Fonte: Io, cattolico e malato vi dico che la lotta contro il dolore non è peccato.
In un articolo apparso su La Stampa del 27.3.25 Enzo Bianchi affronta il tema della sofferenza fisica in particolare e del dolore in generale, con un inciso sulla origine del “male”. Questioni in sé abbastanza complesse ma che, in una visione unitaria, possono essere comprese come conseguenti l’una dall’altra e inestricabilmente connesse.
Enzo nega che vi sia una connessione tra “male”-dolore-sofferenza fisica e si limita a dire che non siamo assaliti dal male e dalla morte perché abbiamo peccato e che il soffrire fisico non ha nessun senso e la sofferenza fisica è scandalosa.
Prende tre stati: male-dolore-sofferenza fisica e li isola l’uno dall’altro ma così facendo si preclude la possibilità di una indagine più profonda. In merito al male afferma:
Da dove viene il male? Non certo da Dio, alcuni propongono da noi stessi, dal nostro comportamento, a cominciare da come viviamo nella natura e rispettiamo l’ambiente, fino al male che ci viene dal nostro cattivo operare verso gli altri perché percorriamo strade mortifere. Altri mali vengono dalla nostra condizione di umani “mortali”, come dicevano i greci, umani fragili, che nascono crescono, decadono e muoiono in armonia con tutto l’universo che vive questo ciclo della vita.
Dunque il male (termine orribile insieme a “peccato”) è verosimile che sorga quando l’umano non obbedisce al proprio disegno incarnativo, o quando non è allineato con l’intenzione divina che informa l’esistere (la prima è il travaso della seconda): nel Sentiero, molto più semplicemente, diremmo che all’origine c’è una non comprensione che origina una intenzione relativa e limitata, un pensiero distorto, una emozione inquinata, una azione parziale.
La non comprensione non è il male né il peccato, è solo una non comprensione: tutta l’esistenza è tesa al comprendere e al superare il non compreso. Il comprendere non è il capire, è l’ampliamento del sentire di coscienza.
Ora a noi sembra chiaro che se nel percorso dall’intenzione all’azione vi è una distorsione, questa provochi un attrito che viene percepito come dolore: sul piano psichico prima, su quello fisico in seguito se non viene adeguatamente affrontato nella sua sfera psichica. È il percorso della somatizzazione, non altro.
- Eremo dal silenzio, tutti i post dei siti
- Contemplazione quotidiana
- Le basi del Sentiero contemplativo
- Un nuovo monachesimo per i senza religione del terzo millennio
- Libro: ‘Il Sentiero contemplativo a dorso di somaro’
- Libro: ‘Come la coscienza genera la realtà personale‘
- La Via della conoscenza, nuova serie di post dal 15.1.25
- File audio recenti in un canale Telegram dedicato
L’intenzione che origina dal sentire di coscienza in sé, limitata o meno che sia, è solo quel che è e non è né giusta né sbagliata, è quella che la coscienza riesce a generare in quel frangente ed esprime una dato tasso di comprensione/non comprensione: in sé non c’è ragione perché produca dolore il quale sorge, invece, a causa delle decodifiche di quell’intenzione che sono fatte a livello mentale ed emozionale.
Quando quella intenzione impatta con quello che io credo di essere, di voler o dover essere, lì si crea l’attrito (l’esperienza del dolore) che indica che è in atto una distorsione, una cattiva interpretazione dell’intenzione originaria: ad esempio, una intenzione relativa all’imparare il rispetto per l’altro da sé può essere interpretata in malo modo a causa del personale egocentrismo e tradursi in pensieri, emozioni, azioni che finiscono per limitare l’altro.
Il dolore è la spia, l’allarme che si accende e segnala che il processo in atto è sbagliato ed è necessario allineare l’intenzione con il risultato che produce. È, lo abbiamo già detto, dolore innanzitutto psichico, quello è il primo allarme: se non viene ascoltato, nel tempo può divenire, ma non è automatico, sofferenza fisica di qualche tipo.
La sofferenza fisica è l’ultimo anello di un lungo processo che ha all’origine un limite nella comprensione, nel sentire di coscienza dunque. Questo anche quando siamo in presenza di una manifestazione karmica perché il karma non è che una non comprensione posta in rilievo per essere lavorata.
Dal nostro limitato punto di vista, senza nasconderci dietro parole-simbolo come male e peccato che nulla dicono all’umano di oggi, possiamo sviluppare uno sguardo unitario sul processo del soffrire da noi tutti condiviso, semplicemente considerando che il dolore e la sofferenza fisica non sono accidenti che piovono da fuori di noi, sono la risultante dei nostri processi di comprensione, processi complessi, non lineari.
Parole come “male” o “peccato”, non dovrebbero più appartenere al linguaggio di un religioso perchè chi intraprende un cammino di conoscenza interiore e spirituale dovrebbe cominciare a confrontarsi con la visione unitaria della vita.
Noi del Sentiero sappiamo che il dolore e la sofferenza hanno radici non nel male ma nelle non comprensioni che diventano comprensioni solo dopo esperienze ripetute.
Evidentemente in EB lavorano i vecchi AT. Fondamentale conoscere e comprendere concetti come karma, non comprensione, funzione del dolore.
Funzionale Sempre attivo
Preferenze
Statistiche
Marketing