Fonte: Eihei Dogen, Inmo, Proprio così, traduzione dall’originale giapponese di Jiso Forzani.
Quando il curatore lo ritiene necessario, vengono anche utilizzati frammenti della traduzione di Aldo Tollini così come compaiono nel suo Buddha e natura di Buddha nello Shobogenzo, Ubaldini editore. Dalla redazione del Tollini viene preso anche un brano dell’introduzione e la suddivisione in paragrafi che in Forzani non compaiono.
Il grande maestro Musai 63 del monte Nangaku una volta è interrogato da Yakusan 64: «lo conosco abbastanza i tre veicoli e le 12 divisioni dell’insegnamento 65. Una volta ho udito che nel Sud [si insegna] il diretto puntare al cuore dell’uomo e vedere la [propria] natura divenire Buddha, ma in verità ancora non mi è chiaro. Ti prego, maestro, abbi compassione e indicami cosa è» 66.
Questa la domanda di Yakusan. Yakusan in origine era un docente 67. Aveva penetrato con profitto i tre veicoli e le 12 divisioni dell’insegnamento. Perciò, è come se non vi fossero per lui luoghi oscuri della vera norma di Buddha. Un tempo non c’erano vari rami, c’era solo la tradizione usuale dell’apprendere l’insegnamento che chiarisce i tre veicoli e le 12 divisioni dell’insegnamento. Ora, molte persone estremamente sciocche, stabilendo dei principi personali, ne fanno criterio di valutazione della vera norma di Buddha: ma non è questo il criterio autentico della via di Buddha.
Il grande maestro dice: «Proprio così (Ciò-che-È, ndr) è impossibile, non proprio così è impossibile, proprio così – non proprio così ugualmente è impossibile. Allora?» 68.
Queste invero le parole del grande maestro a beneficio di Yakusan. In verità, siccome “proprio così – non proprio così ugualmente è impossibile”, proprio così è impossibile, non proprio così è impossibile 69.
Inmo (proprio così) è dire proprio così 70. Non si tratta di funzionamento della parola limitato, non si tratta di funzionamento della parola 71 illimitato. Proprio così bisogna apprenderlo nell’impossibile, bisogna investigare l’impossibile nel proprio così. Non si tratta del fatto che questo era proprio così e l’impossibile hanno a che fare soltanto con la misura di Buddha. La comprensione è impossibile, la realizzazione è impossibile 72. (Si vedano */**, ndr)
[Tollini traduce] Il grande maestro disse:”Così com’è (Ciò-che-È, ndr) non si può afferrare, non così com’è non si può afferrare, così com’è e non così com’è entrambi non si possono afferrare. Tu cosa dici?”.487
487 [Gudo Nishijima, Chodo Cross traducono] ”Essere così è impossibile. Non essere così è impossibile. Essere così o non essere così è del tutto impossibile. Cosa ne pensi?”.
Queste sono le parole dette dal grande maestro per Yakusan. Davvero, siccome “così com’è e non così com’è entrambi non si possono afferrare”, il così com’è non si può afferrare e il non così com’è non si può afferrare. Così com’è viene detto così com’è. Non si tratta della possibilità limitata dell’uso delle parole, né dell’uso senza limiti delle parole. Dobbiamo apprendere il così com’è nella non afferrabilità, dovremmo chiedere al così com’è la questione della non afferrabilità.489
489 [Gudo Nishijima, Chodo Cross traducono] “Dovremmo imparare ‘esso’ nello stato di impossibilità, e dovremmo indagare sull”impossibilità’ nello stato di esso”.
[Tollini interpreta] Dobbiamo renderci conto dell’impossibilità di afferrare il così com’è e capire che più ci ostiniamo a cercare di afferrarlo più il così com’è si allontana. Solo lasciando cadere il proprio io, che è la causa del desiderio di afferrare, diventando uno con il così com’è, al di là del rapporto dualista tra soggetto che afferra e oggetto afferrato, si può accedere alla dimensione del così com’è, e farne esperienza. Allora capiremo che il buddha non ha a che fare con il così com’è perché non è che una immagine, un dito che indica la direzione e nulla più. Pensare di afferrare e far proprio è esaltazione del proprio io, è volgere la schiena al Dharma: perciò la vera comprensione e la vera illuminazione sono inafferrabili, o meglio sono in una dimensione completamente diversa.*
*Le due espressioni del Tollini che ho evidenziato in neretto centrano la questione altrimenti piuttosto ingarbugliata dai gran giochi di parole. Il tutto, in fondo, è molto semplice: il Cio-che-È non è indagabile sul piano comune, con i sensi dei corpi transitori: esso è esperienza di sentire contemplato ed ha necessità che ogni limite transitorio sia abbandonato affidandosi alla semplice contemplazione dell’Essere.
Questo così com’è e la non afferrabilità non hanno proprio a che fare con la dimensione dei buddha, la comprensione è inafferrabile, l’illuminazione è inafferrabile.490**
[Gudo Nishijima, Chodo Cross traducono] “Non è che questo concreto esso, e l’impossibile, siano rilevanti solo per la considerazione dei buddha. Comprenderlo è impossibile. Realizzarlo è impossibile” (il Cio-che-È, ndr)
**Tutto questo discorrere sulla natura del Cio-che-È non ha a che fare con la dimensione del sentire di un realizzato: quel sentire è inafferrabile a chi non lo possiede in eguale grado.
Inutile discutere del Cio-che-È, è un’esperienza che ti si apre se il tuo sentire acquisito ha l’ampiezza per contemplare il Reale aldilà di te, a prescindere dalla tua soggettività. Se il tuo sentire ti dà accesso a quella sfera del Reale, allora ti è evidente cosa Cio-che-È significa, perché lo senti, come lo sentono i realizzati perché il loro sentire è anche il tuo.
Il cerchio si chiude e possiamo tornare alla questione iniziale posta da Yakusan: “Una volta ho udito che nel Sud [si insegna] il diretto puntare al cuore dell’uomo e vedere la [propria] natura divenire Buddha, ma in verità ancora non mi è chiaro”.
L’accedere al Cio-che-È, a inmo, a proprio così, a così com’è, a esso, è accedere alla propria natura autentica e a quella del Reale non soggettivo: per accedere bisogna abbandonare, perdere ogni ancoraggio alla soggettività e lasciare che l’atto contemplativo sia. Nell’atto contemplativo Essere È, e lì si incontrano, in una comunione di sentire, tutti coloro che lì già sono, che a quello stato hanno accesso. Così finiscono tutti i discorsi.
63 Sekitō Kisen (Shih tou Hsi chien) 700-790.
64 Yakusan Igen (Yueh shan Wei yen) 745-828.
65 I tre veicoli (in sanscrito sravaka, pratiekabuddha, bodhisattva) hanno a che fare con tre diversi atteggiamenti verso la vita e la via di salvezza; le dodici ripartizioni dell’insegnamento riguardano il canone dei testi.
66 Anticamente in Cina c’era una distinzione fra la Scuola del Nord, considerata più ortodossa nel seguire i dettami dei testi antichi, e una Scuola del Sud, che predicava la trasmissione indipendente dalla dottrina. La prima aveva un iter più graduale, mentre la seconda insegnava la natura di Buddha come il proprio volto autentico da guardare direttamente.
67 Pur essendo un insegnante chiede di imparare.
68 Impossibile — Fukatoku. Fu è la negazione (come il prefisso italiano in-: es. esatto — inesatto), toku vuol dire ottenere, conseguire, guadagno, merito. Ha un significato più vasto di impossibile, che il lettore terrà presente. Ho tradotto impossibile avendo in mente anche un passo evangelico, la risposta di Gesù a chi gli chiede chi si può salvare: «Impossibile agli uomini…» (Mc 10,27).
Il maestro Sekitō risponde a Yakusan dicendo che proprio così (Ciò-che-È, ndr)(vedere direttamente la natura di Buddha così come è) è impossibile (chi vede cosa?), non proprio così (non vedere La natura di Buddha) è impossibile (c’è altro dalla natura di Buddha?) e anche l’essere e il non essere insieme del proprio così è impossibile (non si tratta di speculazioni, si tratta della vita concreta). Tolto così ogni appoggio, ora, cosa vedi?
69 Dogen inverte l’ordine dei fattori dell’espressione di Sekitō. L’impossibilità (l’assenza di guadagno, di merito, di conseguimento, l’inconoscibilità) non è relativa ma assoluta, precede, se così si può dire, ogni posizione ontologica, esistenziale, speculativa. È dall’impossibilità dell’essere così — non essere così ugualmente che discende l’impossibile tanto dell’essere che del non essere del proprio così.
70 Dogen gioca sul duplice uso dell’espressione proprio così: come sinonimo di esattamente in questo modo e come sinonimo della realtà perfetta non plus ultra (mujō bodai). Ciò che definiamo proprio così — inmo, è proprio così come ho detto.
71 Anche qui, come altrove parola traduce il termine dō, che vuoi dire anche contemporaneamente via. Purtroppo non trovo il modo di rendere simultaneamente i due significati con una sola espressione sintetica.
72 Realizzazione — go (satori).
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