Volontà. Dizionario del Cerchio Ifior
La vera volontà – ci insegnano – non è quella che ci induce a perseverare in quello che più ci interessa o a cercare di raggiungere le mete che ci siamo prefissi, bensì quella che dobbiamo mettere in atto per fare ciò che il nostro Io non desidererebbe fare in quanto comporta fatica, poca gratificazione e, magari, scalfire la nostra immagine agli occhi degli altri.
Non si tratta, quindi, della volontà che proviene dall’Io, bensì della volontà che proviene dalla coscienza e dal sentire quello che è giusto perseguire fino in fondo e senza compromessi.
Messaggio esemplificativo (1)
Alcuni anni fa eravamo venuti a parlare della volontà, sottolineando il fatto che, contrariamente a quella che è opinione comune, l’individuo che ha volontà non è quello che riesce bene nel fare ciò che gli piace, ma quello che, all’opposto, riesce a fare bene ciò che non è completamente di suo gradimento.
Infatti, riuscire a fare bene ciò che piace, anche solo a livello semplicemente logico e razionale, non comporta, in realtà, un grosso sforzo di volontà, ma andare contro quelli che sono i propri impulsi, i propri bisogni, i propri egoismi, per portare a termine un compito prefissato, senza dubbio nasconde – da parte di chi deve «fare» – una dose non indifferente di volontà.
Il discorso, allora, era rimasto in termini abbastanza superficiali, preoccupandoci soltanto di questo aspetto della questione, senza osservare poi che cosa sia veramente la volontà, se vi possono essere diversi tipi di volontà, cos’è che sorregge eventualmente la volontà, e quali sono i suoi effetti all’interno del mondo fisico.
Iniziamo, dunque, ad ampliare un poco questi argomenti. Come si manifesta la volontà all’interno del piano fisico? È indubbio che la volontà, all’interno del piano fisico, si manifesta, deve manifestarsi con un’azione. Infatti, l’individuo sorretto dalla volontà non può fermarsi al dire, come fate, ahimè, così spesso: «Io voglio fare questo e lo farò», ma andare oltre, e dire: «io voglio fare questo, ed ecco, incomincio a farlo e lo porto avanti».
Purtroppo quante volte accade – osservando la vostra storia di tutti i giorni – che l’individuo si fermi soltanto ad una volontà in potenza: basta soltanto prendere i vostri quotidiani, basta osservare i vostri governanti, basta osservare i vostri religiosi, basta osservare anche i guru, gli spiritualisti, e via e via e via! Quanti come volontà, come parole, come atto comprendono la realtà della società, la realtà della famiglia, la realtà dell’individuo, e dicono «bisogna avere la volontà di fare», «bisogna mettere in atto la volontà di aiutare», «bisogna, se si segue un insegnamento di qualche tipo, essere specchi di questo insegnamento». Però il «bisogna» continua, solitamente, a restare un «bisogno»! Perché questo?
Non si può certamente affermare che questo accada soltanto e sempre per malafede o cattive intenzioni da parte di chi parla. Il fatto è che la volontà è fatta da diverse componenti le quali interagiscono tra di loro e spesso fanno sì, non sorreggendo una vera intenzione, da impedire che si trasformino in quell’azione che, così, resta soltanto in potenza. Scifo
Qualche tempo fa abbiamo accennato al fatto che l’Io di ogni persona può essere considerato, in qualche modo, composto da tre lo, figurativamente separati: un Io fisico, un lo astrale e un Io mentale. Infatti, secondo il mio pensiero, la personalità di un individuo incarnato – e, quindi, quella che è la manifestazione dell’Io all’interno del piano fisico – può sempre, alla fin fine, essere ridotta ad uno di questi tre aspetti, ovvero la manifestazione gestuale o fisica all’interno della materia, la manifestazione emotiva, sensitiva, espressiva, mimica, dei sentimenti e dei desideri, ed infine la manifestazione intellettiva che si esprime attraverso le idee e i concetti e fa da supporto alle azioni.
Questo, se è valido per ciò che riguarda l’Io, in generale, è anche valido per ciò che appartiene all’Io o che, per esprimersi all’interno del mondo fisico, deve, in qualche modo, passare attraverso questo lo. Se voi voleste pensare un attimo a questa triplice ripartizione della personalità, vedreste che, in fondo, quanto io ho affermato, non è poi niente di molto originale, al di là del fatto di avere inserito i tre piani di esistenza nella classificazione. Infatti, da che l’uomo è sorto e ha incominciato a cercare di schematizzare la realtà e l’individuo, sempre è stato portato a cercare anche di classificare, di mettere in classi gli uomini che vedeva intorno a sé. Ecco così che sono nate nel passato le varie teorie che presentavano diverse tipologie di individuo: pensate alle tipologie di Galeno, di Ippocrate, per arrivare a quelle di Freud, per arrivare a tutti i pensatori che, in qualche modo, hanno cercato di costringere in classi più o meno definite le tipologie di carattere dell’individuo.
Ora, se voi andaste ad osservare, con occhio critico ed analitico, tutte queste tipologie, vedreste che – pur presentando le cose sotto nomi diversi – sono sempre riducibili ai tre aspetti che prima ho enunciato: ovvero a come l’individuo si mette di fronte alla realtà fisica, si mette di fronte ai suoi desideri, a come si mette di fronte ai suoi pensieri; quindi, ripeto, ciò che io vi ho portato non è poi nulla di così trascendentale e di così originale come potrebbe sembrare.
Tutto questo lungo discorso che ho fatto è per arrivare a parlare qualche attimo dell’influenza che ha la componente astrale (ovvero la componente emotiva) sulla volontà.
Abbiamo detto che la volontà non è altro che l’impulso a portare a termine un’azione verso uno scopo che si è prefisso. Ora, naturalmente, uno dei perché che fan sì che questo scopo non resti soltanto in atto, può essere il desiderio che lo scopo prefisso venga realizzato. Ecco così che si può parlare di una volontà mossa, indirizzata, principalmente dai sentimenti e dal desiderio. Pensate, miei cari, alle volte che vi siete innamorati o infatuati di un’altra persona, pensate con quanta volontà avete cercato di fare qualcosa per ottenere i favori o le grazie di questa persona!
È chiaro che l’individuo innamorato, difficilmente è retto dalla razionalità: ecco, quindi, che allora questa volontà che spinge l’individuo a cercare di portare a termine il proprio scopo conquistando la persona amata, è un esempio di volontà retta dal desiderio, dall’emozione. Georgei
Vi è poi quella volontà che è retta invece dalla ragione. Considerate, fratelli nostri, coloro che sotto la spinta di una costruzione ideale – edificata dalla propria razionalità – portano avanti, o cercano di portare avanti, con volontà, lo scopo prefisso.
Basta che vi guardiate attorno: coloro che fanno, ad esempio, di una teoria politica o economica una costruzione talmente logica e razionale per cui ad essi può sembrare l’unico modo possibile e logico per portare avanti l’umanità, ed agiscono – quando sono in buona fede – fino in fondo, per arrivare al loro scopo. Questo è un esempio, anche se alquanto sfumato, di volontà sorretta dall’attività del corpo mentale.
Confesso, fratelli, che è difficile fare un esempio più preciso di questo tipo di volontà, anche perché c’è da tenere presente che quando una volontà di tipo mentale viene messa in atto – e tende quindi a manifestarsi come azione all’interno del piano fisico – per poter arrivare al piano fisico passa attraverso la materia meno densa del piano astrale, e viene quindi ad unirsi a ciò che trova all’interno del corpo astrale dell’individuo; viene, così, inquinata in qualche modo dai suoi desideri, dalle sue passioni. Ecco che, quindi, non sarà quasi mai una volontà principalmente mentale, ma si otterrà una fusione delle due componenti dell’individuo, quella emotiva e quella razionale.
Questo, forse, può essere evidente in maggiore misura, in quegli idealisti, in quelle grandi figure di idealisti che sono sorte nei secoli della storia dell’uomo. Pensate a quanti grandi utopisti si sono manifestati nei millenni e osservate come, la loro teoria di base, razionalmente giusta e corretta, veniva poi filtrata dalle loro passioni, dai loro desideri, e quindi veniva sfalsata in qualche modo, non arrivando a conseguire ciò che era il loro vero scopo.
Questo è il pericolo principale, la difficoltà principale per chi vuole mettere in atto la volontà! Infatti, per riuscire veramente ad agire in modo volitivo, bisogna non soltanto volere, ma è necessario, prima di tutto, essere sicuri di ciò che si vuole conoscere, quali sono i propri impulsi, sapere cos’è che può opporsi a questa volontà e quindi, in definitiva, si deve – come sempre accade quando parliamo di queste cose – arrivare a conoscere se stessi più in profondità. Senza conoscere, infatti, i propri desideri e le proprie passioni che possono allontanare dall’agire, senza conoscere qual è il proprio pensiero, il proprio vero intendimento, la volontà finirà con il manifestarsi all’interno del piano fisico in effetti diversi, ben diversi, da quelli desiderati o, addirittura, in blocchi che portano poi a comportamenti giudicati assurdi, se non addirittura psicotici, per i contrasti interni dell’individuo. Andrea
Il più delle volte, se i progetti che si vogliono portare avanti sono cose sensate, se non coinvolgono gli altri in modo non lecito, se sono accettabili, giusti o corretti, quando le circostanze esterne sembrano voler bloccare, fermare, impedire di portare avanti quel tipo di azione, l’individuo deve fermarsi un attimo e osservare alcune cose.
La prima cosa da chiedersi è questa: se l’esistenza, in questo momento, ha bloccato la mia volontà di fare una certa cosa, perché può averlo fatto? Può essere perché quella cosa io, in realtà, non devo esperirla? Di quella cosa, cioè, non devo fare esperienza? E allora, lì, devo essere io a sentire se quell’esperienza è davvero necessaria per me.
Oppure può essere che l’esistenza mi ha creato delle barriere poiché, nella mia ansia di portare avanti la mia volontà, senza rendermene conto, sto calpestando i diritti e la volontà degli altri? Dopo aver fatto questo piccolo esame – piccolo ma certamente non facile perché richiede una buona dose di sincerità nei propri confronti – se ancora ci si rende conto che veramente si vuol portare fino in fondo la propria volontà e conseguire quel raggiungimento, malgrado tutto, allora le domande da porsi sono ancora due, ovvero: veramente voglio andare avanti nella mia azione, costi quel che costi, in qualunque modo? Oppure l’altra: ho osservato tutti i modi in cui la mia volontà può essere messa in atto o, in realtà, c’è qualche modo migliore, più utile per me e per gli altri, che non sto vedendo?
Ecco, quindi, ancora un attimo di pausa e di riflessione e vi garantisco, creature, che se la risposta alla prima domanda (cioè se veramente volete portare avanti la vostra volontà) è positiva, senza dubbio allora troverete un modo migliore per tutti per portarla avanti senza danneggiare nessuno e senza farvi fermare da ciò che l’esistenza, magari, vi mette di fronte.
Certo, sul momento, può essere frustrante voler fare una cosa e trovarsi in condizioni di non poterla fare, ma state tranquilli che una pausa non vuol dire non arrivare ad un certo risultato: vuol dire semplicemente poter osservare con più calma la propria volontà e quindi raggiungere poi, nel modo migliore, il risultato voluto!
Ma come coltivare la volontà?
Avevamo già spiegato che, in realtà, la volontà non si può rafforzare con un esercizio ben preciso. Perché la volontà diventi forte è necessario che ci sia l’intenzione, è necessario e sufficiente – direbbero i matematici – che ci sia l’intenzione per portare a termine la propria azione. Se, però, col «rafforzare la volontà» voi intendete il riuscire, in qualche modo, a non farvi distogliere dal vostro scopo, allora esistono diverse tecniche per riuscire ad ottenere questa concentrazione della volontà (che poi non è altro che una concentrazione dell’attenzione sullo scopo prefissato). Soltanto che, solitamente, sono tecniche talmente noiose che dopo un paio di giorni che uno continua a farle, ahimè, perde la volontà di andare avanti!
Avevamo suggerito, all’epoca, una tecnica molto semplice, apparentemente molto facile, che nessuno, naturalmente ha osato provare: basterebbe per rafforzare questa attenzione, questa volontà, che ognuno di voi passasse cinque minuti al giorno (non dico tanto, pensate: cinque minuti, tanto quanto potete mettere a bere un caffè, in fondo) passasse – dicevo – cinque minuti al giorno, alla stessa ora, per tutti i giorni, scrivendo su un quaderno la lettera A.
Se riuscite a farlo, creature (non dico per ventun giorni come dicevano gli antichi o come dicono gli orientali si debba fare per le tecniche) ma anche soltanto per una settimana di seguito, vi garantisco che dareste prova di una volontà non indifferente e che potreste affrontare qualsiasi scopo prefisso con la sicurezza di arrivare a raggiungerlo!
Altre tecniche come quelle che voi potreste aspettarvi, in realtà, non esistono: la volontà, in fondo, è un fatto talmente interiore, che sarebbe come voler costringere l’universo ad indirizzarsi verso una piccola particella. Scifo
1 La crisalide, p. 217 e segg.
Dal volume del Cerchio Ifior, Dall’Uno all’Uno, Volume secondo, parte prima. Edizione privata.
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