“Ci sono giorni in cui penso che sarebbe meglio se non ci fossero le religioni. La conoscenza e la pratica della religione sono state utili, questo è vero per tutte le fedi. Oggi però non bastano più, spesso portano al fanatismo e all’intolleranza e in nome della religione si sono fatte e si fanno guerre.
Nel 21° secolo abbiamo bisogno di una nuova etica che trascenda la religione. La nostra elementare spiritualità, la predisposizione verso l’amore, l’affetto e la gentilezza che tutti abbiamo dentro di noi a prescindere dalle nostre convinzioni sono molto più importanti della fede organizzata. A mio avviso, le persone possono fare a meno della religione, ma non possono stare senza i valori interiori e senza etica.” (Dalai Lama)
E’ questa del Dalai Lama un’opinione per tanti versi condivisibile ma che non mi convince: le parole sono state pronunciate dopo i fatti di Parigi, ma credo che appartengano comunque al suo pensiero.
Cos’è che non mi convince? Un dato elementare: esiste ciò che si avverte come necessario, ciò di cui si ha un bisogno conscio o inconscio, ciò che ancora ci interroga.
Esiste la religione perché esistono persone che alimentano quell’archetipo con la loro adesione.
Esiste la violenza perché esistono persone che esprimono aspetti del loro essere attraverso la violenza, non avendo ancora appreso e compreso un modo altro di esprimersi.
Esiste l’intolleranza religiosa perché esistono persone che hanno in sé il seme della intolleranza, ed essendo legate per mille ragioni diverse ad un archetipo religioso, portano in quell’ambito la loro intolleranza.
Lo stesso discorso vale per coloro che coniugano violenza e religione.
Nascono a causa della religione l’intolleranza e la violenza? Non diciamo sciocchezze, per favore.
La religione, la nazione, il clan , la famiglia, la squadra di calcio, il partito, l’azienda diventano i luoghi interiori ed esteriori in cui prende forma e si esprime il compreso e il non compreso di ciascuno di noi.
Tutto parla di noi. Ciò che esiste è il nostro specchio impietoso.
Quando il seme della violenza e della intolleranza in noi è morto, non c’è predicazione o propaganda che tenga, non ci coinvolge, né ci interessa.
Quando la nostra adesione a qualcosa muore? Quando abbiamo compreso ciò che era necessario comprendere e allora quello strumento che abbiamo usato non è più necessario, non ci conferisce più né possibilità, né nutrimento.
Di comprensione in comprensione ogni aspetto della vita umana tende per noi a svuotarsi e, mentre questo accade, nell’interiore si configura un’altra dimensione, un’altra sostanza del vivere: quella relativa all’essere, al sentire, alla coscienza e alla vita in essa.
Siamo destinati ad abbandonare tutto, ma non lasciamo qualcosa fino a quando non ha esaurito la sua funzione per noi: vale per le religioni, per le filosofie, per la politica, per le persone, per gli oggetti, per tutto ciò che incontriamo nel vivere essendo tutto strumento, simbolo, insegnamento.
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Mi persuade. Devo masticarlo un po’