Quando l’operaio della via si alza il mattino, non ha bisogno che qualcuno gli ricordi l’opera che l’attende: sa che le ore che ha davanti gli presenteranno ciò di cui abbisogna per conoscere, divenire consapevole, comprendere.
E sa che tutto il necessario a lui verrà portato dalla presenza dell’altro: la persona con cui vive, i figli, i colleghi di lavoro, i genitori, gli amici.
L’operaio della via, quando si alza, non pensa già alla sera, quando il suo turno sarà finito e potrà riposarsi; non pensa a domani, non vede domani nel suo orizzonte perché sa, ha compreso, che tutta la realtà è rappresentazione e le basi della rappresentazione di domani si gettano nella presenza di oggi.
L’operaio non ha nemmeno un passato: sa che gli eventuali errori commessi sono ascrivibili a limiti di comprensione che oggi ha la possibilità di affinare e, magari, condurre a completamento.
L’operaio della via affronta la giornata senza illusione negli occhi e nel cuore: conosce il suo limite e quello altrui, sa che ciascuno ha la fatica a sé necessaria.
L’operaio della via interiore e spirituale, se ha già della strada alle spalle, conosce la fiducia e la compassione, guarda al giorno con la mente calma e l’emozione quieta, sa che nulla nelle ore che lo attendono sarà contro di lui; sa che la vita è compassionevole e carica sulle spalle di ciascuno il peso appropriato.
Nel tempo, l’operaio ha imparato a costruire un ritmo nella sua giornata: al mattina si alza prima e si ferma in meditazione; alla pausa pranzo non passa il tempo solo a discutere, ma trova un tempo per sé, la propria solitudine e il proprio silenzio interiore. La sera non ha fretta di tornare a casa, ha imparato a far diventare quel tempo di ritorno un tempo di stare, di ascolto, di osservazione, di neutralità in cui i processi della giornata appena trascorsa possano sedimentare ed affluire come dati alla coscienza.
Quando l’operaio torna a casa e trova le persone amate, sa chiedere ed ascoltare, raccontare, tacere e darsi tempo di assaporare la vita delle persone che pulsa attorno e dentro lui.
Quando infine l’operaio va a dormire, un moto di gratitudine lo avvolge e il sonno che lo attende può anche divenire l’ultimo sonno, per lui non fa differenza.
mi sento di scrivere “work in progress” e un GRAZIE.
L’inzio e la fine mi trovano presente….è tutto ciò che sta nel mezzo che ancora ha bisogno di essere affinato! Ma nessun senso di colpa, solo stimoli ad affinare il mio procedere. Verrà il tempo in cui saprò sempre di più riconoscere ed onorare come miei maestri coloro che mi sono accanto e magari dare un ritmo alle mie giornate…o forse il ritmo c’è già ma non lo colgo, e solo per questo, se ho ben compreso, significa che qualcosa di più mi è possibile fare. Grazie
Questo post sembra poesia. Si lavora ancora per essere quell’operaio lì descritto.
Grazie.