Bendōwa, Dōgen: zazen è la pratica per tutti, monaci e laici 14

Fonti: Il cammino religioso, Bendowa, Stella del mattino. Tollini, Pratica e illuminazione nello Shobogenzo, Mediterranee.

14 «Chi è entrato nell’ordine monastico è completamente libero dai legami familiari e da impegni sociali, può quindi dedicarsi completamente alla pratica di zazen. Al contrario, coloro i quali vivono nel mondo, trascorrono le giornate legati da quel tipo di relazioni. In una vita così impegnata, come potranno fare zazen, e conformarsi all’autentico insegnamento di Śākyamuni?»

Risposta «L’insegnamento di Śākyamuni non è in alcun modo riservato a persone speciali; un’ampia porta è aperta affinché chiunque, in qualsiasi tempo, possa incontrare quell’insegnamento. Significa infatti che ognuno manifesta la forma dell’essere così come esso è, e quindi, evidentemente, è una porta che può essere varcata da chiunque nell’ambito umano. Dato che ne abbiamo prove numerose, dall’antichità fino ai nostri giorni, voglio portarne una ad esempio.

In Cina l’imperatore Daisō regnò dal 762 al 780, l’imperatore Junsō dal 805 al 806. Entrambi, benché oberati dagli impegni del loro regno, praticarono zazen e chiarirono il punto basilare dell’insegnamento di Śākyamuni. Inoltre Ri e Hō che furono ambedue primi ministri, penetrarono profondamente il fulcro dell’insegnamento di Śākyamuni. Come si comprende anche da esempi di questo genere, dato che si tratta solamente di avere o meno l’intenzione di fare concretamente zazen in pratica, questo non ha nulla a che vedere con essere monaci o laici.

Inoltre le persone che valutano tutte le cose distinguendole in inferiori o superiori, ritengono che le cose superiori siano migliori. Allora, dato che le faccende mondane intralciano l’insegnamento di Śākyamuni, pensano che si tratti di questioni di livello inferiore; ma, così facendo, dimostrano di sapere soltanto che l’insegnamento di Śākyamuni non si trova fra le cose del mondo e di ignorare che l’insegnamento di Śākyamuni assolutamente non esclude il mondo. È un insegnamento che non discrimina fra mondano e sopramondano.

Recentemente in Cina vi era un uomo di nome Hyoshu, un alto funzionario governativo che aveva bene assimilato l’insegnamento di Śākyamuni. Egli scrisse questi versi:

Durante il tempo libero dagli impegni del mio ufficio faccio sempre zazen. Per questo non ho tempo per dormire. Sono nella posizione di ministro del governo però sono meglio conosciuto per aver compreso l’insegnamento di Śākyamuni.

    Pur occupando la posizione di ministro di una grande nazione, pur essendo estremamente indaffarato, se l’intenzione di praticare zazen è profonda, lo zazen diventa realmente possibile e si può chiaramente comprendere l’insegnamento di Śākyamuni. Prendendo ad esempio il comportamento di uomini del genere, ognuno di noi deve fare zazen. Al giorno d’oggi in Cina tutti, dall’imperatore e i suoi ministri, fino a uomini e donne del popolo, desiderano mettere in pratica l’insegnamento di Śākyamuni. E se vi è tale intenzione, certamente la comprensione sarà abbondante.

    Come risulta anche da questi esempi, neppure le occupazioni di carattere sociale rappresentano un ostacolo. Nel Paese in cui si diffonde nel modo giusto l’insegnamento di Śākyamuni si realizza la vera pace. E se vi è la pace, quell’insegnamento risplenderà ancor di più. Non solo: quando Śākyamuni era vivo, persino coloro che avevano un modo sbagliato di pensare trovarono, facendo zazen, la direzione per vivere la vita in modo giusto, e anche in Cina molti sono gli esempi di persone semplici, illetterate, che hanno compreso il vero insegnamento. Così stanno le cose: per cui, prima di ogni altra cosa unendosi a un maestro vero, è importante ascoltare l’orientamento del vero zazen».

    Sottoscrivi
    Notificami
    guest

    0 Commenti
    Newest
    Oldest Most Voted
    Inline Feedbacks
    Vedi tutti commenti
    0
    Vuoi commentare?x