Chissà se il Cristianesimo sarebbe mai nato se Cristo non fosse stato ritenuto “figlio di Dio”! Quanti si sono fatti questa domanda! E quanti, più ancora, si sono chiesti se Cristo veramente sia esistito.
I primi dubbi nacquero naturalmente a opera dei Giudei, quando fu fatto osservare che gli Evangeli contengono alcune inesattezze storiche. Per esempio Luca e Matteo dicono che Gesù è nato al tempo di Erode e Luca aggiunge: “Durante il viaggio di spostamento fatto da Giuseppe e Maria, per sottostare al censimento di Quirino il Siriano”. Ora, come si sa, Erode regnò dal 40 al 4 a.C., mentre il censimento di Quirino il Siriano fu fatto deposto Archelao figlio di Erode; quindi le date non tornano. Il Ricciotti, quasi vostro contemporaneo, cerca di rimediare la faccenda in un modo non certo molto convincente.
Del resto poi il pasticcio diventa pasticciaccio quando si confrontano le date del presunto inizio della predicazione del Cristo con quelle di Anna, Caifa, Ponzio Pilato e della presunta morte di Gesù, per cui si perviene a concludere o che Cristo è morto a venticinque anni al tempo di Anna, Ponzio Pilato governatore della Palestina, o che è morto a trentasei anni, al tempo di Caifa, quando Ponzio Pilato non era più in Palestina da circa quattro anni. Altri sostengono che il 15 Nisan non cadde mai di venerdì per tutto il periodo in cui Ponzio Pilato restò in Palestina. Ma a questo proposito, francamente, esprimerei dei dubbi.
Ancora: tralasciando la questione delle comete, del terremoto alla morte di Cristo, di secondaria importanza, insomma può far parte di una descrizione figurata, per esempio in Matteo, Gesù rimprovera gli Ebrei di aver ucciso Zaccaria Ben Barachia, mentre questo personaggio è risaputo che morirà 40 anni dopo la morte del Cristo. E non può certo trattarsi di un caso di omonimia perché Matteo ne riferisce i particolari della morte: “ucciso fra il tempio e l’altare”.
Gli studiosi laici delle origini del Cristianesimo hanno sostenuto che la figura del Cristo non è sufficientemente testimoniata da documenti dell’epoca o di epoche immediatamente successive. Per esempio il “Mishnah”, che [contiene anche] una raccolta di nomi di ribelli all’autorità del Sinedrio, che va dal 40 a.C. al 200 d.C., non parla di Gesù.
Filone di Alessandria, cronista, vissuto dal 30 a.C. al 40 d.C., elenca le sette religiose della sua epoca, perfino gli Esseni, ma non i Cristiani; a meno che non si vogliano identificare gli uni con gli altri. Il discusso passo di “Antiquitates” di Flavio Giuseppe, altro cronista vissuto dal 31 al 100 d.C., è chiaramente una interpolazione successiva; analoghi dubbi esistono per la lettera di Plinio il Giovane a Traiano, per quanto ci muoviamo già su un terreno diverso perché, come si sa, Plinio il Giovane è vissuto dal 62 al 114 d.C. Intendo dire che le testimonianze che si possono trarre da, per esempio, “Gli Annali” di Tacito, le “Epistole”, altri scritti di Svetonio, sono tutte di molto successive e non hanno il valore che avrebbero avuto documenti dell’epoca del Cristo; sembrano testimoniare più l’esistenza del Cristianesimo che non del suo fondatore.
Tant’è vero che non pochi hanno ritenuto il Cristianesimo nato su una figura ideale. E ben lo sapeva questo, l’anonimo autore della lettera di Publio Lentulo a Tiberio il quale, per colmare questa lacuna, parare il colpo, come si usa dire, inventò una bella lettera in cui un subordinato scrive al suo Imperatore in questi termini di Gesù: “Egli è di aspetto maestoso, viso roseo, incomparabile bellezza. Sua madre è la più bella e mesta figura che si sia conosciuta da queste parti”. Certo fa tenerezza questo anonimo autore che cercò di migliorare la situazione peggiorandola invece di molto, perché ci fa pensare che i dubbi sollevati dagli avversari del Cristianesimo non erano del tutto infondati.
È stato anche detto giustamente che molte figure storiche non sono documentate, come quella del Cristo, eppure circa la loro esistenza non si sollevano dubbi. Obbiettivamente, affermare che il Cristo non sia esistito, mi pare un pochino eccessivo, anche tenendo presente il fatto che gli uomini non possono verificare la verità di un avvenimento, cioè verificare se un avvenimento sia realmente accaduto o meno.
Gli Ebrei, e una parte della tradizione occulta, lo identificano in Jeshua Ben Pantera, il figlio di una pettinatrice. Altri nel “Maestro Giusto” degli Esseni, vissuto un secolo prima, circa, del Gesù canonico. Certo è che i Vangeli furono scritti molti decenni dopo la morte del Cristo, sulla base di raccolte di aforismi e sulla tradizione orale, per cui la vita che si può trarre da questi documenti, di Gesù, è alquanto approssimativa. Questo lo riconoscono tutti a cominciare, onestamente, dai Cristiani.
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E altrettanto onestamente debbo dire che uno studio imparziale di questa figura non è mai stato fatto; si è visto raramente nella giusta luce. Le opinioni ne hanno fatto ora il Figlio di Dio, ora un mistificatore, ora un essere mai esistito, sempre secondo aprioristiche concezioni. Sarei tentato di farla io una puntualizzazione di questa figura, se non mi rendessi conto che non serve a molto. Vedete, non volete credere che sia Figlio di Dio? Bene! Crediamo che sia figlio di una prostituta. Uso questo termine nel senso dispregiativo che voi gli date, perché personalmente non giudico le creature dalla professione che svolgono e, per quel che posso vedere vi sono molte prostitute rispettabili, come tante rispettate madri di famiglia.
Non volete pensare che fosse giustamente esatta la cronologia e la storia narrata dai Vangeli? Bene! Pensiamo che non sia esatta, togliamo tutte le parti che non concordano con fonti più certe, riduciamo cioè gli Evangeli a una raccolta di aforismi come erano in origine. Volete pensare che il Cristo non sia esistito realmente? Bene! Crediamo che sia un personaggio creato dalla fantasia popolare. Nonostante ciò, niente cambia, perché tutte queste sono parti accessorie.
Lo studioso Harnech disse che se togliamo tutte le sovrastrutture dai Vangeli alla ricerca dell’essenziale, corriamo il rischio di fare come quel fanciullo che tolse via tutte le foglie da un bulbo per trovarvi il nocciolo e rimase con il nulla in mano. Ecco un grande errore! Se togliamo le sovrastrutture dei Vangeli alla ricerca dell’essenziale, rimane il vero valore, ciò che Cristo disse. Ed è un gran valore, anche se in effetti non rimane che una piccola parte, pallida ombra della sua predicazione.
Credete forse che il valore del Cristo stia nel Cristianesimo? È da sciocchi crederlo! Se così fosse, gli orrori dell’Inquisizione, le Crociate, le guerre di religione, i genocidi, sarebbero tutti da addebitare al Cristo. Ciò che il cristianesimo ha fatto di bene o di male, non è da addebitare o accreditare al suo fondatore, ma agli uomini, perché rappresenta ciò che gli uomini hanno fatto in nome del Cristo e nulla più.
Muta forse il valore della sua predicazione, in dipendenza del fatto che Egli abbia o non abbia operato miracoli? Che Egli sia stato Figlio di Dio? Certo che lo era, come lo siamo tutti! Forse che il suo dire è men vero se sua madre era o non era vergine, se Egli aveva o non aveva fratelli, se si chiamava Gesù di Nazareth o Jeshua Ben Panthera, o Maestro Giusto?
Chi fonda il giudizio sul Cristo su questi elementi, è come colui che giudica il vino dalla forma della bottiglia. E a questi dico: “se credete al Cristo per quel che è stato detto di Lui e non per quel che Lui ha detto, allora disilludetevi: il Cristo della tradizione è falso, come lo dimostra il fatto che gli Evangeli non corrispondono alla narrazione storica. Ciò che lo fece conoscere non fu una nascita facoltosa, una ricchezza, una sapienza accademica, non le amicizie influenti, non tutto questo. Ma unicamente ciò che disse lo fa sopravvivere ancora oggi nonostante l’opera disgregatrice delle Chiese che portano il suo nome, perché è verità che dura nel tempo. Kempis, 5 Giugno 1975
Fonte: raccolta di brani sul Cristo del Cerchio Firenze 77 | Tutti i post del ciclo
“Verità che dura nel tempo…”
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