Il dialogo nel sentire: la preghiera nel Sentiero contemplativo

Qui parleremo di quello che altri, in altri contesti interiori e spirituali, chiamano preghiera.
In questa pagina trovate una spiegazione dell’esperienza della preghiera secondo il Cerchio Firenze 77 e secondo il Sentiero contemplativo.
Nel Sentiero non utilizziamo il termine preghiera, troppo equivocabile; parliamo di dialogo interiore, o di dialogo nel sentire, intendendo con questa espressione sintetica:
la consapevolezza delle dinamiche interne al sentire e il dialogo tra le parti, tra le sfumature, tra il compreso e il non compreso.

Quando parliamo di sentire intendiamo non solo le comprensioni acquisite nel corpo della coscienza, o akasico, ma anche la realtà dell’universo dei tre corpi spirituali superiori.
Il corpo akasico altro non è, in fondo, che un accumulatore/comparatore/verificatore: un grande robot.
Esso è il terminale a cui giungono gli impulsi dei tre corpi superiori, da un lato, e, dall’altro, le informazioni di risulta dalle esperienze dei corpi transitori.

La questione:
1- cosa accade nei corpi transitori?
2- cosa è acquisito nel corpo akasico?
3- cosa giunge dai tre spirituali, in quali direzioni conduce?

Queste tre questioni sono quelle che chiamiamo dinamiche interne al sentire: percependole sviluppiamo una movimento interiore, esse sono parte, componenti dinamiche di quest’essere in manifestazione e portano alla consapevolezza:
– i limiti del non compreso, e le indicazioni per il loro superamento,
– il compreso e la necessità di non indugiare su di esso;
– la direzione esistenziale verso cui si è condotti.

Questa dinamica interiore, coinvolge inevitabilmente e logicamente l’Io, dunque diviene anche, inevitabilmente, un dialogo: non un dialogo tra l’Io e il sentire, qualcosa di più vasto perché l’Io non va contrapposto al sentire, ne è parte integrante quanto relativa ed effimera.
Non è dunque un dialogo tra persone diverse, noi e Dio, l’Io e la Coscienza (o, come dicono alcuni, il Sé superiore): non parliamo di questo frazionamento, di questo conclamare una frattura, una divisione, una separazione, una dualità.

I “soggetti” in campo sono:
1- Il sentire ampio dei corpi spirituali;
2- il sentire conseguito nel corpo akasico;
3- il sentire limitato, da conseguire, in essere nel quotidiano dell’incarnazione.
Il dialogo, la dinamica è tra queste parti, tra questi tre livelli di sentire che possono essere interpellati nei modi più personali, e che affluiscono alla consapevolezza attraverso le scene del vivere e inducono il soggetto al gesto introversivo, all’interrogazione, al senso di colpa, al pentimento, alla gioia gratuita, allo slancio generoso, alla quiete, allo stare: dipende.

Questo dialogo è innanzitutto una esperienza che avviene in simultanea all’agire, all’intenzione che lo genera, al pensiero e all’emozione che sostengono e direzionano il processo del vivere:
simultaneamente al sorgere dell’intenzione avviene la verifica di essa attraverso questa dinamica interiore: essa viene indagata e ponderata nella sua autenticità, in ciò che la condiziona, nei suoi possibili frutti nella vita soggettiva e in quella dell’altro da sé.
– Quell’intenzione si ammanta di pensiero e questo passa attraverso la griglia della dinamica/dialogo tra sentire che produce, nell’immediato, una modificazione della narrazione concettuale, l’analisi critica del suo portato egoico;
– allo stesso modo, e sempre in simultanea, la dinamica/dialogo tra sentire setaccia l’ambito delle emozioni, degli affetti, delle sensazioni e pone tutto queste in una relazione viva e dinamica, facendo emergere la risultante di questa alchimia tra i tre piani del vasto (spirituale), del relativo (sentire akasico), del condizionato (sentire da conseguire).

Questa dinamica/dialogo tra sentire trova dunque la sua applicazione in corso d’opera, nel mezzo del vivere, prevalentemente e privilegiatamente.
Ma può, e direi deve, trovare dei momenti specifici per essere praticata aldilà dell’opera in corso, anzi, fuori da qualsiasi opera.
Il soggetto si ferma, trova momenti del suo quotidiano da dedicare all’ascolto interiore, diversi dalla pratica meditativa, e osserva cosa si muove tra questi piani che lo costituiscono.
Ascolta il condizionato, il conseguito relativo e, per quel che gli è possibile, il vasto.
All’interno di questo ascolto e di questa osservazione ci stanno tutte le rappresentazioni io/Tu che l’identità vuole creare e che sono funzionali allo scopo.
Esistono individui che non hanno bisogno di rappresentazioni, e ne esistono altri che non possono non attivare rappresentazioni, che senza dare un nome a quel Tu sono perdute.
Ad alcuni basta osservare, altri chiamano quel vasto Dio, Padre, Signore: non è questo il problema.
È necessario solamente intendere che nella dinamica/dialogo tra sentire, affiorano tre strati:
– il vasto che indirizza e orienta;
– il conseguito relativo, che conforta e consolida;
– il non compreso che genera le scene in virtù del fatto che è indissolubilmente connesso con i due precedenti e del dispiegarsi dei gradi di sentire è la risultante.


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4 commenti su “Il dialogo nel sentire: la preghiera nel Sentiero contemplativo”

  1. Catia mi dice che il mio testo è complesso: può darsi.
    Per facilitarvi il compito e la riflessione, di seguito trovate un testo completo e semplice scritto da Catia stessa alcuni anni fa: L’esperienza della preghiera, https://drive.google.com/file/d/1eTuFWQhBWBmgBpD9vEEsL3Vbybv5fKUt/view?usp=sharing

    A questo indirizzo trovate anche una comunicazione della Via della Conoscenza: se non volete leggerla tutta, affrontate solamente quanto detto da Soggetto: https://drive.google.com/file/d/0B8jSxeLb99YjeGlBU1VxbXU5YkE/view?usp=sharing

    A questo indirizzo trovate quanto dice il Cerchio Firenze 77 in merito alla preghiera: https://www.contemplazione.it/natura-della-preghiera-cerchio-firenze-77/

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  2. Devo ammettere che faccio fatica a entrare in questa lettura della preghiera come dialogo interno ai diversi livelli del sentire. Tendo a cadere sul mentale e non ne esco. Probabilmente devo approcciarmi attraverso declinazioni più agganciate all’esperienza.

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  3. L’ascolto e l’osservazione, mettono in evidenza il compreso ed il non compreso. Il dialogo interiore che scaturisce mette in relazione i diversi gradi di sentire. Questo è ciò che chiamiamo preghiera?

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