Restare serrati al vostro ‘io’ vi serve per crearvi un’immagine distinta e separata da ciò che vi circonda e per costruire un argine con cui opporvi alla forza dell’indifferenziazione della vita. La creazione di un ‘io’ però necessita di continue connessioni fra emozioni, pensieri e azioni, che vi sforzate di rendere sempre più coerenti.
Quando poi iniziate un cammino interiore, aumenta l’esigenza che certi pensieri si accompagnino a determinate emozioni, che poi si concretizzino in azioni che siano adeguate al vostro bisogno di coerenza e di armonia, e che insieme siano finalizzati agli obiettivi che poi si traducono in una meta evolutiva.
Perché siete convinti che sia necessario darsi da fare per sfruttare tutte quelle occasioni che – vi dite – vengono offerte ‘proprio a voi’ dalla vita, affinché le possiate trasformare in azioni ‘positive’, cioè coerenti col vostro processo di progressione interiore. Questo è uno schema che vi imprigiona dentro un ‘io’ che si rafforza, divenendo il centro di un mondo ‘per voi’.
Abituarsi a dubitare significa perdere le certezze e lasciar nascere dei “boh!” quando si presentano quegli interrogativi che spaziano oltre la concretezza del giorno dopo giorno e per i quali non esistono risposte.
Quando i “boh!” si ripresentano, diventando frequenti, non si è più in grado di capire dove e come collocarsi per ridare slancio alla volontà di trasformarsi, che oramai si consuma dentro di sé, mentre si fa strada una sollecitazione ad arrendersi alla vita.
A quel punto si agisce privi di intenzioni e senza più pensare se: ‘mi serve spiritualmente’, o ‘mi migliora’, poiché non si trova più alcun motivo per servirsi delle azioni verso le finalità rivolte a una propria progressione. Questo è proprio un deserto interiore, per chi lo vive.
Fonte: La via della Conoscenza, “Ciò che la mente ci nasconde“, Gratuità, pp. 35-36
In merito alla via della Conoscenza: quel che le voci dell’Oltre ci hanno portato non sono degli insegnamenti, non sono nuovi contenuti per le nostre menti, non sono concettualizzazioni da afferrare e utilizzare nel cammino interiore. Sono paradossi, sono provocazioni o sono fascinazioni, comunque sono negazioni dei nostri processi conoscitivi e concettuali.
Non hanno alcuno scopo: né di modificarci e né di farci evolvere. Creano semplicemente dei piccoli vuoti dentro il pieno della nostra mente. Ed è lì che la vita parla.
Per qualsiasi informazione e supporto potete scrivere ai curatori del libro: vocedellaquiete.vaiano@gmail.com
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Indice dei post estratti dal libro e pubblicati
Abbreviazioni: [P]=Prefazione. [V]=Vita. [G]=Gratuità. [A]=Amore.
Le varie facilitazioni di lettura: grassetto, citazione, divisione in brevi paragrafi sono opera del redattore: i corsivi sono invece presenti anche nell’originale.
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Il Sentiero contemplativo, Cerchio Ifior
Trovo spesso qui una descrizione dettagliata del mio sentire che neanche io saprei descrivere così bene. ” Fuori” nessuno potrebbe capire ed è grande consolazione per me questo spazio. Grazie.
Coltivare i dubbi, per perdere certezze,
si arriva alla resa della mente,
l’ inconscio che avverti conscio,
con passo incerto e un po’ spaventato
si esplora nuovi spazi.
Anche a me colpisce il riferimento al “deserto”, forse perché l’io solo al sentire questa parola si sente minacciato.
Il “grande boh” e il “deserto” due esperienze che rimanendo alla “rinuncia”, al crollare del baluardo dell’identità preso d’assalto dall’Essere.
L’Essere mangia il divenire, lo fagocita, richiede sempre più “spazio”: non è certo un processo indolore.
E non può essere indolore perché ciò che che il “grande boh” mangia dell’io è la sua certezza, di modo che non potremmo dire di accedere all’esperienza del “grande boh” senza passare per il crollo delle certezze, il “deserto” appunto.
È di fondamentale importanza interrompere il recitare della mente che continua a creare il film che alla fine diventa solamente uno spettacolo noioso…
Non semplice ora, rinunciare anche ad un barlume d’identita’. Ma il vuoto prende sempre più spazio.
E diventa sempre più familiare
Anche in me “vibra” il passaggio che rimanda al deserto. Certamente ci si struttura sempre su nuovi equilibri e da un certo punto in poi non ci si interroga più perché in sottofondo c’è solo accoglienza. Anche nella rabbia. Quale il senso del deserto dunque?
Mah, boh.
Imparare a dubitare della mente è un esercizio costante.
Quando hai imparato ad arrenderti, nelle difficoltà., tutto si appiana.
Calza a pennello!
E se c’è la consapevolezza del processo quel deserto può non spaventare.
Un deserto che a un certo punto o da una certa prospettiva unitaria non viene vissuto come un deserto perché non ha definizione. Deserto e non deserto si equivalgono.