Rimanere, senza fine, in ascolto del sentire

Da Meditazioni quotidiane di oggi, 11 maggio:
Ma, figlio mio, figlia mia, figli miei, non vi dimenticate
che non è la vostra mente, non sono i concetti della filosofia
che attraversano le vostre teste quello che guida la vostra esistenza;
ciò che guida la vostra esistenza è ciò che è nella vostra coscienza,
e ciò che è nella vostra coscienza va al di là dei concetti filosofici;
quindi non accadrà mai che voi vediate un vostro fratello che sta piangendo
e che quel pianto, malgrado qualunque filosofia possa essere arrivata
alle vostre orecchie, alle vostre menti, malgrado essa, che voi non piangiate
o non reagiate alla sofferenza di chi vi sta accanto.
La mente/identità è colei che crede, che è convinta, che aderisce ad un sistema di pensiero morale, sociale, politico, filosofico.
La coscienza è colei che ordina e preordina le scene reali della vita, ciò che viviamo e vivremo.
La coscienza si muove sulla base del compreso e, quando questo è limitato, essa è informata dai piani di consapevolezza e di comprensione che la precedono come ampiezza di sentire: l’operare di una coscienza ha sempre un senso, una logica, una finalità chiara volta al bene evolutivo del soggetto e delle persone coinvolte nella scena condivisa.
L’illusione dell’umano di agire nel libero arbitrio delle proprie convinzioni è, appunto, un’illusione: quando il credere entra in conflitto con il sentire, il tasso di fatica e di sofferenza aumenta e il conflitto interiore si inasprisce fino al sorgere del sintomo psicosomatico.
Più l’umano si discosta da ciò che lo costituisce aderendo al recitato della sua mente, più la sua vita è lanciata contro un muro.
Se questo abbiamo chiaro, allora il nostro problema è di rimanere, senza fine, in ascolto del sentire: cosa è bene che io faccia, dove è bene che io mi orienti, a cosa dare seguito e cosa evitare.
Un orientamento sorge sempre dall’ascolto e dall’osservazione di sé, la coscienza parla attraverso le scene dell’ordinario e i suoi simboli: anche un mediocre osservatore è in grado di leggere simboli primari purché sia stato formato a quella lettura di base, purché sappia, conosca la differenza tra credere e sentire.
Comprendete certamente l’importanza primaria del conoscere il nostro personale paradigma attraverso cui leggiamo la realtà nostra e quella altrui: comprendete anche come, nel mondo, siamo ai primi vagiti di un lungo processo di crescita interiore,  siamo ancora nella dicotomia vittima/artefice, lungo dunque è il cammino prima di addentrarci nelle responsabilità dell’artefice.
Ecco l’importanza della via interiore che anticipa quanto ancora il mondo nemmeno immagina, e permette alle persone pronte nel sentire di divenire consapevoli e di sperimentare pienamente il paradigma nuovo.
In ogni tempo, e a tutte le latitudini, qualcuno ha parlato di questo e qualcun altro ci ha messo la vita per sperimentare quel messaggio: accade anche oggi e quegli outsider aprono la strada per tutti, il paradigma che adottano domani sarà di tutti, l’esperienza vissuta quasi sempre nella solitudine sarà, domani, condivisa da ampie masse di sentire incarnati. OE11.5


Ricevi una notifica quando esce un nuovo post. Inserisci la tua mail:

 

Print Friendly, PDF & Email

8 commenti su “Rimanere, senza fine, in ascolto del sentire”

  1. “….L’illusione dell’umano di agire nel libero arbitrio delle proprie convinzioni è, appunto, un’illusione: quando il credere entra in conflitto con il sentire, il tasso di fatica e di sofferenza aumenta e il conflitto interiore si inasprisce fino al sorgere del sintomo psicosomatico…..”
    Com’è vero questo passaggio! Nel tempo ho imparato sempre più a farmi trasportare dalla corrente. Nuotare contro è stato, oltre che faticoso, anche molto doloroso. Non sempre mi lascio andare; i dubbi, le difese, le resistenze affiorano, ma man mano che vado avanti nel cammino, mi è più facile abbandonarmi alla fiducia, lasciar scorrere e far fluire.

    Rispondi
  2. Sì, è così, “nel mondo siamo ai primi vagiti di un lungo processo di crescita interore”… proprio in questo periodo la consapevolezza di questa realtà sta segnando i miei giorni. Non c’è tristezza per questo, ma una sorta di stato di sospensione. Molte le parole, molti i concetti espressi da chi mi sta intorno, ma non riesco ad aderire a niente e intanto vigilo sul rischio di arroccarmi in una torre solitaria, consapevole di non essere esente da questo divario tra il credere e il sentire. Vedo che lunga è la strada e nello stesso tempo dal profondo di me perviene la chiara sensazione che non c’è alcuna strada.

    Rispondi
  3. “anche un mediocre osservatore è in grado di leggere simboli primari purché sia stato formato a quella lettura di base, purché sappia, conosca la differenza tra credere e sentire.”
    Al di fuori del Sentiero non avevo incontrato nessuno che mi insegnasse questa conoscenza di me, mi ero mosso sempre da autodidatta, con tutti i limiti connessi.
    Mi sorge una problematica: come aiutare i figli nella conoscenza di sé?

    Rispondi
  4. “L’ascolto e l’osservazione di sé”. Alle volte, anche quando è evidente l’inganno della mente/identità, è sempre una fatica lasciar andare, la paura del deserto crea resistenza la resistenza crea sofferenza, solo la conoscenza ti aiuta a comprendere che il deserto è solo un passaggio.

    Rispondi
  5. C’è un punto in cui non ti fidi più del recitato della mente ma il sentire non fluisce ancora bene, credo sia il deserto o qualcosa di simile…comunque un passaggio che per molti viaggiatori arriva…
    Grazie roberto perché come spesso accade la poesia abbraccia la logica!

    Rispondi

Lascia un commento