36. Scavavo un fosso lungo la strada, stamattina, e un cacciatore si è fermato a lungo a parlare costringendomi all’immobilità in mezzo al freddo e all’urgenza di concludere un lavoro iniziato da giorni. È una brava persona che conosco da tempo e ogni tanto parliamo dei molti problemi legati alla gestione dell’ambiente in cui viviamo.
Mentre parlava vedevo scorrere il campionario del pensiero dell’uomo semplice – non istruito ma curioso e informato – ricco di luoghi comuni, di sentenze troppo facili, di soluzioni draconiane a problemi complessi: osservavo, ma in me non sorgeva ribellione, solo una presa d’atto. Evidente era il contrasto tra una coscienza non rozza e un pensiero piuttosto primario, il simbolo di tanta umanità di oggi che affronta sfide molto difficili con una strumentazione interiore non adeguata.
La possibilità di contemplare la scena senza mettere in campo la mia soggettività, è stata la nota che ha attraversato tutto il tempo: più la contemplazione diviene la disposizione che ci costituisce, più i corpi transitori tacciono, meno si affaccia il desiderio di esserci e più profonda si fa la gioia di scomparire. [18.1.25]
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