Il sesto Patriarca dice: per l’uomo c’è il Sud e il Nord, per la natura autentica non c’è né Sud né Nord. Chi eleva questa espressione, deve applicarsi con ingegno a comprenderne il contenuto.
Deve riflettere con cuore ardente, finché gli diventi chiaro il senso dell’espressione Sud e Nord. In questa frase che il sesto Patriarca usa per dire la via, c’è il cuore della religione. Il dire la via con l’espressione: l’uomo costruisce Budda include l’aspetto che la natura autentica non deve costruire Budda. Il sesto Patriarca lo sapeva o no?
[Carl Bielefeldt traduce] Dovresti riflettere sulla frase ‘nord o sud’ con una mente aperta, poiché c’è un significato più profondo nell’espressione che il sesto antenato ci ha dato. In particolare, c’è un modo di interpretarla nel senso che, anche se le persone possono realizzare l’illuminazione, la Natura di Buddha non può realizzare l’illuminazione. Mi chiedo, il sesto antenato ha compreso questo o no? [/CB]
[→uma] L’umano realizza in sé la consapevolezza e l’essenza della natura autentica perché la vita e il sentire dell’umano divengono, ma la natura autentica non diviene, essa è Ciò-che-È aldilà del divenire. [/uma]
Il quarto e quinto Patriarca hanno detto la via con l’espressione natura autentica niente e la loro testimonianza ha l’aspetto della sublime forza stringente. Quindi è la forza che tutti i Budda, prima e dopo Śākyamuni, hanno testimoniato con l’espressione ogni cosa che è, è natura autentica, per costruire e mettere in movimento la norma della via. L’essere di ogni cosa che è, non eredita forse la sua autenticità dal niente del niente di niente?!
[Carl Bielefeldt traduce] Molto tempo fa, dopo aver ricevuto un po’ dell’Insegnamento che il quarto e quinto antenato successivamente espressero come “non possedere la Natura di Buddha”, il Buddha Kashō, così come il Buddha Shakyamuni, tra gli altri, una volta realizzata l’Illuminazione e avendo messo in moto la ruota del Dharma, ebbero la capacità di affermare che si ha la Natura di Buddha fino in fondo. Questo Insegnamento ha la capacità di tenerci ancorati esattamente a come stanno le cose. Quindi, come potrebbe il loro “averla” nell’espressione “averla fino in fondo” non essere la loro eredità del Dharma che si esprime come “non possederla“, in cui non c’è mancanza di essa? [/CB]
Perciò, ascolta: l’espressione natura autentica niente arriva da lontano, dalla cella del quarto e del quinto Patriarca. Allora, venendo ora al sesto Patriarca, è ovvio che egli si applicasse sull’espressione natura autentica niente. Lasciato da parte il nulla di essere e non essere, doveva porsi davanti alla domanda: in verità che cosa è la natura autentica? Doveva chiedersi: invero quale cosa è mai questa natura autentica?
[Carl Bielefeldt traduce] Così, le parole “non possedere la Natura di Buddha” potevano essere udite molto tempo fa nei circoli del quarto e quinto antenato. Se, a quel tempo, il sesto antenato era davvero “una persona del genere”, allora dovremmo lavorare diligentemente sulle parole “non possedere la Natura di Buddha”.
Mettiamo da parte il ‘non avere’ implicato dal ‘possedere contro non possedere’, e dovremmo chiederci: “Che cos’è la Natura del Buddha?” Cioè, dovremmo indagare che tipo di cosa sia la Natura del Buddha. [/CB]
[→uma] Averla fino in fondo ma non possederla, interpreta CB; “L’essere di ogni cosa che è, non eredita forse la sua autenticità dal niente del niente di niente“, traducono F-M.
La natura autentica non ha forse radice aldilà del divenire umano, del possedere/non possedere, ovvero del dualismo? L’umano è natura autentica ma possiede la consapevolezza di esserlo? No, non a prescindere; quella consapevolezza è figlia del processo del divenire, quindi c’è ma non la possiede.
L’essere di ogni cosa che è – la natura autentica – non origina forse dal vuoto di divenire? Essa è sentire che affluisce grazie al “niente del niente di niente“.
La gente di oggi, sentendo parlare di natura autentica, non si interroga su che cosa è; ma si affretta e si affanna a disquisire se la natura autentica sia essere o non essere, e simili problemi, come fosse questo il punto.
Perciò, il niente dei vari niente, va appreso dal niente di: la natura autentica niente.
L’espressione: per l’uomo c’è il Sud e il Nord, per la natura autentica non c’è né Sud né Nord, detta dal sesto Patriarca, deve essere tirata fuori con costanza e ripetutamente come si tira fuori un pesce dall’acqua; davvero ci vuole la forza di tirare la lenza.
L’espressione per l’uomo c’è il Sud e il Nord, per la natura autentica non c’è né Sud né Nord, deve essere e presa e lasciata, in silenzio, con grande attenzione.
[→uma] Quante volte nel Sentiero rinnoviamo l’invito: indaga il sentire, indaga oltre ciò che ti giunge come stimolo esterno da te, ascolta in profondità i molti strati dell’Essere con l’attenzione rivolta al tuo interiore senza farti distogliere. È dalla contemplazione che sorge il sentire l’espressione: “la natura autentica niente“. Dal sentirla come realtà ultima sorgerà poi anche il vederla divenire pensiero e l’attuarla. [/uma]

La banda degli sciocchi pensa che, siccome nell’essere umano c’è materia che ostruisce lo spazio, allora c’è il Sud e c’è il Nord; mentre, siccome la natura autentica è spazio vuoto, non è toccata dalla disquisizione di Sud e Nord. Fare supposizioni se il sesto Patriarca abbia voluto dire questo oppure no, è proprio di gente sciocca che non ha la sua parte. Getta via questi osceni trastullamenti mentali! Direttamente e con impegno, impara!
[→uma] “La natura autentica è spazio vuoto”: sebbene sia chiara l’intenzione dei traduttori l’uso del termine “spazio” è fuorviante essendo la natura autentica non un luogo/non luogo ma uno stato della consapevolezza.
È importante entrare nell’ottica non mondana che tutto è sentire e consapevolezza di sentire, non forma, non luogo. Non esiste tanto un piano d’esistenza della natura autentica, esiste la consapevolezza della natura autentica, consapevolezza che attraversa tutti i piani illusori.
L’infografica stessa può trarre in inganno perché può far pensare a livelli di consapevolezza che corrispondono a piani d’esistenza: questo in effetti è, anche, ma il fatto che esitano tre gradi di consapevolezza – il verde, il bianco e il rosso – e che siano simultanei azzera ogni artificio e afferma: la consapevolezza è unitaria e totale, il grado più ampio comprende i gradi più limitati, l’insieme viene sentito come unitario e inscindibile.
Ecco cos’è il vuoto associato alla natura autentica, è l’impossibilità di collocarla entro i binari dell’umano: essa è sentire che attraversa tutti i corpi dell’umano come tutti piani d’esistenza, è percezione unitaria dell’attimo eterno dalla sua concretezza materiale all’abisso dell’Essere Uno. Percezione unitaria di questo insieme complesso di sentire.
Fonte: Busshō. La natura autentica, di Eihei Doghen. A cura di Giuseppe Jiso Forzani. Edizioni EDB, Bologna, marzo 2000.
Nota del curatore
Lavorando sullo Shōbōgenzō di Dōgen e non volendo in alcun modo produrre una esegesi delle sue parole, la mia unica preoccupazione è: di fronte a questo concetto, a questa visione, a questo stato che Dōgen dichiara, io cosa provo, cosa sento? Sono capace di indagare il mio interiore nella sottigliezza di certi stati, e possiedo un linguaggio, dei simboli per trasmettere il provato/sentito?
Dōgen mi mette con le spalle al muro e, quando fatico per attraversare le nebbie del testo tradotto, il mio intento è quello di giungere a cosa sentiva lui, a quale sentire rimanda la sua parola, per compiere il percorso che dal suo simbolo mi conduce a ciò che sento. È nel sentire che lo incontro, passando attraverso le nebbie delle parole e dei concetti.
Il passo successivo è: posso osare trasmettere ciò che sento utilizzando il linguaggio simbolico che mi è proprio e che credo sia, in questo tempo, più universale di quello tramandatoci dagli antenati?
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