Atteggiamento meditativo, disposizione contemplativa, azione

– Atteggiamento meditativo: la disconnessione da ogni identificazione attraverso il ritorno a zero attuato con un impulso volitivo.
– Disposizione contemplativa: la risultante di una vasto complesso di comprensioni unite al frutto della disconnessione e del superamento organico dell’identificazione; non comporta impegno volitivo. La disposizione contemplativa attraversa l’essere vuoto di soggetto.
Azione: l’attitudine al fare, all’operare, al controllare e al modificare la realtà.

L’atteggiamento meditativo genera l’azione qualificata e consapevole impregnata in vario grado dall’esperienza della presenza.
Questa è la ragione per cui ogni attività umana trae beneficio dalla pratica meditativa che, nel tempo, diviene atteggiamento meditativo, costume pratico e ordinario del quotidiano.
La disposizione contemplativa, invece, in quale relazione si pone con l’agire? Qui la questione si fa molto più complessa in virtù delle comprensioni che permettono, generano e sostengono la disposizione stessa.
Diversamente dall’atteggiamento meditativo che è una pratica, la disposizione contemplativa è una condizione d’essere.
Nel contemplativo tutto è cambiato:
– la visione di sé e del mondo;
– il rapporto con la giustizia e l’ingiustizia, con il bene e il male;
– il modo di concepire la personalità, l’individualità, la separazione e l’unità.
Il contemplativo non attua una pratica, dicevamo, è permeato da una comprensione, da una consapevolezza ed è sospinto a vivere, non vive per moto proprio.
Fatto salvo che nessuno vive per moto proprio perché sempre la vita è dono, il meditante può sentirsi artefice della propria vita, il contemplativo no, perché essa lo attraversa: è la vita che vive in lui, non lui che vive la vita.
Nella disposizione contemplativa, quando la contemplazione agisce come forza autonoma, il soggetto è ai margini, non rilevante; questo significa che il contemplativo è portato nella vita, sorretto, sostenuto e condotto ed afferma una bassa attività discriminatoria ed un esercizio del libero arbitrio molto relativo.
Vivendo la vita in lui, per potersi essa esprimere creativamente e pienamente, ha bisogno che il soggetto sia al margine: ogni protagonismo vela la centralità della vita ed azzera la disposizione contemplativa.
Cosa significa che la vita vive in lui? Significa che esso è guidato dalla coscienza, dal sentire – per altri dallo Spirito – e non dalla identità, soggettività, ego od io.
Può un complesso di corpi ampiamente affidato alla coscienza, immerso nel suo sentire – e che ad esso senza sosta ritorna* – operare nel mondo secondo i canoni di questo?
Non credo. Non voglio dire no, perché troppo limitata è la mia conoscenza delle esperienze altrui e da troppo tempo l’immersione in questa condizione mi ha fatto perdere la cognizione di cosa sia l’azione nel mondo, sebbene io ne abbia ancora memoria.
Ho usato l’espressione “un complesso di corpi”, questa appare la propria condizione umana agli occhi di chi non si percepisce più come soggetto: il sentire si esprime attraverso veicoli e plasma realtà che non obbediscono alle logiche delle menti, ma esclusivamente a logiche esistenziali relative a comprensioni acquisite e ad altre da acquisire, a condizioni di unità sperimentate e ad altre in divenire.
La disposizione contemplativa, l’esperienza di essa, anticipa la fine dell’esperienza umana che ha senso quando esiste un soggetto e quando questo si può misurare con l’azione, con il controllo, con il cambiamento e la sua necessità: ma quando il soggetto si fa impalpabile e la necessità di controllo scompare e il cambiamento non è più affare nostro, allora forse quella rappresentazione che chiamiamo vita, il mondo, non ha più molto senso e l’esperienza interiore che il contemplativo vive ne prefigura il superamento e la fine.

* “Ad esso senza sosta ritorna”: si intende con questa espressione ricordare che nessuna condizione nell’umano è una linea continua ed uniforme, ma tutto è soggetto ad un ritmo. La condizione contemplativa giunge e scompare e torna senza che la si possa imbrigliare volitivamente.


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