[Sommario IA] “Oggetto psichico”: meccanismo mentale che blocca il nuovo, interpretandolo attraverso il passato, creando standard basati su giudizi e pregiudizi.
La memoria agisce automaticamente, governando l’approccio alla vita, rendendo inutili gli sforzi per difendere punti di riferimento solidi di fronte all’imprevedibilità.
Gli oggetti psichici formano una “crosta” passata, impedendo l’incontro con la vita presente e rendendo illusoria la realtà.
La paura di perdere gli oggetti psichici deriva dall’educazione e dalla costruzione di un’identità basata su principi e abitudini sociali, creando un bisogno di controllo e sicurezza.
L’uomo tende a valutare e misurare tutto, creando parametri mentali e “dover essere” che lo portano a giudicare la vita in base alle proprie aspettative, ingigantendo i vincoli.
Gli oggetti psichici governano il modo di vivere, rapportarsi con sé stessi e con gli altri, creando un’illusoria coerenza dell’io (“c’ero, ci sono, ci sarò”) che allontana dalla realtà.
Smettere di riprodurre il presente e il futuro attraverso il passato richiede di abbandonare la centralità dell’io e accettare l’effimero, cosa temuta perché minaccia l’identità costruita. [/S]
Fonte: Via della conoscenza, comunicazioni fondanti riviste e aggiornate nel 2024.
[Prima parte] Il termine “oggetto psichico” definisce la modalità dei vostri processi mentali attraverso i quali bloccate e trasformate ciò che è nuovo, quindi non-noto. L’oggetto psichico è il risultato di come voi interpretate ciò che è in base al passato, vale a dire quello che è già stato, è già morto, ma ripescato, catalogato e pronto a essere utilizzato come strumento per vivere. Quindi l’oggetto psichico è l’occultamento di ciò che è nuovo, lì presente, e poi la creazione di uno standard di lettura che si basa su vecchi giudizi, pregiudizi ed etichette, trasformando la mente in contenitore del vostro passato, cioè nella somma dei vostri oggetti psichici. Questo vi svela tutta l’inadeguatezza di quegli oggetti codificati che avete eretto per vivere il presente, attrezzandovi e soprattutto difendendovi dalla possibilità di affascinarvi dell’impermanenza e dell’imprevedibilità della vita, alla quale non date spazio per aprire un varco dentro di voi.
Precisiamo che, parlando di memoria, non ci riferiamo alla caratteristica naturale dell’uomo, sede di ricordi che sono il contributo per vivere consapevolmente dentro lo svolgersi del quotidiano, fatto di piccoli gesti concreti e di attenzione alle cose semplici. In voi la memoria agisce attraverso un automatismo che governa – come dite voi – il vostro modo di intendere e poi di far fronte alla vita, all’alterità e agli accadimenti. Ma la vita è lo scorrere di ciò che si presenta, qui e ora, e muta improvvisamente, rendendo inutili i vostri sforzi di ordine e di difesa per mantenere dei punti solidi ai quali reggervi.
Quindi l’oggetto psichico è quello che forma la crosta depositata nel passato, che è gravosa e che rende impossibile l’incontro con la vita e illusoria la realtà intorno a voi.
Un partecipante: Ci avete detto che tratteniamo dentro di noi gli oggetti psichici perché li riteniamo parte di noi, identificandoci con la mente, che è il loro contenitore, che dà loro consistenza, altrimenti perderemmo la nostra identità. Ma perché proviamo così tanta paura di perdere gli oggetti psichici?
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Una voce: Fin da bambino, l’uomo viene educato secondo determinati principi e abitudini ben radicati e condivisi nell’ambito sociale in cui si sviluppa, che poi lo indirizzano verso la creazione di immagini e concetti sulla vita, sull’alterità, sulle relazioni fra gli esseri viventi e anche su quella realtà che lo trascende, che lui chiama Divino. Sono immagini che si strutturano sulla base di un’origine e di un fondamento che lui ignora, ma gli vengono date come “naturali” e come necessarie per vivere socialmente dentro un mondo definito a priori, un mondo di incontri con l’alterità e con i fatti della vita che possono presentare incognite, imprevisti, minacce o magari utilità e vantaggi per lui. Tutto questo crea cautela nell’uomo che si sviluppa dentro una rete di relazioni che presenta una molteplicità di esseri, umani e non umani, animati e inanimati.
L’uomo ha come caratteristica quella di riflettere su se stesso, di proiettarsi in un tempo successivo, di ipotizzare un futuro pieno di aspettative e di accumulare nella memoria ciò che ha incontrato e interpretato di ciò che accade. La sua abitudine è quella di valutare e misurare ciò che accade dentro e fuori di sé, costruendo dei parametri mentali che, pur cambiando nel tempo e pur adattandosi a sue scelte – ad esempio quella di percorrere un cammino interiore -, si basano comunque sulla creazione di un obiettivo, su rigidi “dover essere” e, per alcuni, su una meta evolutiva.
Il radicarsi in lui dei “dover essere” è causa di un continuo subbuglio dentro il mondo mentale che lo indirizza a stabilire a priori, per proteggersi, sia come l’altro e come lui stesso dovrebbero essere; tutto questo – con qualche distinguo – anche riferito al presentarsi della vita. Poiché su tutto l’uomo vuole mettere il marchio: “è giusto”, “non è giusto”, “è troppo”, “è troppo poco”, essendosi abituato a misurare e comparare in base a pretese e parametri ciò che accade. Ma la vita crea e dona a piene mani sia possibilità che vincoli, e sono proprio i vincoli che spesso l’uomo ingigantisce, poiché ha lo sguardo fisso sul proprio orticello, definendoli “problemi”, vale a dire fatti o situazioni o comportamenti non in linea con le proprie aspettative, i bisogni e i progetti.
Gli oggetti psichici, che lui stesso si crea, determinano e governano il modo di vivere, di rapportarsi con se stesso nella vita e di intendere le relazioni. Questo processo abbraccia sia il presente che il passato che il futuro, creando proprio un arco temporale per mantenere vivo e coerente il proprio “io”, attraverso l’affermazione: “c’ero, ci sono e ci sarò”.
Nel corso del tempo, possono variare anche gli oggetti psichici, che sono il modo che l’uomo ha di archiviare quello che interpreta su ciò che si presenta, ma non muta il sottofondo che li rende possibili, cioè la sua presunta centralità e le immagini illusorie che fanno parte del suo mondo mentale, sulle quali l’uomo mai pone lo sguardo e mai dubita; ed ecco perché continua a costruire oggetti psichici che lo allontanano dalla realtà. Ma gli oggetti psichici rappresentano solo la superficie di un processo sotterraneo e nascosto di imprigionamento dentro assunti, spesso acquisiti nell’educazione, che regolano i suoi comportamenti, ma anche l’emotività e i pensieri sui quali spesso tenta di intervenire per renderli “più armonici” quando percorre una via interiore verso la meta evolutiva.
Il mondo interno e irreale degli oggetti psichici parla, dirige, ordina, fa baccano e tenta di muovere e indirizzare il mondo intorno, fatto di alterità e di accadimenti; mondo che proprio non si concilia con la sua identità, ma che lui vorrebbe controllare. E così si trova impreparato e a volte sconfitto dall’esprimersi dell’alterità e anche dei fenomeni naturali, come possono essere terremoti o maremoti, e col passare degli anni anche impreparato verso una imprevista manifestazione del proprio corpo, che presenta un malessere o una malattia. Questo vi dice che l’uomo è costantemente sottoposto all’incertezza, all’imprevisto e alla non regolabilità del mondo intorno a lui.
Ecco perché tutti voi sentite il continuo bisogno di tranquillizzarvi, di difendervi e di premunirvi da ciò che è per natura non-controllabile e non-prevedibile, perché sempre nuovo e non-noto. Il ritrovarvi sballottati emotivamente tra timori e ricerca di sicurezza, augurandovi di raggiungere in fretta quello che ritenete pacificante, vantaggioso e non penalizzante, dipende da come leggete e reagite al presentarsi della vita e al mondo dell’alterità, cioè al vostro affidarvi all’incessante attività mentale per rendere l’alterità e il mondo circostante compatibili coi vostri desiderata e con il vostro progresso interiore.
L’oggetto psichico è il prodotto e il nutrimento di questa continua attività mentale, che voi tutti occultate, poiché ritenete preferibile che resti nascosto il motivo che vi giustifica la messa al centro di un “io” – il vostro – distinto e separato. Voi temete che, qualora scopriste l’irrealtà degli oggetti psichici che avete creato, questo farebbe crollare quel castello di carte rappresentato da un “io” accentratore.
Ma – ci domandate – com’è possibile smettere di riprodurre presente e futuro sotto la veste del passato, e come è possibile scoprire da dove parte la forza dell’attività di creazione degli oggetti psichici, per diminuirla? Ricordatevi che gli oggetti psichici si riferiscono sempre a voi, come punto centrale del mondo mentale, e sono connessi a un vostro tornaconto.
Voi non siete consapevoli di quanto essi vi impediscano di vivere la semplicità di ciò che c’è, che non è connesso a un passato e nemmeno a un futuro, ma è tutto lì, in quel momento, e non riguarda voi, non riguarda nemmeno sé, ma unicamente ciò che sta oltre voi e oltre sé. Non è possibile descrivervi a parole questa realtà, perché subito la tradurreste in qualcosa che vi serve o non vi serve, vi è utile o non utile, è giusto o sbagliato sia per relazionarvi, come anche per procedere in un cammino interiore.
In voi, l’attività di creazione degli oggetti psichici si sovrappone alla naturale attività riflessiva, ed è un continuo creare e ricreare, consolidare e connettere, per poi trovarvi di fronte a ciò che non c’è. Tutto questo processo è diventato parte di voi, è un automatismo che vi accompagna in ogni momento e nel quale riponete una quasi totale fiducia, nonostante diversi insuccessi. Rinunciare a tutto questo significa addentrarsi in un nuovo processo, che temete, che è quello di affascinarsi del morire a se stessi, riconoscendosi effimeri, inconsistenti e disconnessi dentro una realtà di disconnessione; ed ecco perché in voi persiste l’inconsapevole paura di perdere i vostri oggetti psichici.
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