Se un fatto non è visto e dall’impatto con esso non si lascia che sorga sensazione, emozione, pensiero, quel fatto non esiste o non ha consistenza.
È cioè necessario che un fatto, che in sé altro non è che sentire, possa attraversare i vari corpi e piani del percepente e trovare una esecuzione, ovvero dar luogo ad una reazione/azione: allora il ciclo si chiude e il processo del conoscere, divenire consapevoli, comprendere ha compito il suo corso.
Questo è ciò che ad ogni attimo viviamo, la sostanza profonda che qualifica ogni sequenza di fotogrammi che riconosciamo come la nostra vita, il nostro presente.
Se il fatto è visto e ci attraversa, allo stesso modo ci abbandona: davanti all’obbiettivo fotografico tutto scorre, tutto viene registrato e suscita impressione, e tutto viene abbandonato.
Il processo del presentarsi, dell’impattare, dello scorrere se è vissuto dalla postazione dell’obbiettivo, del neutrale, del colui-che-sta, genera l’esperienza della contemplazione.
L’impermanenza di ogni fatto, la sua inconsistenza, la sua illusorietà impressionano nel sentire – attraverso i dati che giungono dalle sensazioni, dalle emozioni e dal pensiero – uno stato d’essere.
Ogni fatto porta con sé uno stato d’essere: ogni fatto è impatto e fugacità e, simultaneamente, stato d’essere, sentire che prende forma nel divenire e lo trascende.
Risiedere nello stare permette di partecipare pienamente al divenire e nel contempo di lasciare che l’essere permei ogni livello d’esistenza, dalla percezione al sentire.
Quando il fatto accade, esso è composto di sensazione, di emozione, di pensiero e di sentire: quando quel fatto è percepito esso viene decodificato nella sua natura sensoriale, emotiva, cognitiva e d’essere.
Se il browser che usate in questo momento per leggere questo contenuto, non avesse il giusto sistema di decodifica dei codici che sono stati generati al momento della pubblicazione di questo scritto, voi non leggereste la realtà che il mio sentire ha prodotto, ma solo la realtà che il vostro browser è in grado di decodificare: questa è la lettura soggettiva della realtà, conseguenza dei processi di decodifica personali.
Ma se voi siete avvezzi all’ascolto profondo, allora si aprono molti spiragli sulla realtà, fatto salvo che nessuno può conoscere un sentire più ampio del suo, ma solo uno di ampiezza inferiore.
Sapete anche, però, che c’è una differenza tra il sentire di cui siamo consapevoli e quello che, effettivamente, appartiene al corpo della nostra coscienza e che, magari, in questa vita non manifestiamo che in piccola parte: ecco allora l’importanza dell’ascolto profondo che ci dischiude al sentire consapevole e ad ambiti più o meno ampi di quello inconscio, comunque nel corpo della nostra coscienza già inscritto.
Ogni fatto dunque, sebbene risponda alle esigenze di comprensione del presente, parla anche molte lingue appartenenti a molte e differenziate profondità di sentire.
Il fatto che ci dichiara come asini, è anche quello che svela il nostro sentire conscio e, se ben ascoltato, parla d’amore e di compassione, di pienezza e d’essere che sono oltre ogni contingenza ed ogni necessità evolutiva.
Ecco che divenire ed essere si configurano e rivelano nella loro unità inscindibile, dove è veramente difficile dire quanto sia profondo ciò che accade e cosa sia divenire e cosa essere. OE, ID30.1
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Mi auguro anch’io possa arrivare una fluidità tra i miei pensieri, i miei comportamenti e l’osservazione e la comprensione di ciò che accade.
L’allenamento a lasciarci attraversare dai fatti: l’osservazione e la consapevolezza costanti .
Spero un giorno ci sia fluidità in ciò che oggi pare complesso. Grazie.