Bisogna sedere tacendo perlomeno dieci anni [Antai-ji17]

Kōshō Uchiyama rōshiDiscorso d’addio ad Antai-ji.
Dello zazen si dice: “Un minuto seduto, un minuto Buddha”, ma capirlo come volesse dire che se siedi per un po’, sei un po’ Buddha è eccentrico. Un po’ Buddha non va bene. Non è così. Non è sbagliato dire “un minuto seduto, un minuto Buddha”: è la base per sviluppare l’intenzione di sedere tanto e bene.

Sento dire che anche i preti del Rinzai Zen, un tempo famosi per la loro dedizione allo zazen e per il rigore della loro pratica, al giorno d’oggi vivono nei monasteri di formazione in media due o tre anni. Nel Sōtō Zen è spaventoso, non ci stanno che per tre o sei mesi e solo per prendere un certificato. Si ottiene il certificato che autorizza a essere titolare di un tempio in tre mesi o in un anno o in due anni, in base al titolo di studio: una prassi ridicola. In due o tre anni è impossibile diventare un vero monaco. Questi criteri sono umilianti.

Ognuno vive da sé la propria vita, è fino in fondo la propria vicenda. In questo senso, la vera formazione religiosa deve durare il più a lungo possibile. E dunque per cominciare bisogna sedere tacendo perlomeno dieci anni.

Quando sono divenuto monaco mio padre mi ha detto: “Un proverbio dice di star seduti tre anni su di una nuda pietra, quindi vai e taci per tre anni”. Il senso è sedere così a lungo finché la pietra diventa calda come carne viva.

Sono andato dunque in monastero e poco a poco sono passati i tre anni. A quel punto mio padre mi ha detto: “Non è forse vero che Bodhidharma è rimasto nove anni seduto faccia al muro?”. Con questo viatico son stato nove anni faccia al muro.

Ed ecco che una volta passati dieci anni, ho pensato di continuare altri dieci. E poi altri dieci. Una volta compiuti i dieci anni, si possono prevedere i dieci seguenti, perché si comprende di cosa si tratta. All’inizio, l’idea di sedere per uno o due anni sembra terribile. Ma dopo i primi dieci anni, viene naturale l’intenzione di continuare per altri dieci, quindi non c’è di che preoccuparsi.

Ho così più o meno imparato a fare previsioni, e quando Sawaki rōshi è morto prima ho indetto un ritiro di quarantanove giorni, poi ho stabilito di praticare ad Antai-ji per dieci anni a partire dalla data della sua morte. Negli ultimi due anni sono stato malato, ma anche così sono andato avanti. E sono passati i dieci anni. Così, si tratta comunque di continuare dieci anni, e dieci anni, e dieci anni… Fonte

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Nadia

Noi per fortuna non siamo alla ricerca di nessun certificato!

Leonardo

Il senso che colgo è racchiuso nell’indicazione che la pratica non ha mai fine: non si diventa monaci mai se si crede che questa sia una condizione che si raggiunge la fine di un percorso, perché il percorso non ha mai fine.
Il processo è il fine che non ha mai termine.

[…] chi ha praticato questa particolare meditazione per la bellezza di dieci anni. Lode a lui che c’è riuscito. Magari un giorno ci proverò anch’io. Nell’attesa, […]

Catia Belacchi

“Tacere sedendo per almeno dieci anni”.
Costanza, costanza, costanza.

Natascia

Spero non sia fonte di ispirazione:).

A parte gli scherzi, posso dire che più pratichi, più viene naturale sedersi davanti al muro.
Non è paragonabile la mia esperienza con quella descritta, ma sperimento che man mano le proteste diminuiscono, cambia la percezione del tempo e quell’esperienza lavora nel profondo.

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