Perduta l’illusione di essere un “io” si dissolve il concetto di Divino [V15]

Il Divino è l’inafferrabilità. L’unico possibile incontro con il Divino può cogliere l’uomo dentro il deserto interiore dove ci si riconosce effimeri nell’effimero. Quel Divino, di cui tanto vi raccontate, è parto della vostra mente, utile ad auto-giustificarvi finché ne sentite il bisogno.

Il Divino è inaccessibilità, e quindi non è nulla di quel che bramate come conferma al vostro esserci e ricercate come ricompensa al vostro operare.
Quando si esaurisce del tutto quel bramare per colmare i vuoti interiori, ma anche quel cercare conferme al proprio esserci e al continuare a esserci, cessa ogni distinzione fra il sacro e il profano, cioè fra voi e il Divino. Voi non ci siete, perché si svuota l’illusione di essere un ‘io’ e, morta quell’illusione, si dissolve anche il concetto di Divino legato al vostro ‘io’.

Non ci sono mai parole per raccontare quello che può essere l’incontro con l’inaccessibilità totale. È inenarrabile, e se si tenta di descriverlo a parole, si scivola nel mondo mentale e nel vecchio concetto di Divino.

È come trovarsi spogli di fronte all’effimero ed essere invasi dalla sua potenza; e chi tenta di raccontarlo, si accorge che sta solo blaterando.
È un momento irraccontabile, segreto, intimo e profondo; possiamo chiamarlo l’incontro di nessuno con se stesso.
Perché chi mai incontra chi, e quando avviene l’incontro, se l’incontro è immutabile da sempre?

Però ora proviamo a rappresentarvelo in un gioco in cui i tanti ‘qualcuno’ si credono distinti e non vogliono riconoscersi come nessuno; quindi ingaggiano una rappresentazione illusoria per continuare a essere dei ‘qualcuno’.
Ma l’effimero li riconsegna dove, da sempre, c’è nessuno.
Perché, morendo a se stessi, si riconosce immutabile quel cosiddetto incontro, che mai c’è stato e che mai ci sarà, ma che da sempre è.

Come ben capite, questa è, necessariamente, solo una provocazione verbale, e non l’incontro col Divino, perché l’unico modo per narrarlo è la profondità di un totale silenzio.

[…] Effimero e sostanza per l’uomo sono concetti che restano contrapposti.
Concettualizzare l’effimero non vi fa avvicinare alla realtà, che non è condensabile in immagini mentali e che sfugge sempre, anche se si scava.

La realtà può solo manifestarsi nel silenzio interiore, e non è possibile tradurre in parole ciò che accade dentro quell’interiorità.

Oggi vi è stato spiegato che quello che chiamate ‘percorso evolutivo’ non è un percorso, perché nessuno va da nessuna parte.
È possibile parlare di una resa totale, che è il morire a se stessi, nel momento in cui si scopre l’illusorietà delle mete evolutive attraverso le quali si vuole cambiare per migliorarsi, e quindi per mantenere vivo il proprio ‘io’.
Queste voci vi stanno portando dove le parole usate per dar forza al proprio ‘io’ non hanno più alcun significato e, prive di senso, da sole muoiono.

Fonte: La via della Conoscenza, “Ciò che la mente ci nasconde“, Vita, pag. 16-17

In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.

Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
Download libro, formato A4, 95 pag. Pdf
Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.


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Leonardo Properzi

Il divino non si offre come “ricompensa” per essere stati “bravi”, diligenti e pii. Crediamo che basti non riconoscersi in una confessione religiosa storica per uscire da quell’inganno. E con questo animo entriamo in altre vie spirituali fiduciosi che raggiungendo la “pace” troveremo Dio.
In verità l’inganno è in noi e lo porteremo dovunque, in qualsiasi esperienza esistenziale, fino a quando non si disconnetta quella narrazione.

Natascia

Solo chi ha fatto esperienza di quell’Unità può descriverla così, trovando un modo originale e convincente per raccontare ciò che è indefinibile.

Catia belacchi

Il divino è inaccessibilita e l’inafferrabilita, afferma la V d C, e questo dire senz’altro stupisce e stimola la mente a comprendere. Ma siccome la comprensione avviene a livello di coscienza, di esperienza in esperienza, secondo la visione del passo dopo passo, finché si è incarnati e si ha un io, la separazione dall ‘Assoluto si avverte nell’ anelito ontologico di ricongiungersi ad Esso. Questo anelito ha le caratteristiche dell’ umano, che sia meditazione o contemplazione, o silenzio o preghiera.
Mi vien da dire che consideriamo il Divino come un Tu interno.

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