Ogni fatto che accade nella relazione è interpretato dalle identità coinvolte e ognuna di esse legge i fatti alla luce delle proprie aspettative, del proprio personale apparato giudicante, delle comprensioni conseguite e da conseguire.
Questa lettura irrimediabilmente soggettiva dei fatti è all’origine di ogni conflitto e di ogni difficoltà nelle relazioni.
Partendo dal presupposto che il film che proiettiamo e percepiamo è comunque soggettivo fino alla fine dei nostri giorni umani, possiamo cercare di mitigare questa soggettività con l’intento di ridurre l’incomprensione che accompagna senza sosta le nostre relazioni.
La consapevolezza della relatività del nostro punto di vista, è il primo passo.
La consapevolezza che l’altro non vede i fatti come noi, ma li filtra attraverso il suo apparato di aspettativa/giudizio, è il secondo passo.
La disponibilità a piegarsi di fronte alla irriducibilità delle visioni personali, sapendo che se ciascuno continuerà a rimanere nell’ambito della propria lettura, la frattura sarà insanabile.
La disponibilità a vedere il proprio eccesso e la riduttività del proprio racconto finalizzata alla necessità di preservare la propria integrità identitaria, è un ulteriore passo in avanti.
Il tentativo di guardare come guarda l’altro, operazione ardua e sicuramente impossibile ma che può avvicinare al suo punto di vista.
L’abbandono del proprio punto di vista come fatto prodotto dalla propria identità, per ascoltare ed osservare con gli strumenti del sentire e non con quelli dell’identità: questo è il passo terminale che forse non produce una sintesi ma di certo ci pacifica.
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All’inizio del mio percorso mi aiutava molto l’immagine del mio “dito accusatore” che, anche se con un certo sforzo, non veniva rivolto verso l’altro, come in automatico è facile fare. Roberto dice: “La disponibilità a piegarsi di fronte alla irriducibilità delle visioni personali, sapendo che se ciascuno continuerà a rimanere nell’ambito della propria lettura, la frattura sarà insanabile”, questo credo sia il punto centrale per cui molte relazioni cadono, di fatto in realtà non ci sono mai state.
E’ così; se non si avessero queste convinzioni molte esperienze farebbero davvero troppo male e alzerebbero muri di incomprensione. Ciò non toglie, tuttavia, che alcuni fatti possano ancora toccare la nostra identità e produrre ferite; come tali li accogliamo e cerchiamo un po’ alla volta di vederli per quello che sono, solo accadimenti appunto e cerchiamo di vederli con un tasso di neutralità..