In un cammino interiore non puoi trasmettere il sentire: è il frutto del lungo processo esistenziale del conoscere-divenire consapevoli-comprendere.
Può capitarti di condividere un sentire, di vibrare all’unisono con un sentire di ampiezza prossima alla tua, questo può accadere.
Puoi trasmettere un sapere, una visione, un paradigma: gli strumenti per affrontare sè e la vita. Questo è possibile.
Puoi rendere testimonianza del compreso attraverso il tuo vivere, con tutte le limitazioni del caso perché nessuno è perfetto e il quotidiano mostra frequentemente l’asino in noi.
La cosa più compiuta che puoi offrire è la proposta di una direzione d’esistenza che diventa credibile come possibilità se è sostenuta dal tuo sentire, elaborata logicamente dalla tua mente, affettivamente compenetrata, praticamente coerente per quanto possibile.
Cos’è una direzione d’esistenza? Dove conducono le nostre esperienze, le nostre relazioni, i nostri successi e le nostre sconfitte? Provare a rispondere a queste domande significa trovare una direzione d’esistenza.
La persona che ha una direzione sa come trarre frutto da ogni accadere, di qualsiasi natura esso sia. Anche quando impatta con il dolore, sa come trattarlo e cosa imparare.
Di questa trasmissione si occupa una via interiore, o spirituale, attraverso il realizzarsi di due condizioni:
– che esista un sentire con la disposizione a donare;
– che esista un altro sentire con la disposizione a ricevere e a imparare.
Esistono alcune condizioni che devono permeare chi dona:
– la consapevole relatività del dono e del donare, dell’esperienza proposta, del paradigma offerto, della relazione in costruzione;
– la disponibilità ad imparare senza fine attraverso l’esperienza;
– la capacità di fare un passo indietro, di ritrarsi ogni volta che l’altro sperimenta, di non immischiarsi più di quanto permesso nella vita dell’altro.
Esistono altre condizioni che devono trovare spazio in chi riceve:
– la disponibilità a sperimentare nel tempo, concedendosi esperienze, verifiche, cadute e successi senza abbandonare alle prime difficoltà;
– la capacità di ricordare che tutto parla di sé e dei nodi esistenziali da sciogliere; tutto è lezione, possibilità: una parola, un gesto, un pensiero nostro o dell’altro ci riconducono a noi e ci svelano.
– lo sguardo acuto sui moti della propria egoità, sulla sua tendenza a ferirsi e al vittimismo, a sentirsi sminuita, ad avere necessità del riconoscimento;
– la coltivazione del disincanto che conduce a non costruire piedistalli, a non collocare colui-che-dona nella dimensione dell’ideale destinata alla rovina il giorno successivo.
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Grazie roberto, parole estremamente importanti