6- Sviluppare lo sguardo del genitore che osserva la processione dei fatti, sa intervenire e sa astenersi
Il genitore vede ciò che il figlio adolescente non vede. Perché? Perché il figlio vede sé, i suoi bisogni, le sue necessità espressive al centro e il mondo come periferia, un luogo indefinito da usare, o da temere.
Un genitore dovrebbe vedere sé e i propri figli incastonati nell’organismo mondo, ciascuno con la propria funzione e necessità esistenziale.
“Dovrebbe vedere”: in realtà il genitore convenzionale è poco più di un adolescente, privo di strumenti, oscillante tra il vittimismo e il ribellismo del frustrato.
Nel Sentiero, nell’ottica unitaria, lo sguardo del genitore altro non è che la capacità di tenere in conto, e di integrare in sé, una moltitudine di fattori, di accenti, di coloriture, di possibilità, di simboli ogni volta che si vive o si analizza un fatto, una situazione, una relazione, una possibilità o un problema.
Nell’identificazione non c’è sguardo del genitore, esso sorge solo nella disidentificazione, nella dimenticanza di sé e del proprio punto di vista: quella dimenticanza permetterà il sorgere dello sguardo equanime che tiene in conto l’altro, il molteplice, il vario e complesso, l’irriducibile, il non conosciuto.
Sviluppare quello sguardo equivale a salire sul monte e contemplare ciò che accade nella valle sottostante; perché questo accada è necessario che:
– mentre le scene affluiscono, ci liberiamo delle nostre preferenze, simpatie, adesioni;
– osserviamo le resistenze della nostra identità, i giochi che sviluppa per affermare comunque il suo punto di vista, la sua preferenza;
– siamo disposti a morire a questa intera dinamica, lasciando sulla scena solo ciò che viene, non quello che affermiamo su di esso;
– siamo disposti a tacere, ad aspettare, a darci tempo e a dare tempo all’altro e ai fatti;
– siamo disposti a sorridere sul nostro tentativo, e su quello dell’altro;
– conosciamo la compassione.
Tutto questo ci permetterà di vedere noi, i nostri figli, il lavoro, i problemi, gli altri come tessere di un’infinito mosaico: ognuna con un suo posto, una sua funzione, una sua sacralità.
In virtù di questa possibilità di visione, sorgerà in noi il naturale impulso a vivere compitamente ciò che siamo, ciò che si presenta, ciò che ci compete e, allo stesso tempo, collaboreremo e coopereremo con tutti gli esseri affinché ognuno di essi sia nella condizione di fare altrettanto.
Immersi in questa dimensione di vita, scopriremo l’intima natura della disposizione a servire.
Allora sapremo quando c’è bisogno di noi, e quando no; quando fare un passo in avanti e quando astenerci; quando esprimerci e contribuire e quando scomparire silenti.
1- Non apporre etichette sui fatti
2- Sviluppare la consapevolezza del presente attraverso il ritorno a zero e alla presenza delle sensazioni
3- Coltivare ed osservare il ritmo di identificazione/disidentificazione: spendersi fino in fondo e dubitare fino in fondo
4- Essere disposti a togliere
5- Sapere che la vita provvede il necessario a ciascuno: la fiducia
6- Sviluppare lo sguardo del genitore che osserva la processione dei fatti, sa intervenire e sa astenersi
7- Salire sul monte, contemplare l’accadere come Ciò-che-è
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Il post arriva provvidenzialmente a dare orientamento e luce allo sguardo sulla realtà da me vissuta in questi mesi. Ne farò tesoro. Grazie.
L’adolescente ancora la fa da padrone in buona parte delle circostanze…. leggerò più volte per averlo ben chiaro quando alza la cresta! Grazie
Grazie. Non proprio semplice da capire, a parte i concetti di base che ritornano sempre. Ma la loro declinazione stavolta mi rimane piuttosto nebbiosa. Proverò a rileggerlo domani, per vedere se riesco ad entrarci meglio.
Lascio sedimentare questi insegnamenti…
Grazie!
Chiaro su alcuni punti , da rivederne altri
Si non semplice… su certi aspetti si riesce, su altri il raglio è fortissimo e molto spesso invece non mi rendo nemmeno conto dell’asino che sono…grazie!
Nell’accezione tradizionale dell’essere genitore, il genitore è completamente identificato con il suo ruolo e così vede più le sue esigenze che quelle dei figli. Totalmente diversa la spiegazione che ne dai. Grazie.
Tutto vero! Non sempre facile attuarlo. I figli provocano e noi incespichiamo lì, dov’è il nodo è più duro.
Direi, Natascia, che non parlavo dei figli..
Coltivare un equilibrio quello del genitore monitorando, esercitando questo compito su noi stessi prima di tutto e quello verso i figli poi accadrà naturalmente.
Rileggi attentamente, Alessandro, lo sguardo del genitore di cui parlo non ha a che fare con i figli, non primariamente almeno..