Inmo, Dōgen: considerazioni in merito al “perdersi” 8

(Dogen parla della saggezza/sapienza, ndr) Non è qualcosa che viene, non è qualcosa che entra.* Per esempio, è come il dio della primavera che incontra la primavera 48. La sapienza non è presenza di pensiero consapevole, non è assenza di pensiero consapevole. La sapienza non è l’esserci del cuore, non è il non esserci del cuore 49.

[Tollini traduce] La saggezza non ha pensiero e non ha non pensiero. La saggezza non ha coscienza né è priva di coscienza.

A maggior ragione come può aver a che fare con grande o piccolo, come si può trattare in termini d’illusione o satori? Ciò di cui si parla è che, senza neanche sapere che cosa è la verità di Buddha, senza averla mai prima udita, senza averla agognata, senza neppure averla chiesta, udita questa verità, il debito di gratitudine si fa leggero e il proprio corpo è dimenticato, perché il corpo e il cuore di chi ha la sapienza non è fin dall’inizio cosa sua: così avviene.** Questo è il senso di dire “allora è in grado di credere e comprendere”.

Non sappiamo quanti giri di nascita e morte, pur possedendo questa sapienza, giriamo fra polverose incombenze. Ora, è come una pietra che avvolge una perla, ma la perla ignora di essere avvolta dalla pietra, e la pietra non sa di avvolgere la perla. La persona che sa questo è la persona che la prende. Non è qualcosa che la perla attende, non è qualcosa che la pietra aspetta, non dipende dalla conoscenza della pietra, non è nel pensiero della perla. In verità, benché l’uomo e la perla s’ignorino l’un l’altra, senz’altro è come se la via della verità fossa udita dalla sapienza 50.***

[Tollini traduce] Non dipende dalla comprensione della pietra e neppure è il pensiero del gioiello. Cioè, l’uomo e la saggezza non si conoscono reciprocamente, ma succede che la Via sicuramente si accorda con la saggezza.

C’è una parola che dice: «Chi è senza sapienza dubita incredulo, per questo senz’altro è perduto per sempre» 51. La sapienza certamente non è un esserci, la sapienza certamente non è un non esserci, eppure, c’è il tempo in cui è, come pino primaverile, c’è il tempo in cui non è, come crisantemo autunnale 52.

Quando è “assenza di sapienza” la suprema verità tutta intera è “dubbio incredulo”, tutte le cose fino in fondo sono incredulo dubbio 53. Allora in quel momento per sempre essere perduto certamente si dà 54. La parola che deve essere udita, la verità che deve essere dimostrata, tutto è incredulo dubbio. Non dipende da me, l’intero mondo non ha luogo nascosto 55. Non dipende da altri, tutta la realtà è una solida sbarra di ferro (ovvero non muta, ndr) 56.****

[Tollini traduce] Quando si realizza questa non esistenza della saggezza, i sambodhi (la suprema illuminazione) sono tutti dubbio, e tutti i dharma sono dubbio. In questo momento, perdere per sempre è “con questo” (è Ciò-che-È, ndr) Le parole che dovrebbero essere ascoltate, il Dharma che dovrebbe essere realizzato, sono così un dubbio. Indipendentemente da me stesso, non c’è luogo nascosto nell’intero mondo. Indipendentemente dagli altri, le cose della realtà non cambiano e sono sempre le stesse (indipendentemente da tutto, se c’è dubbio, tutto è dubbio, ndr).****

48 Il dio della primavera è letteralmente il re dell’oriente, un nome dello spirito della primavera. Non c’è primavera senza dio della primavera, non c’è dio della primavera senza primavera.

49 Non c’è sapienza che non sia cuore (l’intero universo fino in fondo — il sé della mia realtà)
non c’è cuore che non sia sapienza: non è questione di dire che la sapienza è (u) presenza di
cuore o non è (mu – assenza) di cuore. Né l’una né l’altra categoria sono appropriate.

50 L’orecchio che ode la sapienza è l’orecchio della sapienza, non dipende dall’acutezza dell’orecchio umano.

51 È l’opposto del precedente verso di cui alla nota 38.
52 Dogen non fa della teoria per riscattare la realtà contro ogni evidenza: la verità non smentisce la realtà. Vedi anche Ghenjōkoan Divenire l’essere, pag. 15 (Tuttavia…).

53 Nel momento del dubbio la suprema verità è il dubbio e tutto è dubbio. La verità non è messa in crisi dal dubbio, perché non c’è una verità separata dalla realtà.

54 Dogen inverte qui l’ordine degli ideogrammi della frase citata in precedenza: così facendo può leggere il verso del sutra mettendo in evidenza una diversa sfumatura: non tanto il fatto che l’essere perduti è per sempre, quanto il fatto che l’essere perduti è qualcosa che accade nel momento del dubbio. Quando il dubbio signoreggia, si è certo perduti, non c’è speranza di salvezza. Quel per sempre non è una durata incommensurabilmente lunga da cui non si esce, è il tutto del momento, il sempre dell’ora.

55 Vedi Busshō — La natura autentica, pag. 32, riga 7. il mondo intero non tiene nulla in riserve occulte.
56 Vedi Busshō — La natura autentica, pag. 34, riga 24, anche se lì il senso è opposto.

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