Il mito della natura incondizionata

Un amica ci invia questo link relativo alla formazione dei nostri figli e all’educazione in genere.
Le tesi sostenute, comuni a tanto pensiero libertario, a mio parere non rispondono a molte domande.
Esiste una natura incondizionata dell’essere umano? Quella che determinate correnti spirituali chiamano il Sè corrisponde certamente a quella natura, ma l’umano, nel suo cammino incarnativo, con quali dimensioni ha a che fare?
Quale struttura antropologica ne governa la manifestazione?
Noi diciamo, seguendo l’insegnamento del Cerchio Firenze 77 e del Cerchio Ifior, che l’incarnazione umana è momento funzionale alla edificazione del corpo della coscienza: una coscienza genera una sequenza di molte decine di rappresentazioni/vite attraverso le quali acquisisce i dati/comprensioni e gli atomi di sentire che ne vanno a costituire il corpo.
Secondo questa visione, vivere è conoscere – divenire consapevoli – comprendere.
Il soggetto che comprende è la coscienza la quale, nella sostanza, non è altro che un corpo, il quarto di sette, costitutivo di quella complessità che genericamente chiamiamo essere umano.
Nella realtà antropologica esiste una individualità/coscienza permanente e non transitoria (quindi non soggetta al tempo/divenire) che genera un individuo/persona munito di tre corpi transitori, ovvero validi solo per ogni singola incarnazione: corpo mentale, corpo emotivo/astrale, corpo fisico.
Quando questa coscienza inizia il suo cammino umano ha pochissime comprensioni conseguite ed impara per prove ed errori. Di incarnazione in incarnazione quelle comprensioni aumentano in numero e in ampiezza fino a costituire, alla fine del ciclo delle nascite e delle morti, un insieme/corpo strutturato e adatto ai compiti futuri che lo attendono.
Dalla prima all’ultima incarnazione umana la coscienza impara, amplia le proprie comprensioni e il relativo sentire e diviene, progressivamente, strumento sempre più efficace di una volontà che la precede: da chi è infatti guidata una coscienza nel suo sperimentare ed apprendere?
Dai corpi che antropologicamente la precedono come sottigliezza vibratoria e come funzione e dalla vibrazione prima che dei corpi e delle loro funzioni tutto determina.
Se il ciclo delle incarnazioni umane è anche il ciclo della costituzione del corpo della coscienza, è evidente che questo non può essere la natura incondizionata dell’umano per la semplice ragione che è in divenire, è una casa in costruzione.
Quando il corpo della coscienza è costituito, e il cammino umano è terminato, quel corpo sarà, dei quattro rimanenti, il più denso, quello su cui appoggeranno i tre corpi spirituali superiori.
Va da sé che la vita, dopo la fine del ciclo delle nascite e delle morti, non comporta più le generazione di corpi transitori quali quello della mente, dell’emozione e quello fisico, e che lo sperimentare e il comprendere avverrà essenzialmente nei tre corpi spirituale con il fine, secondo logica, di generare nuove comprensioni di nuova natura relative alle possibilità e alla natura di quei corpi.
Quindi, pur avvenendo tutti questi ulteriori processi aldilà del tempo conosciuto dall’umano e in una condizione di non-divenire, comunque accadono processi legati alla comprensione della realtà, della realtà assoluta in particolare.
Detto in altri termini: il cammino incarnativo umano è stata la scuola primaria, poi ci sono gli altri gradi della formazione. A cosa tende tutto questo?
Allo svelamento e alla comprensione della natura dell’esistente, potremmo dire che il tutto non è altro che lo svelarsi alla consapevolezza della natura di dio, dell’assoluto.
Potremmo anche dire che esistono molti gradi della natura dell’umano e del sovra-umano e che questi sono tutti relativi, tutti parziali e imperfetti: la natura originaria e incondizionata, l’unica reale che non subisce trasformazione e che semplicemente è, è la natura di dio, origine di tutta la rappresentazione.
I gradi della rappresentazione, essendo appunto gradi, non possono contenere in sé l’unicità, la perfezione e quindi l’immutabilità che è esclusiva qualità dell’origine.
Allora, giunti a questo punto, qual’è la natura incondizionata dell’umano, di cosa parliamo?
Se per natura incondizionata intendiamo quell’esperienza che l’umano fa del vasto, dell’unitario, dell’essere, dell’amore allora dovremmo precisare che quella natura e condizione che viene sperimentata è incondizionata solo relativamente, perché deriva dall’esperienza di alcune condizioni esistenti nel corpo della coscienza e/o nei corpi spirituali.
L’umano finché è incarnato, fa sempre e comunque esperienza di un assoluto relativo, quindi di un non-assoluto: ne consegue che parlare di natura incondizionata è un non senso.

Se vivere è, per una coscienza, imparare, essa ha a disposizione tre veicoli e un ambiente per farlo: i tre corpi transitori e l’ambiente fisico, emotivo, cognitivo delle relazioni.
Una coscienza impara attraverso le relazioni perché in esse, e solo in esse e attraverso esse, si generano le esperienze.
Le esperienze vengono indotte e create da un’intenzione che attraversa i corpi spirituali, si articola nel corpo della coscienza, diviene rappresentazione attraverso i tre corpi incarnativi e l’ambiente nel quale sono inseriti.
I corpi transitori: mente, emozioni, fisico hanno una loro natura e struttura come pure loro processi di formazione e strutturazione.
La vibrazione prima guida la formazione dei corpi transitori:
– nel primo settennio si forma il corpo emotivo-astrale e avvengono le esperienze dell’ambito sensoriale;
– nel secondo settennio si dispiega l’esperienza della coscienza attraverso il corpo delle emozioni e vengono gettate le basi del corpo mentale;
– nel terzo settennio si dispiega l’esperienza della coscienza attraverso il corpo mentale e si consolidano gli allacciamento della coscienza con i suoi veicoli;
– dal ventunesimo anno di età circa, i corpi transitori sono costituiti e la coscienza può operare in pienezza disponendo delle facoltà dei suoi tre corpi d’esperienza.
Tutti questi processi sono governati dalle leggi inscritte nella vibrazione prima, dalla legge del karma, dalle esperienze in cui l’individualità e la persona sono coinvolte attraverso l’intricato mondo delle loro relazioni.
Esiste la necessità di una pedagogia e di una didattica? O possiamo abbandonarci ai processi naturali interferendo il meno possibile?
Ciascuno risponde secondo il proprio sentire.
Personalmente ritengo che molto può fare l’umano per facilitare il compito ai suoi fratelli e sorelle: attraverso gli strumenti che ha a disposizione, la mente, l’emozione, il corpo fisico, il mondo e le relazioni che in esso avvengono, può fornire strumenti di conoscenza, di consapevolezza, di comprensione.
Se osserviamo dieci bambini, vediamo dieci sentire di coscienza differenti, dieci menti, emozioni, corpi differenti: come gestiamo il bambino che tende a prevaricare? E quello che fa difficoltà a confidare nelle proprie capacità?
Credo che il nostro problema non stia nell’aver creato una filosofia, una pedagogia ed una didattica dell’educazione, ma nell’irrealtà di queste: usiamo strumenti non adeguati alla realtà delle individualità e delle loro incarnazioni.
Credo anche che il problema non si risolva appellandosi a radicalismi privi di una visione antropologica e spirituale, ma ampliando la nostra comprensione dell’essere umano e del suo cammino.
Infine, nella loro transitorietà, la coscienza ha a disposizione corpi straordinari: può una corretta formazione del bambino, dell’adolescente e dell’adulto portare a splendore gli attributi della mente, dell’emozione, del corpo, fatti salvi i limiti che essi hanno perché funzionali ai percorsi esistenziali degli individui?
Se, in una incarnazione, un corpo mentale viene affinato nella sua dimensione concreta e in quella astratta; se, attraverso la matematica, la geometria, la poesia, la manipolazione, la relazione corporea, il movimento e l’orientamento esso viene messo in condizione di esplicitare la sua potenzialità, qualunque essa sia, limitata in vario grado, non sono forse stati deposti dei semi che porteranno ad espressione l’intimo valore di quella persona e che varranno per tutte le vite a venire e che comunque andranno a costituire il capitale di comprensioni di una coscienza valido e permanente aldilà del tempo?
Se questo vale anche per la formazione e l’educazione di un corpo delle emozioni e delle sensazioni, e non può non valere, allora non andiamo forse creando un sistema che mette a disposizione delle individualità e degli individui possibilità concrete, strumenti, attrezzi, percorsi che agiscono in loro come lievito nella massa?
Finisco dicendo una cosa semplice: la scuola, la formazione come sono oggi in troppe realtà del nostro paese, non in tutte, generano molta frustrazione e tanti danni, ma questo non significa che non si possa e non si debba seriamente rimboccarsi le maniche per avviare riforme radicali del sistema e della filosofia della formazione, partendo dal capitale di conoscenze e di esperienze già a disposizione, ad esempio dall’immenso contributo dato da Rudolf Steiner e dalle scuole che al suo insegnamento si ispirano. O dall’elaborazione, dalla pedagogia e dalla didattica straordinarie prodotte dal Movimento di cooperazione educativa italiano nella seconda metà del secolo scorso.
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1 commento su “Il mito della natura incondizionata”

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