).

[2] La dinastia Han si divide in Han anteriore o occidentale (206 a.C.- 8 d.C.) e in Han posteriore o orientale (25 d.C.- 220). La dinastia T’ang durò dal 618 al 907; quella Sung si divide in Sung del nord (960 – 1126) e Sung del sud (1127 – 1279), coprendo così il periodo della permanenza in Cina di Doghen.

Fonte: Busshō. La natura autentica, di Eihei Doghen. A cura di Giuseppe Jiso Forzani. Edizioni EDB, Bologna, marzo 2000.

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