Osservazione di se stessi. Dizionario del Cerchio Ifior
La base dell’insegnamento etico-morale delle Guide è, senza ombra di dubbio, il «conosci te stesso». E non può essere altrimenti dal momento che soltanto arrivando a conoscere veramente se stessi si può giungere alla comprensione e, di conseguenza, alla fine della necessità di incarnarsi ancora sul piano fisico.
Per attuare la conoscenza di se stessi da parte dell’uomo incarnato si rende necessario porre attenzione su se stessi, sulle proprie spinte e sulle proprie reazioni, cioè «osservare se stessi».
Senza una vera osservazione di se stessi, il più possibile sincera e obiettiva, la strada verso la comprensione, pur non interrompendosi mai comunque, diventa più faticosa e irta di ostacoli.
Messaggio esemplificativo (1)
Quando, figli e fratelli, voi osservate ciò che vi succede nel corso delle vostre vite, i fatti e gli avvenimenti che vivete, lo fate sempre con una prospettiva errata: infatti, vi chiedete quali sono le cause di ciò che vi accade; magari, per chi segue l’insegnamento, vi chiedete da quale vita proviene ciò che vi sta accadendo nel momento attuale; o perché proprio quella cosa e non un’altra: insomma, vi fermate ad analizzare il fatto in se stesso e non i riflessi che il fatto ha su di voi. Rodolfo
È questo dunque, figli, il modo in cui dovete analizzare ciò che l’esistenza porta alla vostra attenzione. Non ha importanza se ciò che vi capita è dovuto ad una vita precedente (e questo ve lo abbiamo sempre detto, nel corso degli anni), non ha importanza se quella cosa od un’altra capita, ma ha importanza estrema, invece, osservare il riflesso che essa ha su di voi.
Pensate un attimo, figli nostri, che so io: ad un vostro moto di ribellione. Quello che è importante non è la cosa che vi suscita ribellione, ve ne potrebbero essere altre cento che suscitano la stessa reazione in voi, tutte diverse l’una dall’altra e tutte talmente diverse che sembrerebbero non avere alcun punto di contatto tra di loro. Eppure, invece, un punto di contatto c’è, ed è l’insegnamento che l’esistenza sta cercando di proporvi, ovvero l’indurvi ad osservare la vostra reazione che è comune a tutte queste possibilità di avvenimenti esterni che vi fanno reagire. Ecco, quindi, che ciò che accade al fuori di voi, del mondo fisico, ha la sua principale importanza non nell’accadimento in se stesso, ma in ciò che suscita nel vostro interno. Moti
È questo, quindi, che dovete ricordarvi di fare nel cercare di arrivare a conoscere voi stessi. Certamente, l’esistenza di un mondo esterno è strettamente necessaria, indispensabile affinché voi vi confrontiate con esso e attraverso esso vi confrontiate con ciò che siete e ciò che pensate di essere.
Magari, osservando le vostre reazioni, subito vi troverete davanti quelle che sono le vostre reazioni dell’Io, quindi i vostri desideri più materiali e più semplici, alla fin fine.
Ma, se continuate ad osservare con maggiore attenzione, vedrete che riuscirete ad andare oltre a questi desideri dell’Io e, magari, ad arrivare a comprendere quali sono gli impulsi della vostra mente che reagiscono all’esperienza, e dopo essere arrivati agli impulsi della vostra mente, ecco che forse, potreste fare il passo successivo ed arrivare a comprendere quali sono i perché delle vostre reazioni, quindi a portare nuova acqua al mulino della vostra coscienza, per far sì che essa metta a posto ancora un tassello e voi possiate riprendere il cammino verso il vostro paradiso. Si tratta, insomma, di riuscire, un po’ alla volta, ad aprire tutte, una per una, le porte che sembrano sbarrarvi il cammino verso la comprensione di voi stessi. Certo, ogni porta ha una chiave diversa, ma voi possedete già tutte le chiavi: si tratta di riuscire a trovare la chiave giusta per aprire la porta al momento giusto e, allorché l’avrete fatto, creature, sarete già a buon punto dell’opera, perché sarete arrivati ad un passo dal vostro paradiso. Scifo
Un giorno il Maestro disse: «Figli miei, voi vi meravigliate se talvolta, nel vedervi che scherzate tra di voi, io sorrido. Questo perché non avete ancora compreso la realtà triste dell’uomo che non riesca trovare un sorriso dentro di sé. Eppure voi quando mi vedete sorridere restate quasi offesi all’idea che un Maestro possa trovare dentro di sé la voglia di sorridere e di ridere. Ma, figli miei, pensate con me, con attenzione, che anche per gli argomenti più seri, anche il parlare del Padre mio che sta nei cieli, significa arrivare ad un passo dal trovare la comunione con Colui che E’. E la comunione con Colui che È non può che portare felicità in chi la sperimenta e, la felicità, come può essere meglio espressa da un sorriso, da una risata? Sorridete anche voi, figli miei, e ricordate che molte volte, per una persona semplice (ed è dei semplici il Regno dei Cieli) è più facile comprendere un sorriso che un insegnamento filosofico». Viola
1 L’Uno e i molti, vol. X, pag. 35 e segg.
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata