Una comunicazione di Soggetto, via della Conoscenza (18)
Che cos’è l’ardore o che cos’è l’assenza di ardore nell’uomo comune e nell’uomo che è diventato non-mente? L’ardore è una spinta che nasce dal desiderio e dalla presunzione di poter
modificare, invece il non ardore è l’assenza di desiderio e di pulsione, ma né l’uno né l’altro appartengono all’uomo che è andato al di là della mente.
Ardore e volontà, cioè voler tutto modificare, tutto cambiare e tutto trasformare.
Nella vita di un uomo che è andato al di là della mente non c’è in alcun modo la possibilità di porre l’ardore come motore della propria azione, perché non c’è desiderio, perché non c’è motivazione, ma solo ciò che accade.
Ed allora l’ardore serve all’uomo in cammino verso la non-mente per fargli sentire che dentro di lui qualcosa urge, e la parola “urge” serve a voi per farvi capire che dentro di voi c’è ancora una motivazione, c’è ancora un desiderio, c’è ancora un agognare ad una meta o ad un risultato.
L’uomo, che è giunto alla non-mente, lascia che l’ardore, la volontà e la pretesa di modificare si seppelliscano nel proprio passato, ed anche la parola “passato” muore in lui, come anche la parola “futuro”, e resta solo ciò che accade.
Se muore il passato e muore il futuro, e se ciò che si mantiene è soltanto il presente, e nel presente soltanto ciò che accade, allora a che vi serve cambiare?
A nulla vi serve dire a voi stessi e agli altri: “Io posso modificarmi”, oppure “Il mondo deve trasformarsi”.
Ciò che è necessario è stare fissi lì, nel ciò che accade, e spaziare, senza mai spostarsi, dal ciò che accade, e non pretendere di modificare ciò che accade – e quindi il mondo – ma lasciare che ciò che accade plasmi e riplasmi la propria mente e faccia
sì che muoia per far apparire ciò che va oltre la non-mente.
Se uno sta fisso nel ciò che accade e accetta il ciò che accade, tutto ciò che fuoriesce dall’accadere non significa più nulla.
E a nulla vale allora affermare che il mondo deve essere sradicato dall’attuale sua malvagità, ma basta soltanto dire che mondo è ciò che è, poiché nel ciò che è viene colta l’essenza e non la superficie.
Se ci si ancora al ciò che è, non si colgono fatti dopo fatti o avvenimenti dopo avvenimenti, e non si coglie il succedersi e l’alternarsi dei sentimenti, delle emozioni e delle volontà diverse di singoli soggetti, ma si coglie l’essenza dei fatti, degli avvenimenti, dei sentimenti e delle volontà, anche se la propria mente continua a scappare dal ciò che è ed anche se nell’agognare già c’è una spinta che non appartiene alla non-mente, ma che tuttavia porta alla non-mente.
Se accade questo, allora non c’è più nulla da fare, solo non agire, pur agendo.
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