Felicità e infelicità. Dizionario del Cerchio Ifior
Riuscire a definire la felicità (o l’infelicità) non è una cosa facile… questo accade perché sono condizioni strettamente collegate a stati dell’Io e, essendo i bisogni dell’Io estremamente variabili da persona a persona ecco che anche il sentirsi felici o infelici è difficilmente uguale per persone diverse.
Ci è stato insegnato che la condizione ideale per tutto ciò che esiste è la condizione di equilibrio, condizione a cui tende tutto il Creato, dal microcosmo al macrocosmo, dall’essere umano all’universo intero: per avere un’idea di questo concetto di equilibrio basti pensare al sistema solare nel quale diversi corpi di diverse grandezze che si muovono a diverse velocità intorno al sole devono la loro stabilità all’equilibrio che si è formato fra le varie forze che tengono uniti il sole, i pianeti e i satelliti che partecipano all’esistenza stabile dell’intero sistema solare.
Ciò che l’uomo incarnato definisce «felicità» o «infelicità» non è, invece una situazione di equilibrio, bensì di squilibrio, come si può notare osservando con quanta facilità la felicità o l’infelicità tendono a sparire col mutare delle condizioni interiori alle quali sono legate.
L’uomo veramente felice, ci ricordano le Guide, è quello che si sente in equilibrio con l’intera realtà a cui appartiene e, di conseguenza, può essere soltanto quello che ha ormai quasi finito l’evoluzione della propria coscienza e il raggiungimento del pieno sentire.
Messaggio esemplificativo
Fratello, fratello mio, questa volta mi rivolgo a te non per portare una mia solita lamentosa preghiera ma per dirti che sono felice. Già, io, Federico, oggi sono felice ma non riesco a comprendere la ragione di questa felicità. Infatti non vi è nulla di diverso, non è accaduto nulla che possa avere alimentato questo stato che mi fa sentire così felice. Immagino che la felicità possa essere definita come una condizione interiore che ti accompagna nel quotidiano, nelle azioni più comuni le quali magari, in altri momenti, venivano fatte in malo modo mentre, quando uno si sente felice, vengono fatte con gioia. Ecco, questo mi dà un po’ da pensare e ti chiedo, sicuro della tua infinita pazienza, di cercare di spiegarmi che cos’è questa felicità che oggi mi fa sentire così radioso, mi fa vedere tutto così bello, tutto così allegro. Grazie, fratello, grazie per le parole che saprai dirmi. Federico
Un momento, un momento, non rispondete, perché, a questo punto, siamo tutti in coda all’amico Federico per fare anche noi delle domande, che poi portano tutte alla stessa domanda, alla fin fine: cos’è la felicità?
Eh sì, perché tutti noi abbiamo cercato la felicità: in fondo, cercare la felicità sembra un po’ l’obiettivo di tutta l’esistenza, della vita di ognuno di noi. Io, per esempio, ho cercato la felicità nel tentativo di essere libera e per questo non mi legavo con nessuno, non mi lasciavo comandare da nessuno, ero sempre ribelle, prepotente, qualche volta maliziosetta, un po’ ladruncola; tutto per mantenere questa libertà che vedevo come un miraggio davanti a me. Però poi, alla fin fine, continuavo a cercare la felicità, quindi vuol dire che quello che io pensavo potesse darmela non me la dava; e allora anch’io, come Federico, non posso far altro che chiedere: cos’è poi, in fondo, la felicità? Zifed
Io ho pensato che la felicità potesse derivare dall’appagamento della mente, e così, nel corso della mia vita ho fatto in modo da dare continuamente cibo alla mia mente, che desiderava trovare questa condizione che anelava ma che, tuttavia, non le apparteneva. Ma, malgrado avessi la possibilità di poter in continuazione fornire nuovi elementi alla mia analisi, alla mia ricerca di comprensione, allorché sono morto sono morto infelice. Allora, fratelli miei, cos’è… cos’è la felicità? Andrea
Dal canto mio ho cercato la felicità in molte direzioni e, per un lungo periodo di tempo, ho pensato che la felicità fosse legata principalmente ai rapporti d’amore con le altre persone… anche se all’epoca, forse, la mia concezione di «rapporto d’amore» era alquanto esageratamente frammista alla sessualità. Ecco così che molte persone io ho amato, sperando sempre che l’ultimo amore fosse l’amore finale, quell’amore che finalmente mi avrebbe reso felice; ma non felice per l’accettazione da parte del mondo intorno a me, non felice perché i miei comportamenti magari mi mettevano sulla bocca di tutti (chi mi ammirava, chi mi odiava) ma felice perché amavo ed ero amato. Ma forse, ahimè, non era veramente amore il mio, o forse quello che io pensavo fosse amore non dà la felicità. E allora vi chiedo, fratelli, come cercare, come alimentare, come trovare, come afferrare tra le dita la felicità senza che essa sfugga? Billy
Io ho cercato la felicità… sempre, praticamente sempre! Ma la cercavo così come una stupida come in realtà ero, alla fin fine, perché dicevo «Voglio essere felice» ma non sapevo cosa intendevo dire con «essere felice»! Io sapevo che dovevo vivere, dovevo fare, dovevo agire, sì, cercare di essere allegra, divertirmi, contattare altre persone, gioire magari per un bel quadro, per un bel disegno, quel qualcosa di culturale, di artistico… ma non c’era niente di particolare per cui io potessi dire: «Ecco, quello mi potrebbe dare la felicità», e così io sono morta senza essere felice.
Io mi chiedo: come è possibile morire felici e cercare la felicità se non si sa che cos’è la felicità? Sembra un grande tormentone che continua a girare per tutte le vite che stiamo facendo, una dopo l’altra, una dopo l’altra senza trovare una soluzione e poi, magari, immagino che la soluzione sarà lì, semplicissima, facilissima; però, miei cari amici, ditemela… perché io proprio continuo a non vederla! Ah, ho certamente ancora tante vite davanti! Margeri
Maremma! … Io la felicità la trovavo nel bicchiere di vino bono, magari la mi’ moglie voleva mica che bevessi tanto.. eh, però quel bicchier di vino ‘bono, fresco di cantina, mi faceva capire che anche la maremma non era mica tanto male, eh! Anonimo
E voi, voi figli, tutti voi figli che ricercate la felicità, e vi disperate, e soffrite, e molte volte sciupate le cose belle che vi capitano e delle quali non sapete far tesoro dentro di voi perché non vi accontentate di ciò che avete…
Facile, figli, sarebbe dirvi che per essere felici basta essere contenti di ciò che si ha, ma non può essere così; non può essere così semplice la risposta, in quanto fa proprio parte della necessità evolutiva dell’individuo il non essere quasi mai contento di ciò che possiede o, quanto meno, il limitare la sua contentezza a un breve periodo per volgersi, poi, ad altre nuove mete, altri nuovi traguardi che gli fanno sembrare l’appagamento avuto fino a poco tempo prima soltanto un punto di passaggio, ormai superato e non più appagante. Moti
Questo, creature, finisce col diventare una sorta di ricerca, senza fine apparente, verso qualcosa che appare chimerico, difficile da trattenere, qualche cosa che però fornisce, indubbiamente, una spinta all’individuo in quanto anche la semplice ricerca della felicità induce l’individuo a porsi domande, a muoversi, ad agire, a interagire con gli altri e, quindi, a fare esperienza, accumulare comprensione e via e via e via muovendosi sulla scena dell’evoluzione fino ad arrivare all’abbandono della reincarnazione.
La risposta, apparentemente lontana, è invece talmente semplice che, come tutte le cose semplici e immediate, sfugge all’attenzione di chi osserva. Il fatto è che – ironia della sorte, ironia del Grande Disegno! – colui che è veramente felice non se ne accorge! L’individuo veramente felice è colui che riesce a esprimere se stesso nel suo ambiente, è colui che riesce a manifestare la sua interiorità in modo fluido, senza intoppi, senza blocchi interiori emotivi e di energia, è colui, insomma, che riesce veramente a essere se stesso; anche se, magari, per poter convivere con gli altri individui, fa sì da mettersi consapevolmente (è questa la differenza dal mascherarsi dell’Io) delle maschere per poter appartenere al mondo fisico in cui egli vive.
La felicità quindi, creature, non sta nel possedere ricchezze, non sta nell’aver un bel corpo fisico, non sta nell’avere tanti amori, non sta nell’avere tanti tesori, non sta in nulla di ciò che voi osservate intorno a voi e sul quale, malgrado questo, voi proiettate la vostra ricerca di felicità. In realtà, la felicità la potete trovare soltanto dentro di voi e, allorché la troverete, allorché vi apparterrà in quanto voi finalmente avrete un punto evolutivo tale per cui riuscirete a far fluire spontaneamente e con continuità voi stessi, non vi accorgerete di questa felicità perché essa sarà una condizione permanente, spontanea e semplice. Scifo
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima, pagg.129-133. Edizione privata