Essere identificati e nascondersi la realtà [V7]

Essere identificati nella propria mente vuol dire attribuire a ciò che accade un proprio significato, che dà l’illusione di poter piegare a sé tutto quel che si può e di poter frapporre argini e condizioni alla forza che irrompe dalla vita.

Questo perché voi vivete come naturale il bisogno di difendervi dalla vita, e come innaturale il suo continuo trasgredire al vostro sistema d’ordine, ribadendo ogni volta che la vita è la vita, non la ‘vostra’ vita, e distribuendo indifferentemente vincoli e opportunità, in cui voi leggete vostri ‘problemi’ oppure privilegi diretti a voi.

Questo vi porta a nascondervi la realtà, sostituendola con un mondo ‘per voi’, che è l’identificazione in voi stessi – vale a dire nei vostri oggetti psichici – poiché vi sentite disorientati di fronte alla scoperta dell’indifferenziazione con cui la vita si presenta e scorre via.

Vi nascondete anche di essere attraversati da moti interiori, che non governate, e continuate a creare connessioni fra pensieri, emozioni e azioni per costituire un ‘io’ nel quale vi arroccate. Nella via della Conoscenza si crea un’abitudine a posare a tratti l’attenzione su altro da voi, che è inconsapevolmente plasmato dall’indifferenziazione, pur continuando a riferirvi a quel mondo ‘per voi’, in cui persiste la vostra meta evolutiva.

C’è un’esperienza – terribile per chi ne viene afferrato – che nasce dall’imporsi di un silenzio interiore, in cui viene messo a nudo il non-senso dei significati che sono stati edificati su di sé, sugli altri e sulla vita.

In quel silenzio appare tutta l’assurdità di una visione della vita che asseconda, rassicura ed è funzionale a una propria crescita interiore.
La vita presenta sollecitazioni che nascono, muoiono e non ritornano, però l’uomo le paragona e le classifica in base a quello che ha già incontrato e a quello che può tornargli utile, anche se nulla si ripropone di uguale ad altro, e quindi niente può essere considerato come già successo precedentemente.

È così che voi uomini travisate ciò che è, perché lo giudicate, lo paragonate e lo misurate col già conosciuto.

Fonte: La via della Conoscenza, “Ciò che la mente ci nasconde“, Vita, pag. 11-12

In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.

Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.


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8 commenti su “Essere identificati e nascondersi la realtà [V7]”

  1. Tutto ciò che è nuovo, diverso dallo status quo, spaventa, destabilizza. C’è bisogno di “tempo”, di esperienza dopo esperienza per infrangere quei veli, quelle barriere che nascondono l’essenziale.
    Con estrema fiducia si procede accogliendo compassionevolmente le cadute

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  2. Esistono diversi gradi di identificazione e ad un certo punto si arriva alla piena consapevolezza di tale processo che, muore un attimo dopo essersi manifestato. Questo oggi avviene nella sfera delle emozioni, un po’ meno quando si ha a che fare con i pensieri.

    Non capisco perché si definisce terribile l’esperienza del silenzio interiore. C’é forse dell’ironia?

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  3. Perchè, l’essere umano fa fatica ad accettare il “CIO’ CHE E'” è forse mancanza di coraggio? affrontiamo direttamente le difficoltà della nostra vita, vogliamo continuare a fuggire? Cerco di aprirmi alla profonda accettazione della natura caduca e non appagante.

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  4. Non si può accedere al ciò-che-è senza passare per il deserto, per una certa soglia di “macerazione” della mente.
    Il cioè-che-è è la minaccia della mente, la sua messa in discussione radicale.
    Il ciò-che-è è l’indisponibilità della vita a piegarsi alla “nostre” logiche.
    Anzi, il cioè-che-è è ciò che sbriciola e frantuma quelle logica.
    E, dunque, il ciò-che-è non si presenta come ciò che è rassicurante, anzi, al contrario, sì presenta come ciò che è destabilizzante.

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  5. Vero che creiamo connessioni tra pensieri, emozioni ed azioni e che confrontiamo il presente col passato.
    Ma di insegnamento in insegnamento, di esperienza in esperienza, a poco a poco la mente si scalza, osserva e scardina se stessa.

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  6. Passare dalla logica dell’io, a quella del deserto, in cui l’esperienza contemplativa vede il seme della Vita, necessita di una destrutturazione possibile solo se c’è un affidarsi senza fine a ciò che sentiamo, ma che non ha parole per essere descritto ed è forse per questo, che a volte ne dubitiamo.

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  7. Intuisco cosa scrivi.

    Percepisco l’umanità nel definire terribile l’esperienza di chi ne viene afferrato.

    (credo) Ognuno travisa secondo il proprio livello del percorso e una strada possibile è l’incessante ritorno alla consapevolezza del ciò che è.

    (Infine credo che) la via dell’umano sia il pezzo che stiamo facendo e mi inchino (ancora con continue resistenze identitarie) a ogni manifestazione.

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