Il dodicesimo Patriarca Memyo Sonja [Anabotei Asvagosha, per testimoniare al tredicesimo Patriarca il vasto mare della natura autentica, disse: «I monti, i fiumi, la grande Terra tutto interdipendendo è edificato; in questa interdipendenza si attuano la pace interiore e i sei poteri straordinari».[2]
Perciò, questi monti, fiumi, grande Terra, tutto, è il vasto mare della natura autentica. Tutto interdipendendo è edificato significa che proprio nel momento in cui sono edificati così, nel loro modo proprio, sono monti fiumi grande terra. Sappi inoltre che dire interdipendendo è edificato, [equivale a dire] la forma del vasto mare della natura autentica è proprio così. Inoltre, non è qualcosa che deve aver a che fare con dentro o fuori o in mezzo fra il dentro e il fuori. Siccome è così, vedere monti e fiumi è vedere la natura autentica, vedere la natura autentica è vedere la mascella dell’asino e il muso del cavallo[3]. Tutte le cose concorrono è tutto concorre, è concorre tutto: ciò è dentro la nostra comprensione e oltre la nostra comprensione.
[Carl Bielefeldt traduce] Il Dodicesimo Antenato Indiano, il Venerabile Ashvaghoãa, nel descrivere l’Oceano della Natura di Buddha (natura autentica, ndr) per il bene del Tredicesimo Antenato, disse una volta: “La grande terra con le sue montagne e fiumi prende tutte le sue varie forme completamente in accordo con Essa, E profondi stati meditativi e i sei poteri spirituali si manifestano grazie a Essa.
Pertanto, questa grande terra con tutte le sue montagne e fiumi è l’Oceano della Natura del Buddha. Dire che Essa prende tutte le sue varie forme completamente in accordo con Essa significa che, nel momento in cui avviene questa materializzazione, Essa è la grande terra con le sue montagne e fiumi. Nel dire che la terra prende tutte le sue varie forme in accordo con Essa, dovresti renderti conto che la forma dell’Oceano della Natura del Buddha è così. Inoltre, Essa non è qualcosa da associare a essere dentro, o fuori, o in mezzo a Essa. Poiché le cose stanno così, guardare le montagne e i fiumi significa guardare la Natura del Buddha, e vedere la Natura del Buddha è…vedere la mascella di un asino e il muso di un cavallo. [/Carl Bielefeldt]
[→uma] “Monti, fiumi, grande Terra, tutto, è il vasto mare della natura autentica”. ““La grande terra con le sue montagne e fiumi prende tutte le sue varie forme completamente in accordo con Essa”.
La natura autentica è la radice del mondo naturale, la sua matrice e origine:
– osservi il mondo naturale e vedi l’espressione fisica della natura autentica;
– osservi gli esseri e vedi la natura autentica che assume il loro aspetto fisico;
– ti rendi permeabile al loro carattere e cogli la natura autentica che assume le loro caratteristiche psichiche e comportamentali;
– decodifichi e discerni il loro pensare e capisci che è manifestazione della natura autentica così come in loro prende forma;
– senti, per quel che ti è dato, il loro mondo esistenziale e comprendi la manifestazione della natura autentica in quel dato grado di sentire. [/uma]
[Forzani-Mazzocchi] In virtù di questo concorso si attuano la pace interiore e i sei poteri straordinari. Sappi che l’apparire e lo scomparire della varie forme di pace interiore, ugualmente è la natura autentica che è il concorrere di tutte le cose.
[→uma] Il semplice osservare senza connotare è il più potente degli atti di disconnessione dalla propria soggettività: è nell’osservare neutrale che si generano pace e quiete interiori. La pace e la quiete sono natura autentica, altresì è natura autentica ogni gradazione di pace e di quiete, come di assenza di pace e di quiete. [/uma]
[Forzani-Mazzocchi] Passi o non passi attraverso i sei poteri straordinari, tutto insieme è natura autentica che è il concorrere di tutte le cose. I sei poteri straordinari non sono da intendere semplicemente come i sei poteri straordinari del Teravada. Sono sei, perché sia che li osservi da davanti o da dietro, alla fin fine altro non sono che i sei comportamenti della sapienza quotidiana [sei paramita]. Ecco pertanto i sei poteri: smetti di investigare dicendo: puri puri sono i cento steli, pure pure sono le intenzioni[4] dei budda e patriarchi. Tu dici di voler contribuire a dare solidità ai sei poteri straordinari, invece profani il naturale confluire del tutto nel mare della natura autentica.
[Carl Bielefeldt traduce] Per quanto riguarda le righe, “E stati meditativi profondi e i sei poteri spirituali si manifestano grazie a Essa”, è necessario capire che il manifestarsi o meno di stati meditativi profondi è tutto in accordo con la Natura del Buddha. La dipendenza di tutti e sei i poteri spirituali da Essa e la loro non dipendenza da Essa è “tutto in accordo con la Natura del Buddha”.
Questi sei poteri spirituali non sono semplicemente i sei poteri spirituali di cui si parla nelle Scritture Āgama. “Sei” è un altro modo per dire che la frase “tre e tre davanti, e tre e tre dietro” è la perfezione dei sei poteri spirituali. Quindi, non perdere tempo a studiare che i sei poteri spirituali sono “le centinaia di cose che spuntano nella tua testa così chiaramente” o che sono “qualunque cosa motivi così ovviamente i Budda e gli Antenati”. Anche se i sei poteri spirituali possono sembrare allettanti, sono qualcosa che può creare un ostacolo alla propria immersione nell’Oceano della Natura del Buddha. [/Carl Bielefeldt]
[→uma] “Invece profani il naturale confluire del tutto nel mare della natura autentica”.
“Anche se i sei poteri spirituali possono sembrare allettanti, sono qualcosa che può creare un ostacolo alla propria immersione nell’Oceano della Natura del Buddha”.
Ogni scopo e finalità che vengono introdotte sono pura tossicità: concentrati sulla nostra necessità di conseguire una meta perderemo l’unica cosa che conta, la consapevolezza dell’Essere/natura autentica di questo preciso istante. L’avere uno scopo è proprio di una soggettività, la libertà dallo scopo pone la consapevolezza sul piano del sentire, ovvero della visione/percezione unitaria del reale.
La natura autentica è uno stato della comprensione/consapevolezza e queste derivano dall’ampiezza del sentire conseguito e presente in un dato istante. Il contemplante, in virtù del sentire che lo genera in questo istante, sente la natura autentica di ogni reale che accade ora.
Più sopra si è detto che il mondo naturale è natura autentica, ma ciò che il raccoglitore di funghi e il contemplativo colgono può non essere la stessa natura: nel primo può essere presente il desiderio di trovare molti funghi, quel desiderio non permette lo svelarsi della consapevolezza/comprensione che chiamiamo natura autentica. Il secondo può desiderare di sperimentare dei fenomeni e il suo sguardo diviene appannato e la contemplazione della natura autentica non piena. D’altra parte entrambi possono essere vuoti di qualunque scopo e allora un fungo è Ciò-che-È, il camminare è Ciò-che-È, natura autentica, Essere.
La natura autentica è l’esperienza del Ciò-che-È, è l’origine del reale, è uno stato di consapevolezza/comprensione/sentire unitari. [/uma]
[2] In alcuni testi antichi sono indicati sei poteri straordinari che si manifesterebbero come segno di crescita spirituale. La fantasia resta colpita da questo elenco e dalla descrizione dei poteri, che diventano per alcuni lo scopo da raggiungere. Proprio per puntualizzare di cosa invece si tratta secondo una più approfondita comprensione, Doghen ha scritto una sezione dello Shoboghenzo dal titolo Jintsu – I poteri straordinari. I suddetti poteri sono descritti come segue: 1) potere di apparire dove si vuole; 2) potere di conoscere il futuro proprio e altrui; 3) potere di udire cose che l’udito comune non ode; 4) potere di conoscere i pensieri altrui; 5) potere di conoscere il passato proprio e altrui; 6) potere di sciogliere la sofferenza.
[3] Ciò che di più comune e ordinario l’esperienza quotidiana metta sotto i nostri occhi (citazione da un sutra).
[4] Citazione di una celebre frase di Pang Yun, eminente figura di laico, annoverato tra i grandi esempi di persona della via. Morì nell’808.
Fonte: Busshō. La natura autentica, di Eihei Doghen. A cura di Giuseppe Jiso Forzani. Edizioni EDB, Bologna, marzo 2000.
Nota del curatore
Lavorando sullo Shōbōgenzō di Dōgen e non volendo in alcun modo produrre una esegesi delle sue parole, la mia unica preoccupazione è: di fronte a questo concetto, a questa visione, a questo stato che Dōgen dichiara, io cosa provo, cosa sento? Sono capace di indagare il mio interiore nella sottigliezza di certi stati, e possiedo un linguaggio, dei simboli per trasmettere il provato/sentito?
Dōgen mi mette con le spalle al muro e, quando fatico per attraversare le nebbie del testo tradotto, il mio intento è quello di giungere a cosa sentiva lui, a quale sentire rimanda la sua parola, per compiere il percorso che dal suo simbolo mi conduce a ciò che sento. È nel sentire che lo incontro, passando attraverso le nebbie delle parole e dei concetti.
Il passo successivo è: posso osare trasmettere ciò che sento utilizzando il linguaggio simbolico che mi è proprio e che credo sia, in questo tempo, più universale di quello tramandatoci dagli antenati?
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