Il ritardato ed il grande uomo

Continuo la discussione iniziata con il post del 20.3 e continuata il 21.
Parafraso Elena ed uso anch’io la dicotomia “ritardato” e  “grande uomo”.
Il ritardato e il grande uomo assolvono ad un’identica funzione, ci inducono a divenire consapevoli del nostro approccio alla vita, del nostro punto di vista, della nostra paura e ci sollecitano un cambiamento.
Entrambi sono collaboratori efficaci nei processi del sentire di coscienza, entrambi scardinano, o contribuiscono a scardinare, un equilibrio fondato sul girare la testa dall’altra parte.
Chi dei due è più efficace? Per alcuni interlocutori/processi del sentire il primo, per altri il secondo.
Per quella madre con un figlio tetraplegico, quello sarà il collaboratore più efficace; per quel giovane pieno di ideali l’incontro determinante sarà con il grande uomo che abita al margine della foresta.
Non c’è una scala di valore ma “che cosa è funzionale ai processi della coscienza in quel dato contesto e tempo?”
Spesso la disponibilità ad imparare da chi ci sta vicino porta ad incontrare anche il grande uomo, anche se, dal mio punto di vista, mentre la relazione vicina non manca di nulla, la relazione con il grande uomo è essenzialmente indicazione che attende incarnazione del capito affinché divenga compreso.
Concludendo: il ritardato è il grande uomo non sono altro che quel che sono, aspetti del reale, dei processi del rispettivo sentire e assolvono in noi ad una funzione equivalente aiutandoci, in modi differenti, ad aprire gli occhi, la mente ed il cuore.

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3 commenti su “Il ritardato ed il grande uomo”

  1. Sono molto d’accordo.

    L’errore è considerare “grande uomo”, “ritardato” attributi assoluti di ciò che incontriamo, ma in realtà sono etichette relative alla nostra condizione; a volte partono dal giudizio, altre sono semplicemente relative alla spinta della nostra coscienza.

    Per acquisire dati del sentire, la coscienza – attraverso il veicolo mentale – può vedere chi è già stato prima di noi in un aspetto del sentire come un grande uomo. Questo vale per noi con Krishnamurti poiché evidentemente tendiamo ad un sentire simile; altri possono vedere in Steve Jobs un grande uomo, ed altri perfino in Hitler.
    Quando la coscienza tende invece all’esperienza del servizio, allora la mente tenderà a vedere l’aiutato come più o meno “ritardato”, qualcuno da elevare al nostro medesimo sentire.

    Ma quando noi dovessimo imparare dal ritardato egli diventerebbe un grande uomo, e qualora aiutassimo un grande uomo, egli diventerebbe normale, o disadattato, o perfino “ritardato”.

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