Fare da specchio. Dizionario del Cerchio Ifior
Sappiamo che, quando siamo immersi nella materia fisica, abbiamo una vita di relazione con le altre persone che ci sono attorno; questo porta a constatare che quello che viviamo serve a noi ma serve anche alle altre persone, non siamo mai chiusi soltanto in noi stessi.
Questa constatazione, però, potrebbe trarre in inganno l’osservatore che osserva la propria vita perché certamente noi diamo qualcosa all’altro e certamente l’altro dà anche qualcosa a noi, però noi dell’altro non riusciamo che raramente a vedere la sua realtà, la sua verità, ma vediamo normalmente nell’altro «quello che vogliamo vedere».
Per esempio: quante volte incontrate una coppia di innamorati e, osservate: «Ma come fa quella persona ad essersi innamorata di quell’altro così brutto?!». Ora, come può accadere davvero una cosa del genere? Spesso, vi è anche attrazione fisica tra queste due persone! E, se vi è questa attrazione fisica, come è possibile che delle persone fisicamente accettabili possano innamorarsi di una persona non attraente fisicamente? A volte ciò accade perché si riesce a vedere la bellezza interiore dell’altro, ma la maggior parte delle volte, invece, accade che in realtà una delle persone proietta sull’altro quello che vuol vedere e vede solo quello che vuol vedere; proietta, cioè, sull’altra persona i propri bisogni e i propri desideri; ed ecco che l’altra persona, quindi, diventa uno specchio di quello che egli è.
Questa è una bellissima possibilità che ci viene offerta perché se non si riesce ad osservare se stessi e a comprendersi e ci si rivolge all’esterno, si avrà comunque il modo per arrivare al «conosci te stesso»dal momento che, anche se non si guarda se stessi direttamente, osservando gli altri e cercando di capire gli altri – quelli che ci stanno accanto – si finisce per acquisire elementi su se stessi, dato che ciò che si vede nell’altro, e che magari si critica, è qualche cosa che ci colpisce perché risuona in noi, è qualcosa che si può riconoscere anche in noi e quindi è una proiezione nostra, ci appartiene. Molte volte, in persone che ci stanno accanto riconosciamo soltanto certi difetti e non altri; sembriamo ciechi ai difetti anche grossolani che magari quella persona possiede, eppure proprio non li vediamo; non è che facciamo in modo da non vederli: proprio non li vediamo perché vi sono altri aspetti che ci colpiscono di più – in quanto ci ricordano qualcosa di noi stessi – che attirano la nostra attenzione, per cui quegli altri aspetti non li osserviamo neppure.
Questo significa che ogni individuo incarnato può risalire a delle cose di se stesso vedendo quali sono le sue proiezioni sulle altre persone.
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima, pag. 128-129, Edizione privata