L’intenzione e l’ambiente mentale che crea 5

Nei post precedenti abbiamo visto come l’intenzione crea l’ambiente fisico e l’ambiente astrale: per essere coerenti con la realtà avremmo dovuto trattare quei due argomenti per ultimi, perché gli ultimi sono a crearsi nella sequenza logica, ma li abbiamo esposti per primi per facilitare un approccio concreto al tema ed evitare di partire da un argomento nebuloso come l’intenzione a livello akasico.

Non è difficile divenire consapevoli dell’ambiente nel quale vive il nostro corpo mentale e che lui stesso crea, basta osservare il dettaglio e l’insieme di ciò che pensiamo: salire sul monte e osservare le sue pendici.
Per aiutare porterò l’esempio del mio mondo mentale: la mia formazione spirituale è avvenuta non su fonti umane ma sovraumane. Quando ho dovuto scegliere le parole da leggere, i concetti da interiorizzare, lo spirito da sentire, l’interiore nel suo insieme mi ha condotto verso il sovraumano, quel mondo di comunicazioni che dai piani spirituali giungono all’umano attraverso la mediazione di medianità alte.

Non ho mai avuto interesse per la medianità di chi cerca i trapassati, né per la medianità che è circo di fenomeni – tanto cara alla parapsicologia. Il mio interesse è stato focalizzato sul sentire unitario che diviene pensiero unitario: l’esempio più alto è la rappresentazione chiamata Kempis all’interno del Cerchio Firenze 77.

(Rappresentazione di cui vedo la grandezza e il limite: basta leggere l’insieme delle comunicazioni del CF – non solo quelle pubblicate – per ricavarne l’impressione di una complessità che non di rado fatica a essere chiara nell’intento e nella didattica, segno di una elaborazione continua che doveva tenere in conto il sentire comunicante – e il suo chiarificarsi in corso d’opera – con il sentire ricevente, le sue resistenze e difficoltà: opera immane).

Ho avuto un interesse relativo per Rudolf Steiner perché il suo estremo dettaglio espositivo e il modello interpretativo ottocentesco non mi permettevano di realizzare la connessione tra corpo mentale e corpo akasico che era nel mio progetto e sentire.
Allo stesso modo, e per le stesse ragioni, ho evitato Alice Bailey e la teosofia che l’ha preceduta: troppo cibo per le menti e troppo poco spirito unitario a tenere assieme il tutto: molta dualità.

Dualità nel mentale, ecco questa è la chiave per comprendere quanto vado cercando di dire: è chiaro che il piano mentale è intrinsecamente duale e così la vita del corpo mentale che lo genera e frequenta: da quanto detto, negando un mio interesse per il duale, ne consegue un mio scarso interesse anche per il mentale cognitivo, a meno che non sia unitariamente orientato, ovvero che non superi se stesso, o non tenda a questo.

L’insegnamento del CF77 e del Cerchio Ifior – innervati nel duale – hanno chiara la vocazione unitaria: espongono un paradigma duale che renda comprensibile all’umano l’essenza unitaria. Una decodifica duale di una realtà unitaria. Per questo ho potuto seguirli e approfondirli, non certo per il circo dei fenomeni paranormali, per le sublimi teorie (!) o quant’altro.

Il mio mondo mentale, naturalmente duale, è popolato di pensieri e concetti rivolti all’unità, come è popolato di interesse per tutto ciò che è “noi”: un “noi” tra umani e un “noi” tra umani e sovraumani, ovvero un noi che è unione dei sentire di coscienza.

Nel mio mondo mentale, nell’ambiente mentale che frequento, c’è innanzitutto tutto quello che riguarda il bene comune di tutte le creature e del pianeta, bene comune che sta in equilibrio con le necessarie condizioni di vita mie e delle persone con cui ho condiviso questa incarnazione. In una ipotetica scala di priorità, il mio personale interesse deve essere compatibile con quello generale altrimenti non è legittimo e posso rinunciarci.

Basta così con gli esempi personali, spero che questo mio espormi vi sia stato utile per interrogarvi e osservare di cosa è popolato il vostro ambiente mentale, cosa alimentate, cosa è prioritario.

Se osserviamo l’ambiente fisico che abbiamo creato: la casa, gli arredi, gli oggetti cari, l’arte di cui ci circondiamo, il vestiario ne ricaviamo una data impressione di noi, del nostro orientamento umano ed esistenziale.
Impressione che si approfondirà se osserviamo l’ambiente astrale che generiamo e che è costituito dai nostri desideri, da come traduciamo bisogni esistenziali in desideri contingenti e condizionanti. Chiaramente ciò che desideriamo parla in modo superbo di noi stessi e ci mette a nudo come poco altro perché ci dice dove appoggiamo il nostro “cuore”

Anche ciò che pensiamo, l’ambiente mentale che creiamo, ci dice di dove appoggiamo il “cuore”, non dimentichiamo che mentale e astrale sono praticamente indivisibili e procedono sempre assieme: là dove è il nostro pensiero sarà il nostro desiderio e risulterà appoggiato il nostro “cuore”.

Dove è appoggiato il mio “cuore”? In nessuno di questi tre piani/ambienti fino a ora descritti: tutti e tre sono da me sentiti come rappresentazione dell’unica realtà che è quella sentita, decodifiche del piano akasico e della sua vita unitaria. A me interessa l’intero ciclo della intenzione ma innanzitutto e prioritariamente il suo formarsi e divenire l’onda che crea il reale nel divenire.

Dentro l’onda ho vissuto e vivo, dal suo formarsi fino alla risacca sulla battigia, ma il mio unico interesse è per l’onda unitaria, quella che mai diviene due. Consapevole di questa priorità in me esistente, ho vissuto osando e sbagliando molto, l’ho fatto perché vivere così avrebbe chiarificato la natura dell’onda e avrebbe permesso una sua maggiore comprensione unitaria.

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Natascia

Dovrò rileggere ancora, tante e tante volte. Finché diventerà chiaro che le scene che si palesano, altro non sono che generate da noi, dallo sguardo con cui interpretiamo la realtà.

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