Un simbolo del pane duro:
Salmo 3
2 Jhwh, quanto numerosi sono i miei oppressori!
Numerosi sono coloro che insorgono contro di me!
3 Numerosi sono coloro che dicono di me:
Nessuna salvezza può avere da Dio!
4 Ma Tu, Jhwh, mi sei scudo all’intorno,
sei la mia gloria e mi sollevi il capo.
5 Se a Jhwh io lancio il mio grido,
egli mi risponde dal suo santo monte.
6 Io mi corico e mi addormento.
Mi sveglio ed ecco Jhwh mi tiene per mano.
7 Non temo più questa miriade di genti
appostate contro di me dappertutto.
8 Sorgi, Jhwh, salvami mio Dio!
Colpisci sulla guancia tutti i miei nemici,
spezza i denti dei malvagi!
9 Di Jhwh è la salvezza.
Sul tuo popolo la tua benedizione.
Traduzione di G. Ravasi, I salmi, ed. S.Paolo
Cos’è il pane duro? Lo scoglio su cui la mente-identità si ribella fino ad erigere un muro.
Ci sono identità che si fermano al titolo, Salmo 3, e già hanno innalzato una barriera invalicabile.
Altre, più sofisticate, al versetto 2 vedono il vittimismo del salmista e lo ritengono inaccettabile.
Quelle che riescono a proseguire, inciampano di sicuro nell’espressione “spezza i denti dei malvagi!”.
Le più accorte tra le identità hanno visto la bellezza dei versetti 4-6, ma forse la ritengono prigioniera in un contesto astruso che poco dice al lettore di oggi.
Hanno visto la bellezza, ma non so se l’hanno gustata: se l’hanno fatto, allora per esse il salmo acquista un altro valore: a partire da quel nucleo di fiducia e di abbandono, possono leggere simbolicamente i versetti che precedono, e quelli che seguono.
Al versetto 2, il simbolo della vittima: parla a qualcuno? Parla del salmista, o parla anche di me? Il fastidio che provo dove nasce? Dalla forma letteraria, o da qualcosa che evito di guardare accuratamente nella mia disposizione interiore?
Se vedo il mio vittimismo, vedo anche l’archetipo del vittimismo che infetta le menti di tutti gli umani; allora il versetto 2 è il simbolo di un costume, di un archetipo, di un modo di guardare la vita. Vedo il simbolo, vedo me, vedo l’umanità.
L’opposizione al pane duro, il non voler vedere, si attenuano: masticando il pane ne emerge il sapore e la sostanza.
Rimane una riserva grande nella mente, un non voler cedere in fondo, un dire: “Sarà anche così, ma la forma è arcaica!” Certo, invece il vittimismo non è arcaico..
Tutta la vita dell’umano avviene all’insegna della lettura vittima/carnefice: pervicacemente insistiamo, eppure è chiaro che è una chiave che non porta a nulla, che non spiega niente. Ha la stessa forza logica di quando affermiamo: “Tutto è governato dal caso!”.
Aderiamo ad assurdi, ma non molliamo l’opposizione: viviamo fatti quotidiani e ci opponiamo senza voler cedere alla loro valenza simbolica.
Il salmo, amico per alcuni, pane duro per altri, è come la nostra vita, dobbiamo entrare nel suo ventre per comprenderla:
– superare i versetti iniziali, dunque abbandonare il pregiudizio, la diffidenza, la paura, l’opposizione;
– allora si dischiude la conoscenza, la consapevolezza, la possibilità di comprendere;
– e questo può avvenire solo nella fiducia, nell’abbandono senza condizione.
Al versetto 8 c’è un’invocazione: “Sorgi, Jhwh, salvami mio Dio!”. “Colpisci i miei nemici!”
La mente, ancora oppositiva, non vede la potenza di questo passaggio: salvami e colpisci.
Se tu non mi sostieni, come potrò io affrontare ciò che mi è nemico!
E cosa mi è nemico se non la mia ignoranza, la mia ottusità, il mio vittimismo, la mia opposizione al reale?
La mente oppositiva trova inopportuno il riferimento figurato al colpire i nemici sulla guancia, sui denti e, senza riflettere, lo scarta.
Vedete l’opera di cernita, di selezione, di divisione che opera la mente-identità senza sosta?
Lo fa solo in riferimento al salmo, o non è così anche in merito a tutte le cose della vita?
Guardate la politica, non è un esempio eclatante dell’opposizione, del dividere, dell’enfatizzare un aspetto a discapito di un altro?
Allora, la lettura del salmo smuove un mondo interiore: se noi non ci limitiamo alla sentenza, possiamo entrare nella ruminazione del contenuto e dei simboli.
Così è nella vita, tutti i giorni.
Il modo in cui reagiamo di fronte al salmo è anche il modo in cui reagiamo di fronte ai fatti del quotidiano.
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Domanda: come distinguere il pane duro – da masticare pazientemente – con un sasso, che non è il caso di provare a mangiare?
Grazie Paolo della domanda, cercherò di risponderti con un post..
Non ho nessuna spinta esistenziale per questa tradizione.
Come del resto per altre.
Mi appassiona la corrente viva, la sete dell’uomo alla unificazione in un linguaggio e un archetipo attuale, comprensibile, non rompermi il capo con le interpretazioni, con quanto avrebbero voluto dire a quel tempo e adattarlo al nostro paradigma.
Non sarebbero certo alcune immagini a frenarmi, il pane duro, se sentissi di approfondire certi linguaggi, certi simboli.
Né può diventare un esercizio di stile l’addentrarmi in significati come questi se non sorretti da una onesta e sentita necessità di confrontarmi, capire e cercare di comprendere..
Non commenterò in futuro post come questi per non arrecare disturbo al percorso Via del Monaco.
Ad Alessandro: ho preso a pretesto il salmo 3 non per farvelo digerire, o per farvi digerire più in generale i salmi, ma per farvi riflettere sulla relazione tra pane duro e reazioni della mente/identità..
Mi interessano le reazioni al pane duro, e alcune di queste sono talmente automatiche, che non riusciamo nemmeno a cogliere il significato dei fatti perché subito il giudizio/pregiudizio lo annebbia..
Il salmo 3 è un simbolo di tutti i fatti che per giudizio/pregiudizio non vediamo perché non li vogliamo vedere..
In quest’ottica il tuo commento è un capolavoro.
Samu con le sue battute c’entra sempre il nocciolo! Ahahah….quanto lavoro! Non mi spaventa ma sono un po’ rattristata dalla lentezza e la fatica con cui assimilo e metto in pratica…ma a ognuno i suoi tempi, la corazza del mio uovo è davvero dura…
“masticando il pane ne emerge il sapore e la sostanza.” Queste parole rimandano al fatto che i simboli non sono sempre lì chiari e luminosi, che la vita non ha i sottotitoli e che noi non siamo nati con il libretto delle istruzioni! E quindi ad un certo punto mi sono detta che intanto il pane duro inizio a masticarlo, è duro quindi ci vorrà tempo perché il suo sapore venga fuori, la masticazione richiederà pazienza, ho fiducia che sicuramente un sapore salterà fuori, qualunque esso sia e che riuscirò prima o poi e senza tante pretese, a distinguerlo e comprenderlo. Per ora questo benedetto pane duro lo metto in bocca, pezzettino dopo pezzettino, e mi perdono quando a volte non riesco a non sputarlo….
Come tu dici, è necessario andare oltre un primo giudizio. Rileggendo, il senso di alcuni versi mi è più chiaro e ne colgo la potenza. Grazie.
I salmi hanno accompagnato il mio cammino interiore e con il tempo ho imparato ad accogliere anche quelli contenenti espressioni che in prima battuta sconcertano le menti. Questo atteggiamento non è entrato in crisi dopo l’abbandono del paradigma della vittima/carnefice, chiave di lettura importante con cui ero solito approcciarmi ai salmi. Mi ha sostenuto la considerazione che la Bibbia – salmi inclusi – sono la narrazione della storia della salvezza (ossia il cammino interiore) del popolo d’Israele: tutto il processo vi trova spazio, dalla fase più primitiva a quelle più evoluta. Il limite è di casa, “grazie a Dio”, e questo la rende una compagna di viaggio\guida per chi con essa entra in risonanza. Ora, accettare il limite altrui e quello proprio è un passaggio imprescindibile per l’accesso alla condizione unitaria. Ma anche rimanendo in un’ottica più elementare, trovo irrispettoso pretendere da coloro che affrontano esperienze molto dolorose – quali la violenza della guerra – la non identificazione con la vittima ed una preghiera conseguente. I cammini esistenziali possono avere ritmi lenti per le nostre aspettative ma non ad esse devono rispondere.
Molto interessante Roberto, è proprio così e mi hai svelato subito ahaha…anche io mi vedo sulla spiaggia ad aiutare Samuele con la palettina e naturalmente si parla di carbonara…
Lettura illuminante, grazie.
Leggerò bene il post….ma non posso non rilevare sin da ora che l’immagine di Samuele “con paletta e secchiello” è veramente un pezzo forte! Thanks!
L’argomentare è chiarissimo. Grazie davvero.
Si configura e prefigura un lavoro immane verso il quale sento di avere ancora strumenti di comprensione limitati. Ci vorrebbe una motopala mentre io vado ancora con paletta e secchiello.
Thanks
Molto, molto difficile per me riuscire a leggere i simboli….
Non ho nulla da aggiungere se non un grazie per l’avermi svelato ulteriormente che c’è sempre più profondità di significato, oltre le apparenze. Ne terrò conto nelle vita.