Caterina ha scelto di non mandare a scuola i suoi tre figli: ha scelto di seguirli lei, di lasciare che imparassero ad imparare, ha scelto che la vita innanzitutto fosse la loro maestra. Di seguito due sue riflessioni.
[…] Il senso pedagogico non é il buon senso né tanto meno il senso comune, ma é qualcosa di simile all’orecchio musicale che distingue, discrimina, coglie sfumature, e come l’ orecchio musicale va continuamente affinato.
In linea di principio tutto è e può essere strumento didattico, conservando la capacità di ascolto del bambino e di riflessione lungo il quale lo accompagniamo. Ogni bambino e ogni educatore ha il suo percorso da fare, da cercare, da inventare. Bisogna conservare la capacità di interrogarsi senza considerare nulla ovvio e scontato.
Il primo compito dell’educatore é quello di educare se stesso: in una relazione educativa, o tutte le persone coinvolte sono consapevolmente in formazione, o non lo è nessuno. I bambini nella loro essenza sono studenti naturali, con un’innata voglia di imparare e sperimentare. Ognuno con i suoi tempi.
Con programmi preordinati ed uguali per tutti, spesso i bambini perdono l’interesse, e altri l’autostima, semplicemente perché non sono ancora pronti per assorbire quella nuova conoscenza.
Il bambino ha una disposizione istintiva al saper apprendere ciò che gli necessita: accompagnato da una guida attenta, preserva la motivazione e l’interesse.
Essere chiusi in un edificio, confinati in una classe di ragazzi della stessa età, dove bisogna star seduti per la maggior parte del tempo, non sembra la scena ideale per l’apprendimento e la socializzazione.
Probabilmente, l’apprendimento per essere efficace deve essere libero, dinamico e mosso dall’interesse personale.
C’è la convinzione che un bambino rispettato nella sua libertà di scelta non si metterebbe mai a studiare.
Forzare i ragazzi a studiare qualcosa che non vogliono imparare, inducendoli ad accumulare nozioni per passare attraverso interrogazioni e verifiche, per poi vederli perdere quasi tutto, non sembra il miglior modo di imparare.
L’apprendimento é un fatto naturale della vita, un percorso spontaneo con proprie leggi che risiedono nel bambino stesso.
Imparare a imparare, saper gestire le informazioni da cui siamo bombardati, assimilando strumenti che rendano piano piano il bambino autonomo nell’apprendimento, lasciargli il diritto di muoversi ed esplorare ambienti e relazioni per conquistare anche le abilità affettive a lui necessarie.
Spesso l’ apprendimento viene inteso come imparare a dare le risposte giuste, ma forse é l’attitudine a fare e a farsi delle domande!
Chi non si trova nello schema “imparare tutti la stessa cosa negli stessi tempi” solitamente diventa un problema da risolvere.
Realmente tutto ciò che è fuori dalla scuola e che non si trova su un libro non é vero apprendimento? I ragazzi cominciano a crederci e così nella loro mente va creandosi questo divario: dentro la scuola mi insegnano (devo imparare e spesso non provo piacere a farlo) e fuori faccio quello che mi pare perché non lo collego con l’apprendimento che non mi piace più e che non credo di poter fare da solo. Imparare liberamente fa cadere questo muro fra scuola e vita.
Stare con i miei figli non é pesante e io non sono wonder woman. Non é pesante rispetto ad un insegnante che sta 6/8 ore con 20/30 bambini per 40 anni (e non capisco come fa a non diventare pazzo!).
Non é pesante perché siamo tutti sempre indaffarati ognuno nelle cose che gli interessano e competono.
Non é pesante perché non ho bisogno di dirgli sempre cosa devono fare e come lo devono fare.
Non è pesante perché sono rispettate le ore di sonno, di cibo sano gustato con calma, di pause necessarie e così abbiamo risolto i nervosismi e le stanchezze dei ritmi troppo serrati.
Non è pesante perché una volta dati gli strumenti di base, io sono diventata solo il tramite tra loro e le informazioni necessarie ai loro studi, interessi e curiosità; sono io che guido la macchina e li porto a vedere un museo, un film, un concerto; in biblioteca, a fare sport o da un insegnante con competenze specifiche.
E stare con loro è un vero piacere.
Non é pesante perché qui da noi c’è tanto spazio e passano molte persone, le relazioni sono tante di vari gradi e molto ricche. Io non sono l’unico riferimento e neanche l’unico interesse.
Lasciarli liberi di scegliere non mi sembra sia lasciarli alla loro natura incondizionata.
Io non sono brava ma, nella società, probabilmente c’è una sorta di pigrizia che vuole che le cose siano più semplici per tutti e allora si delega. C’è anche il grosso disagio di vedere fra i ragazzi aumentato il bullismo, il linguaggio volgare, la competitività esagerata, gli status basati solo sul possesso di beni materiali, lo scarso interesse per le cose.
Non andare a scuola non é stare sotto una campana di vetro. Prima dovevamo difendere i bambini dalle belve feroci ed era lecito.
Ora che la belva più feroce é la zanzara, il mio istinto di madre si scatena contro una belva che é più belva del leone : Il verifichicio.
Almeno una verifica a settimana. Ogni quadrimestre, per ogni materia devono avere almeno due voti, meglio tre. Le materie sono dieci circa. Tre per dieci fa trenta. I mesi del quadrimestre sono 4 quindi le settimane sono sedici. Trenta diviso sedici fa circa due verifiche a settimana.
Quello non é studio, é allenamento ai test! E se uno volesse studiare davvero, in pace, a lungo, un solo argomento, andare giù profondo in verticale, per giorni, mesi, anni? La scuola a questo non allena.
E poi come genitori controllori abbiamo la sindrome dell’onnipotenza! Perché se mio figlio in un occasione é maleducato, devo sempre sentirmi chiamata in causa? Io sono un esempio, ma mio figlio non é me e ha il diritto di sperimentare una reazione degli altri alla sua maleducazione!!
Quanto controllo! I ragazzi non possono più sperimentare nulla: una bella sberla da uno più grosso che non ho rispettato, ginocchia sbucciate senza tiritere di ore sulle infezioni..
Quante volte bisogna stare zitti e guardare senza rompere i coglioni! Non controllare sempre, non é lasciarli alla loro natura incondizionata.
É lasciare che la vita li attraversi, per non arrivare come me a 43 anni e dover lavorare ancora sui fondamentali..
GRAZIE Caterina!
….vorrei avere il coraggio e la forza di essere come te e invece mi rendo conto che troppo spesso, anche se sò di SBAGLIARE, me la prendo con i miei figli quando non riescono a stare nei “canoni” degli apprendimenti della scuola… è successo anche oggi pomeriggio perchè non sono riusciti a finire i compiti nei tempi che mi ha indicato la maestra….eh, si, perchè i miei figli ci mettono troppo tempo per svolgere i compiti e spesso nelle verifiche non riescono a raggiungere la sufficienza perchè sono lenti e non le terminano….la piccola è in seconda elementare e il “grande” in terza elementare….ne vogliamo parlare???!!!
Sò che forse dovrei prendermela con chi pretende da loro tempi veloci e conoscenze alle quali ancora non sono pronti ma il condizionamento della società ancora per me è abbastanza forte….una lotta ogni giorno…una frustrazione che sta diventando insopportabile e con la quale è giunto il momento di fare i conti sul serio….per me, ma soprattutto per i miei figli ai quali sto davvero limitando la libertà di essere come sono….GRAZIE ancora Caterina per le tue parole!!!
Caspita…come genitore,si insinua qualche senso di colpa…
Ho assisistito recentemente ad una presentazione di una scuola inglese, “Summerhill”,che ribadiva gli stessi concetti di Caterina. Quanti più semi di felicità sarebbero piantati nei nostri ragazzi in una scuola del genere che lascia liberi i bimbi di orientarsi e non coltiva “talenti”! Grazie Caterina
Mi inchino veramente anche di fronte a questa profonda e ricca testimonianza. Mi sa che Caterina, i fondamentali ce li hai belli tosti, altro che! Grazie