[Via del monaco 2] Se obbedisco al bisogno profondo che sorge in me, alla chiamata dell’archetipo del monaco, sarò un buon collaboratore efficace per coloro che mi stanno attorno e con i quali procedo nella vita di ogni giorno.
Se non obbedisco a ciò che mi chiama e mi costituisce, sarò soltanto uno che non porta l’Essenziale alla consapevolezza di sé e degli altri, contribuendo a generare un clima di frustrazione e di alienazione.
Così si risolve la diatriba: prima la vocazione, la chiamata all’Essenziale, o prima la famiglia e i propri doveri nel mondo?
Il Figlio dell’uomo risolve la questione in altro modo: invita alla scelta radicale di abbandonare tutto e tutti; non bisogna dimenticare che lui era convinto che il regno di Dio fosse imminente, quindi la sua chiamata aveva l’urgenza propria di un evento escatologico imminente.
Noi non abbiamo urgenza alcuna di abbandonare le nostre famiglie e i nostri impegni; non abbiamo voti da prendere, né una separazione dal mondo da affermare: le nostre vite vanno bene come sono, in esse sappiamo darci le opportune priorità.
L’obbedienza alla chiamata esistenziale precede ogni altra obbedienza e rende ognuna di esse interna ad una visione unitaria.
Obbedire alla chiamata significa vivere in armonia con quel che si è e questa armonia interiore germoglia nei nostri gesti, nelle nostre parole, nelle nostre intenzioni a beneficio di tutti coloro che ci stanno attorno.
Non c’è conflitto tra la priorità della chiamata esistenziale e la nostra vita: è nel quotidiano che la chiamata si incarna, è nella relazione che si articola e diviene lievito.
Se il coltivare la Via del monaco richiede un suo tempo specifico, tempo di pratica, di studio, di relazione con gli altri membri della comunità diffusa, troviamo il modo di conciliare questi tempi con il lavoro e con l’accudimento delle nostre famiglie.
I nostri famigliari sanno in cosa siamo impegnati, vedono come questo ha ricadute fertili anche nelle loro vite, sanno comprendere.
Sono tanto più comprensivi quanto più noi sappiamo manifestare senza timori e reticenze la nostra vita spirituale, comunicando sinceramente e onestamente quanto per noi essa è centrale e fondamentale, quanto lo è per il nostro e per il loro bene.
La Via del monaco è il completamento del Sentiero contemplativo, il suo approdo; è anche il percorso di un gruppo di persone che si incontrano periodicamente all’Eremo dal silenzio e, a ogni stagione, al monastero camaldolese di Fonte Avellana.
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Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
Chiaro
Se prima c’era un tempo per dedicarmi al fare e uno allo stare, ora il confine non ha più contorni netti.
Anche momenti, apparentemente immersi nel divenire, sono osservati e vissuti con un certo distacco.
Non è una regola, ma un’attitudine che coltivata, rende più fluido il vivere.
Ricercare l’armonia interiore e la via unitaria la’ dove la vita s’impasta, con chi entriamo in relazione che condivida o, semplicemente, divida le scene.
Occorre saper manifestare senza timori ciò che per sé risulta centrale nella propria esistenza. Sacrosanto è l’ambiente apparentemente “avverso” perché ci aiuta a comprendere se ciò che avvertiamo è davvero frutto di una chiamata.
Né prima né dopo, quell’obbedienza si manifesta nel presente!
Tutto risuona!
“Vivere in armonia con que che si è” porta armonia nell’ambiente in cui si vive e in chi ci è vicino anche quando non guarda nella nostra stessa direzione.