Chiede Sandra nel commento al post Il coraggio di creare e la ricerca di senso: Il de-condizionamento non è il liberarsi da qualcosa di esterno, è il frutto del superamento di una limitazione nel sentire ma, nel quotidiano, all’umano può apparire come un liberarsi da condizionamenti esterni e interni?
All’umano tutto appare come un liberarsi dai lacci, o come un legarvisi ma, in realtà, la cosa è più complessa.
Ogni processo che viviamo è processo di comprensione, o di verifica di una comprensione e ogni fatto che a noi sembra tanto casuale, è sempre inserito in un processo: tutti i fatti parlano dunque di comprensioni in atto o in divenire.
Il nostro essere legati ad un condizionamento parla di una non comprensione con la quale ci stiamo misurando, e ogni liberazione da un condizionamento narra di una comprensione avvenuta in grado più o meno permanente. Va ricordato che una comprensione è data per acquisita dalla coscienza dopo che ha superato alcune, ripetute, verifiche.
Quando un umano pensa al condizionamento lo vede nella propria sfera psichica, identitaria, o lo attribuisce all’altro da sé, o all’ambiente: ciò che gli sfugge è che anche quando il condizionamento ha origine in una o più di queste dimensioni, sempre compare come simbolo ad indicare un non compreso suo personale.
Voglio dire che il condizionamento della famiglia di origine è, ad esempio, un contributo indispensabile affinché la coscienza possa affrontare sue personali non comprensioni. Così come nella coppia lo è il condizionamento che il partner introduce, o che la presenza dei figli porta in rilievo.
Allo stesso modo il condizionamento sul lavoro parla di noi, del nostro sentire e dell’articolazione di questo che l’identità opera e ci induce ad affrontare quelle aree del nostro essere che lo richiedono.
Il condizionamento della paura che in questo periodo riguarda tante persone, parla di loro e delle non comprensioni che debbono affrontare: possono attribuire la causa della loro paura agli immigrati, alla mancanza di lavoro, al terrorismo ma in realtà stanno proiettando fuori di loro ciò che con se stessi non hanno risolto e che produce l’esperienza della paura.
Il condizionamento viene sempre dal non compreso, anche quando sorge dall’adesione ad un archetipo.
Un archetipo ci conferisce un orizzonte e, nello stesso tempo, ci inquadra e ci condiziona. Guardate agli archetipi religiosi: offrono la prospettiva della libertà interiore e imbrigliano il cammino dentro mille regole e innumerevoli condizionamenti.
Quella religione con le sue regole e i suoi condizionamenti avrà la nostra adesione finché corrisponderà al nostro sentire: quando in noi le comprensioni si amplieranno, essa perderà la sua funzione per noi e potremo allora liberarci dei molti lacci con cui ci eravamo legati. Non con cui ci aveva legati, ma con cui ci eravamo legati.
Nessuno ci obbliga ad aderire ad un archetipo e nessuno ci costringe a rimanervi allacciati: sono le non comprensioni che lì ci confinano fino a quando le esperienze non hanno prodotto un ampliamento nel sentire.
E’ evidente quindi che i condizionamenti hanno una loro funzione insostituibile: ci permettono di fare le esperienze che ci servono per ampliare il sentire e, superata una non comprensione, iniziare a lavorare su di un’altra.
Anche per me è chiaro.Grazie.
E’ tutto molto chiaro. Grazie!