L’uomo che percorre un cammino interiore pensa spesso di aver compreso il proprio ruolo nella vita e le si rivolge, quasi personificandola, e le si offre affinché essa faccia di lui ciò che vuole.
Questo desiderio di mettersi al servizio nasconde il bisogno di essere riconosciuti come degli ‘individui’ un po’ speciali e quindi utili alla vita.
Nessuno serve a niente e niente serve a nessuno; ogni essere è come un piccolo segmento effimero e impermanente nel relativo.
La vita nel relativo è una successione temporale di espansione e di contrazione, che sono due movimenti che si susseguono e si completano: sono il pulsare del respiro dell’esistenza.
In quel respiro, tutto ciò che accade segue il medesimo contrarsi ed espandersi in una continua alternanza, come il nascere e il morire, l’affiorare e lo svanire, l’inizio e la fine, il giorno e la notte.
È una cadenza che presenta fatti, avvenimenti, esseri animati e inanimati, e in cui si mostra il segreto dell’impermanenza attraverso la pausa.
Anche nella vostra mente può improvvisamente aprirsi una frattura fra i suoi contenuti, e per quell’attimo appare la pausa che è sempre presente fra un accadimento e un altro nello scorrere della vita nel quotidiano, dentro e fuori di voi.
Nella frattura, può verificarsi un inceppamento dello schema interpretativo della vostra mente.
Nella pausa c’è l’irrompere della vita dentro il quotidiano, quello stesso che l’uomo fa parlare essenzialmente di lui: dei suoi sentimenti, dei suoi pensieri, dei suoi progetti, delle sue piccole beghe o grossi ‘problemi’, delle sue etichette e delle sue relazioni.
È proprio in quel racconto che possono aprirsi improvvise fratture, che spesso sono preannunciate da un dolore o da un’insoddisfazione o da un’offesa al proprio ‘io’.
La frattura apre uno spiraglio verso il vasto respiro dell’esistenza, che è fatto di ogni piccolo respiro che si fa udire dentro la frattura che l’uomo non riesce a colmare.
È a quel punto che il fascino per la pausa lo conduce verso un silenzio interiore.
Fonte: La via della Conoscenza, “Ciò che la mente ci nasconde“, Vita, pag. 12
In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.
Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.
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Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
“….possono aprirsi improvvise fratture, che spesso sono preannunciate da un dolore o da un’insoddisfazione o da un’offesa al proprio ‘io’.”
Ecco come la dimensione del divenire, diventa porta per l’Essere.
Fascino inteso come spinta della coscienza. Come afferma anche Leonardo non c’è un io, un soggetto che si attribuisce un azione, ma è il sentire che conduce in quella direzione perchè lì fortemente condotto…
Riguardo alla questione posta da Luciana.
Il “fascino” di cui si parla nel post non è quello che può essere esercitato su un “io”.
Anzi, è il fascino che, in un certo qual senso, si erige contro l’io e sorge quando l’io è disatteso nelle sue aspettative.
È il fascino per il vasto, l’incommensurabile; è abbandono, dimenticanza di sé, fiducia.
È un fascino dell’Essere che ci chiama alla resa, al silenzio e all’ascolto.
In ascolto.
“È a quel punto che il fascino per la pausa lo conduce verso un silenzio interiore.”
Come si può definire il “fascino”? Non è prodotto dalla mente? O è la naturale conseguenza della frattura che ci apre a un nuovo sentire?
Interessante domanda.
Chi risponde?
Nessuno serve a niente e niente serve a nessuno. In questo paradosso sta tutta la illusione dell’arrabattarsi, del prodigarsi, del credersi utili.
Nella logica del divenire ciascuno ha il proprio percorso esistenziale, nella logica dell ‘Essere, ogni fatto è un fatto che basta a sé stesso.
Quando la mente ci riporta ai giudizi sugli accadimenti, ricordarsi di tornare alle pause tramite il disconnettere, e di non prendersi troppo sul serio.