L’amore per qualcuno è una limitazione dell’amore universale

Può darsi che l’argomento che tratterò risulti indigesto alle identità, le quali amano scaldarsi al fuoco dell’amore umano e, quando questo viene relativizzato, reagiscono provando il freddo dell’ignoto e dell’estraneo.

Per comprendere cosa significhi l’espressione: “L’amore per qualcuno è una limitazione dell’amore universale” bisogna aver sperimentato sia l’amore universale che quello personale, relativo, per qualcuno.

Se questa è la situazione sperimentata, allora sarà evidente anche l’esperienza di limitazione di cui parlo: una restrizione del campo visivo, uno sguardo che da ampio si fa ristretto e parziale, un provare, un vibrare interiore che da illimitato e senza confine, diviene limitato all’interno di un confine.

La cognizione di questa limitazione non la si può avere se si è conosciuto solo l’amore relativo, perché manca la possibilità di confrontarlo con qualcosa di totalmente altro.
Si possono parametrare diversi amori relativi e stilare una sorta di graduatoria di valore e di intensità, ma non si riesce ad uscire dal relativo perché ancora non c’è stata l’irruzione del totalmente altro.

Cosa diviene l’amore per un figlio, per un partner, per un genitore quando quel “totalmente altro” ci ha impattati, quando è oramai emerso dalle nebbie prodotte dalle identità e dalle loro credenze e condizionamenti?

Se avete una macchina fotografica, sapete cosa è un grandangolo e cosa un teleobiettivo: con il primo il campo visuale è largo, con il secondo ristretto.
Il passaggio dall’amore universale a quello relativo, corrisponde al movimento dello zoom che da grandangolo diviene teleobiettivo: il passaggio dall’amore relativo a quello universale, è il movimento dello zoom inverso.

Quando hai conosciuto l’amore universale, un figlio non è più tuo, è di Dio e risponde a Dio, non a te: questa è un’esperienza precisa, impressa nelle ossa e nella carne.
Quel figlio che hai cresciuto, che è il tuo mondo, il tuo sogno, che tu vedi attraverso il teleobiettivo, dopo aver sperimentato il respiro dell’amore universale, diviene il figlio-di-Dio, figlio-tuo-perché-da-Dio-donato.

Attenti, questa è la chiave: passi dal considerare quel figlio tuo, al viverlo come donato, come offerta di vita, d’esperienza, come colui che viene nella tua vita perché così è nel disegno di Dio.
Il dono di Dio che cambia la tua vita: quel dono molti lo tengono stretto, lo riducono a sé; altri lo collocano nel giusto contesto, imparano, benedicono..
Quanto si è allargato l’orizzonte? Immensamente. Da me, a Dio: un bel passaggio..

Non è così anche per i partner? Chi è quest’essere che ci sta a fianco?
Lo vediamo, con quel teleobiettivo che è l’amore relativo, così vicino, così prossimo, così funzionale, così interno al nostro mondo che, in verità, non lo vediamo affatto.

Solo nella lontananza di una crisi, o di una perdita, cominciamo a vederlo, o quando abbiamo avuto la grazia di vedere azionato lo zoom e dal teleobiettivo siamo passati al grandangolo: allora quell’essere si inserisce in un contesto esistenziale più ampio, non ridotto al nostro, a quello che condividiamo nella routine.
Emerge come essere a sé, che va per la propria strada accompagnato da noi.
Altro da noi, anch’egli dono di Dio.

L’amore relativo è intriso di possessività, è questa che lo rende relativo: se lo depurate dalla possessività, emerge il suo respiro universale: il movimento dello zoom altro non è che il processo attraverso vari gradi di possessività, fino al suo superamento.

Pensate alla possessività in merito alla sessualità.
Pensate al mito della fedeltà – che per l’umano è quasi sempre fedeltà sessuale – come declinazione della possessività.
Come ci rimane difficile uscire da queste maglie interpretative, immaginare rapporti non basati sulla esclusività e sul possesso!

L’esperienza dell’amore universale scompagina l’orizzonte angusto dell’amore relativo: le identità che non conoscono il primo, pensano che, contrapposto al secondo, esso divenga l’ambito della liceità.
Non sanno di cosa parlano, e guardano l’Immenso dall’interno dei loro piccoli scafandri.
Inutile spiegare.

Vi lascio, riassumendo.
L’amore relativo è simile a quella persona che non è mai uscita dal suo paesello, o dal suo quartiere: tutto teme e di fronte a tutto si ritiene inadeguata, timida, incerta.
Come prende il primo aereo, giunge in una città straniera, conosce coetanei, situazioni, intrecci, complessità; come sperimenta tutto questo vede aprirsi un mondo interiore fatto di intelligenza del reale, di consapevolezza, di compassione.
Nel piccolo, era circondata dai muri della propria mente; nel vasto, vede i muri disgregarsi e nuove prospettive le si aprono perché diversamente sente, e percepisce sé.

Chiamiamo amore il paesello, e compimento di esso la sessualità genitale e la fedeltà in essa: non ci riesce di immaginare l’amore universale che supera quella sessualità e quella fedeltà, che ci apre su ambiti vibrazionali e d’esperienza inimmaginati, così lontani dalla logica dell’orto mio e dell’orto tuo, dei confini e del possesso.

Le persone sono di Dio, non nostre.
Sono di Dio i figli nostri e i figli dei migranti che muoiono in mare.
Sono di Dio i partner nostri, i nostri amici, le persone care.

Non possediamo niente e nessuno,
tutto è di Dio.
Nulla ci è dovuto, nessuno è sotto il nostro controllo,
o in nostro potere.

Nell’amore universale vibra l’essere di Dio:
vibra come sessualità,
come affettività,
come intelligenza,
come compassione.

L’amore universale,
che si incarna nelle ossa e nella carne delle nostre vite,
non dipende dalla genitalità,
non ha bisogno di riconoscimenti,
non desidera ruoli e funzioni,
conoscenza ed onori:
basta a se stesso,
irradia la sua essenza,
vibra insieme a tutti gli esseri,
canta la natura di Dio senza sosta,
riempie le nostre vite
fino a farle traboccare di senso.


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Paola

Sono paola credo che alla fine si ha voglia di andarsene perche la sofferenza e al limite ed una vita nell acqua non può essere portata oltre e nel silenzio assoluto di un essenza che si e stancata di esprimersi. Dopo trentanni puoi andartene. Nel dio non credo in forme di intelligenza superiori si. I soldi per continuare tali esperienze non bastano.ognuno e chiuso nel suo cuore. Attenendosi al minimo di tutto. Una solitudine che non piace quando si protrae per eoni ed anni. L eternita non piace quando il tempo finisce e tu rimani chiusa nel silenzio con gli occhi di tutti fissi su di te. Se non riesci nei trentanni vai via. Abbiamo pagato senza essere colpevoli e morti tragicamente. Ciao paola

Claudio

Letto!

Pietro

Letto

Maria Balducci

Non so se riesco ad accogliere pienamente in me questa distinzione, che poi distinzione non è, tra amore relativo e assoluto, sento che questa è la direzione ma non ne ho fatto esperienza piena. È come se l’assoluto si servisse per un certo tratto del relativo , poi viene un tempo in cui avverti che bisogna liberare gli ormeggi e dilatare lo sguardo, salendo sul monte e scendendo nel profondo di noi a fortificare la radice che ci costituisce.

Molte volte mi torna spontaneo ripetere il mantra: “nulla mi appartiene” ma molto mi è donato, aggiungerei.

Sento che la Vita mi porta ad allargare lo zoom con forza e ostinazione e sempre meglio vedo i piccoli ma potenti movimenti identitari che Ancora mi abitano. Convivono con la spinta a superarli senza cadere nella trappola delle aspettative sempre in agguato.
Mi sembra che uno sguardo vigile su me non possa poi sfociare nella compassione per le mie limitazioni e per quelle di chi mi cammina accanto.

lorena

Nell’amore universale vibra l’ essere di Dio. insieme a tutti gli esseri, riempie le nostre vite fino a farle traboccare di senso. Queste parole mi toccano profondamente. Ma la parola amore faccio fatica a pronunciarla per la sua immensità, magnificenza.

Roberta I.

Letto

Luana D.

Il titolo del post è da subito comprensibile e tollerabile, ma le esperienze nel quotidiano mi indicano che sono lontana da ciò che scrivi.

Mariella

Le parole di questo post si fanno ogni giorno più chiare: la Vita mi dà la possibilità ora di provare a sperimentarmi nell’Amore universale. Ogni giorno è buono, ma ci sono anche banchi di prova. Allora sorgono i dubbi: ne sono capace? La mia identità sa farsi da parte? So farmi secchio vuoto? So mettere al centro il bene dell’altro e servire il suo cammino esistenziale? Il vero banco di prova è proprio la questione del possesso e del controllo, la pretesa di esclusività. Un mantra di un po’ di tempo fa recitava così: non darmi nulla, non ne ho bisogno. È un certamente un lungo processo.

Samuele

Non c’è contrapposizione tra i due tipi di amore. Entrambi fanno parte dell’amore. Il limitato limita l’universale e viceversa? Non necessariamente credo. C’è spazio per entrambi.

Elena

Le tue parole sono chiare. Penso di conoscere l’amore universale. Dopo di che quell’amore convive nel quotidiano con quello, spesso stridente, relativo. Amare chi decidi di amare è facile, riesce fluido. È zoommare su chi non sopporti (e ami al tempo stesso su un altro piano) che chiede grande uso di pialla, di rispetto, di consapevolezza, di discernimento. Per me l’amore ampio può convivere con la non soppprtazione di un rapporto zoomato. Ed è li che l’officina non chiude per ferie ma fa anche i turni di notte.

Natascia

Un figlio non è tuo, ma è di Dio, da Lui donato. Queste più o meno le parole che più ho riconosciuto, di cui sento aver fatto esperienza. È forse questa la forma in cui posso aver sperimentato un amore vasto! Questo non ha evitato che poi non mi impattassi più con l’amore relativo, quello per cui è importante l’essere riconosciuta, la soddisfazione ad un bisogno egoico. Mi è più semplice però vederne i limiti e posso provare a superarlo.

Catia Belacchi

il post è ineccepibile ma il tema è complesso. Non so se posso dire di aver sperimentato l’amore universale, ma so cosa significa l’apertura del cuore, quando nasce una sensazione di profonda gratitudine senza specificazione. Posso dire di conoscere l’amore relativo e al riguardo concordo con quanto scritto da Anna. Rispetto a quest’ultimo mi sembra spesso di essere inadeguata , di “amare” lasciando che l’identità si sovrapponga. L’idea di impermanenza, che sempre si affaccia in me quando si parla degli affetti, è una comprensione che ancora non ho raggiunto, ma ringrazio infinitamente per quanto, in questo senso e in tutti i sensi, nella vita mi è stato donato.

Alberta pucci

Ho un’idea di Amore universale , ma poi il rapporto con figli e patner e’ evidente che crea condizionamenti , ancora ,.almeno per me non superati. Ma come dice Anna , se sali sul monte la prospettiva cambia e si puo’ intravedere come li tutto si amplifichi e relativizzi la relazione con l’altro

Luca

Sarebbe bello poterlo applicare,
Magari un giorno quando sperimenterò cosa significa il rapporto di coppia.

Eddy

Mi interrogo se abbia mai sperimentato l’amore universale.
Credo di avere qualche barlume, da tempo, soprattutto nel rapporto col partner, una prerogativa è favorire la libertà dell’altro, essere funzionale al processo di liberazione di sé dell’altro.
Vedo questo come un passaggio intermedio che può aprire spiragli su qualcosa di più ampio.
Mi torna in mente una piccola cosa che scrissi a riguardo :
Volevo liberare un pesce
Ma avevo paura di perderlo
Così divenni oceano.
Alla di questo sarebbe più onesto dire :
Provai a diventare oceano

Luciana

Non possediamo nulla e nessuno, ma tutto è per noi, a noi disponibile. Questo ci apre ad una vita altra in cui l’Amore si scrive e si vive con la A maiuscola!

Anna

L’amore per qualcuno è una limitazione dell’amore universale se resta chiuso nella relazione. Se sali sul monte la prospettiva cambia e l’amore per qualcuno diventa esperienza ed espressione dell’amore universale.

Paolo Carnaroli

Il passaggio dalla conoscenza alla comprensione è lento e faticoso.
Grazie per questi stimoli che possono accelerare il processo

Nadia

Con questo post, alzi la posta in gioco rispetto a quello relativo all’amicizia https://www.contemplazione.it/2019/08/09/sullamicizia-umana-e-sullamicizia-in-dio/.
Ma qui, mi è più facile comprendere, sicuramente perché il post ha aiutato a preparare il terreno, ma poi, quando si tirano in ballo i figli, è sempre più evidente la loro “indipendenza e autonomia esistenziale” e questo facilità la visione del disegno di Dio. Poi, il viverli come dono, ha molte sfumature…
Molto ci sarebbe da dire anche rispetto al rapporto col partner e circa l’infedeltà, ma qui sarebbe troppo lungo e poi infine mi chiedo se, ho mai veramente sperimentato, in questa vita l’amore universale

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