L’unico maestro è la mia esperienza della vita [zq3]

Da Charlotte Joko Beck, ZEN QUOTIDIANO.
[…] Le ultime parole del Buddha furono: “Siate un lume a voi stessi”. Non disse: “Correte da questo a quell’insegnante, da questo a quel centro”. Disse:   “Siate un lume a voi stessi”.
Intendo parlare del problema dell’autorità’.

Generalmente, o siamo noi stessi un’autorità per gli altri (dicendo loro cosa fare) o cerchiamo qualcuno alla cui autorità rimetterci (che ci dica cosa fare). Non andremmo in cerca di una figura autoritaria se avessimo fiducia in noi stessi e nella nostra capacità di comprensione.

Specie trovandoci di fronte a cose spiacevoli, frustranti o problematiche, pensiamo di doverci rivolgere a un maestro o a un’autorità che ci dica cosa fare. Sono molto divertita dal fatto che, ogni volta che viene in città un nuovo insegnante, tutti corrono a sentirlo.

Per quanto mi riguarda, per vedere un nuovo insegnante sono disposta ad attraversare al massimo questa stanza, non di più. Non perché quella persona non mi interessi, ma perché non c’è nessuno che possa farmi vedere la mia vita, eccetto… chi? L’unica autorità è la mia esperienza.

[…] C’è un unico maestro: la vita. Ognuno di noi è una manifestazione della vita, non potremmo essere altro.
La vita è una maestra severa e, insieme, infinitamente dolce.
È l’unica autorità a cui affidarci. Ed è un maestro, un’autorità presente ovunque.

Non dovete andare chissà dove per trovare questo impareggiabile maestro, non vi occorre una condizione speciale, ottimale; anzi, più è aggrovigliata meglio è.
L’ufficio è un ottimo posto, casa vostra un posto perfetto. Posti come questi, lo sappiamo per esperienza diretta, sono la quintessenza della confusione. E lì incontriamo l’autorità, il maestro.

[…] Resta ancora, nel problema dell’autorità, una piccola illusione con cui ci divertiamo a giocare: “Benissimo, grazie tante, sarò io la mia autorità. Ma che nessuno mi dica che cosa devo fare“. Dov’è l’inganno? “Sarò io la mia autorità, costruirò da me i miei concetti della vita, le mie idee sullo Zen”: è un controsenso in cui tutti cadiamo.

Se divento la mia autorità in questo senso riduttivo, mi ritrovo nella stessa condizione di schiavitù, esattamente come se mi affidassi all’autorità di un altro. Ma se voi non siete l’autorità, e neppure io lo sono… allora?

Charlotte Joko Beck, ZEN QUOTIDIANO, Amore e lavoro, Ubaldini, Roma.
La prefazione al libro e la presentazione di Charlotte.
Qui puoi scaricare il libro (non so come academia.edu e l’autore del caricamento risolvano il problema del copyright).
In questo post e nei successivi sono riportati solo alcuni brani del volume.


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Anna

Il certosino lavoro nel quotidiano, attimo dopo attimo, la verità di un attimo prima che si annulla nell’attimo successivo…..forse l’autorità è il lasciarsi trasformare

Natascia

“E allora?” Vivo

Nadia

Allora?
Vedo, nella possibilità di condividere le esperienze di un cammino, al contempo intimo e comune, la soluzione al rischio di raccontarsela.

Luca

Concetto di autorità e imparare

Elena

E allora stiamo.
Silenzio consapevole.
Li c’è tutto come fosse un film.
E da li muove il passo.

Leonardo Properzi

“…e allora?”

E allora non c’è autorità, il concetto stesso di autorità è sbagliato.
Perché si cerca un’autorità nei diversi campi e non sono in quello spirituale?
Per migliorarsi. Dietro la ricerca dell’autorità si nasconde l’illusione di poter divenire migliori, più saggi, più evoluti.
Ma questo processo non fa altro che confermarmi nella mia centralità rispetto al vero (non) soggetto della realtà: l’accadere.
C’è nell’accadere possibilità di miglioramento e di progressione?
L’accadere è sconcertatamente “nudo”, non significativo, banale, non evolutivo.
Dunque cosa posso apprendere (se così si può ancora dire) dall’autorità della vita?
Che non c’è nulla d’apprendere.

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