L’identità desidera il nuovo, il contemplante osserva il reale

Argomento su cui torniamo frequentemente perché mai risolto una volta per tutte: l’identità cerca e desidera il nuovo e il suo gioco può oscurarci lo sguardo fino a non farci vedere più niente: vediamo a quel punto solo il desiderio che non trova soddisfazione, avvertiamo una frustrazione che non trova appagamento essendo mai il presente corrispondente a ciò che desideriamo, o crediamo di desiderare.
La via contemplativa per realizzarsi, per prendere forma, ha bisogno di non essere inficiata e condizionata dal desiderio: il contemplante non può coltivare il desiderio, pena la perdita di se stesso e del proprio cammino esistenziale.
Naturalmente, il contemplante essendo incarnato ed avendo dei veicoli, ha anche una identità più o meno definita e invadente e quindi, come tutti, si confronta con il ciclo del desiderio, con l’affiorare di quelle spinte che lo portano a protendersi verso qualcosa.
Come reagisce?
1- Essendo consapevole di quell’affiorare;
2- riconoscendone l’illusorietà;
3- tornando a zero, al semplice stare, alla consapevolezza dei fatti presenti.
Qui parliamo di un contemplante, non di un neofita che deve discernere se assecondare o meno quella spinta a cercare.
Il contemplante sa che quel desiderio è effimero e sa come trattarlo senza incorrere nel rischio della rimozione.
Voglio parlare del terzo punto, della consapevolezza dei fatti presenti: essa non è un continuum, è un ritmo, c’è e non c’è, sorge e tramonta senza fine.
Tra la presenza e l’assenza di quella consapevolezza dei fatti si inserisce, con più o meno insistenza, come un residuo o come una forza, il desiderio del nuovo.
Visto e disconnesso, appare il fatto: sempre, ogni volta.
Il fatto, che per la persona con una visione ordinaria è solo un accadere da ricondurre a sé, per il contemplante è il mondo intero, l’alfa e l’omega.
Il contemplante si lascia attraversare dal fatto e, mentre esso accade, la separazione osservatore/osservato viene superata ed esiste solamente un fatto registrato da un centro di osservazione, non da un soggetto.
Questa è la natura profonda dell’esperienza contemplativa:
– l’affermarsi dell’esperienza del vivere-ascoltare-osservare-accogliere-stare;
– la scomparsa del soggetto inteso come alterità;
– il superamento della frattura tra il centro di osservazione e l’oggetto, il fatto;
– il sorgere dell’esperienza unitaria.
Il contemplante osserva il reale significa anche che lo scandaglia, lo ispeziona, lo interroga?
Niente di tutto questo, quell’osservare non ha nulla di comune, non è relativo al conoscere, all’acquisire dati: superata la separazione tra il centro d’osservazione e d’esperienza e il fatto, tutto ciò che poi segue è il sorgere della consapevolezza piena dell’accadere e dunque di ciò che il fatto determina nell’ambiente e nel sistema dei sensi del centro che lo percepisce.
L’osservare del contemplante non è dunque un gesto attivo, è lo sprofondare nei flussi, nelle vibrazioni, nei mille aspetti dell’accadere con un alto livello di presenza.
Un fatto visto con gli occhi dell’identità è un accadere che ha una funzione,  ed è utile o dannoso a qualcuno o a qualcosa: agli occhi del contemplante è un microcosmo dentro al quale la sua consapevolezza si colloca e ne sente e percepisce l’intima vita.
Percepisce attraverso i sensi del centro d’esperienza, sente attraverso il sentire ciò che ha dato origine al fatto la sua valenza esistenziale senza catalogarla in alcun modo, senza possedere certezza alcuna, senza doverne fare alcunché.
Il contemplante coglie i molti livelli vibratori di un fatto, i molti significati e simboli, le molte possibilità d’origine e di sviluppo e può farlo perché non è esterno al fatto, è il fatto; ovvero: scomparendo a sé, assiste alla comunione unitaria dell’accadere e all’affluire dei dati d’esperienza relativi.
Comprendete che stiamo parlando di qualcosa che ben poco ha a che vedere con l’osservare e il vivere ordinario, molto ha a che fare con la conoscenza-consapevolezza-comprensione del Reale.


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nadia

La sensazione di fare passi indietro è proprio compagna di questi giorni, però la osservo senza porre obbiettivo alcuno … c’è infinita gratitudine!

Nicoletta

Grazie Roberto. Si…ancora lagnanze di sottofondo di quello che poteva essere e non è stato..con conseguenti risposte( sempre mie) rincuoranti…. Un continuum…

Nicoletta

Non so se ho compreso….da rileggere. comunque mi conforta in questo periodo di scarsi o nulli allettamenti. Mi sembra di essere in un deserto. Appena arriva un desiderio, mi dico…altra illusione… Non so cosa sto diventando..una disillusa…una contemplante…una confusa.

Marco Dellisanti

Accidenti, a me già non sembra male discernere se assecondare o no la spinta del desiderio… Voglio dire che c’è anche l’identificazione totale! E lì non ti chiedi se assecondare o no, ma cerchi solo di soddisfarlo il desiderio. E se non ci riesci ti senti frustrato. Discernere significa già mettere una distanza, che può anche preludere a un lasciare andare. Ma forse stiamo dicendo la stessa cosa. Comunque grazie. Gli ultimi post mi sembrano particolarmente chiari ed incisivi.

Sandra Pistocchi

Non so dove collocarmi, penso molto di più nel neofita, ma penso anche che sia l’identità bisognosa di collocamento, quindi non mi pongo il problema.
Il post è chiaro Roberto e credo che si possa aggiungere che la profonda presenza del contemplante abbia anche caratteristiche di leggerezza, semplicità e una certa quota di ironia.

maria b.

..”Comprendete che stiamo parlando di qualcosa che ben poco ha a che vedere con l’osservare e il vivere ordinario, molto ha a che fare con la conoscenza-consapevolezza-comprensione del Reale”. Avverto Questo post come pervaso di un sentire mistico che quindi ben poco si spiega con un’interpretazione ordinaria del divenire.
Anch’io mi sento neofita e come dice Catia, molte volte immersa distrattamente nei fatti, a volte contemplante.

Roberta I.

La lettura di questo post mi induce a cercare di collocarmi… quanto mi comporto da neofita, quanto da contemplante? Non è facile rispondere per me e questo mostra un mio limite di conoscenza, consapevolezza, comprensione.
Mi sorge una domanda: dovrei fare di più per incentivare il contemplante e disconnettere i desideri? Sono così assorta a rispondere agli stimoli che la vita mi offre ogni giorno, che forse mi perdo e non me ne rendo conto. Però vado avanti con la consapevolezza che tutto plasma e trasforma e sento che qualcosa cresce, si appiana, si pacifica. I desideri a poco a poco si indeboliscono da soli… O forse sto solo invecchiando…

Maria De Blasi

Questo post sull’esperienza contemplativa lo trovo ‘ostico’,forse e’ il neofita che parla …non il contemplante, ma il presupposto secondo cui il presente mai corrisponde a ciò che desidero o credo di desiderare ,questa assoluta illusorietà’ del presente, la negazione drastica del ‘desiderio’ che inficia la realizzazione della via contemplativa ,certo …ma da dove viene il desiderio ..? ,quello che mi stona un po’e questo dividere e demonizzare l’identità..come se dovesse essere sempre schiacciata sotto i piedi dei corpi superiori…mentre e’ essa stessa una manifestazione dell’assoluto..seppure limitata…..
Scusate forse le ho dato troppo spazio?

natascia

Sento profonda gratitudine, perché attraverso la tua comprensione e la tua didattica, ci permetti di non perderci, ma anzi ci esorti ad un allineamento continuo. Il Cammino non è sempre così lineare, ma man mano che si procede si fanno spazio maggiori comprensioni.

Catia Belacchi

Mi ritengo neofita anch’io. Vedo come a volte sono immersa nei fatti, a volte sono distratta, a volte contemplante.

Samuele Deias

io, iooo, ioooo… ancora sono un neofita ed un somarello: io, iooo, ioooo…

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