Non è la mente/identità che comprende ma la coscienza

Afferma Leonardo commentando il post Fantasmi vibratori nella mente e nell’emozione: “Tendiamo a credere che si comprende attraverso le analisi dell’identità fornite dal corpo mentale.

In verità è importante ribadire che chi comprende è la coscienza attraverso l’esperienza: dunque l’insieme unitario coscienza/esperienza (e quando diciamo esperienza ovviamente vengono chiamati in campo i corpi transitori). Non è l’identità/mente che comprende. Anzi se l’identità è particolarmente eccitata può fornire delle analisi parziali e tendenziose, che andrebbero a frenare la comprensione più che agevolarla”.

È detto molto bene. Allora a cosa serve interrogarsi, analizzare, cercare d’interpretare diversamente?
A placare i conflitti, la tensione tra la pressione del sentire e il disordine che si crea nei corpi dell’Io quando c’è un problema, qualcosa che mette in scacco l’ottica identitaria che non riesce a comprendere, o ad accettare, la richiesta che la coscienza le invia.

Una identità, confusa a causa dei corpi transitori sballottati vibratoriamente, rappresenta un intralcio al flusso dei dati coscienza-esperienza e ritorno: se l’identità si placa, i dati possono fluire con facilità e più agevole rimane alla coscienza decodificare e sistemare quanto le viene dall’esperienza, velocizzando così anche il processo di comprensione.

Quando analizziamo un certo conflitto, o un certo nostro limite, e lo analizziamo con l’identità – l’unica con cui possiamo farlo – l’analisi e lo sforzo interpretativo hanno il compito di placare il trambusto vibrazionale dei corpi transitori, e lo fanno sistemando come possono i dati all’interno di essi: quella sistemazione dati non necessariamente è quella giusta e reale, ma questo non ha importanza, non conta come l’identità se la racconta.
Non conta, l’importante è che se la racconti in modo da placarsi, poi la coscienza estrarrà dall’esperienza, comunque e a prescindere da queste letture, ciò che le serve per giungere alla comprensione sulla quale è impegnata.

Ecco perché a volte ci sono persone che si fanno accompagnare psicologicamente, o esistenzialmente, dai personaggi più improbabili, e denunciano grandi successi e risoluzioni dei loro problemi: quello che in realtà hanno fatto è di darsi una spiegazione pacificante di certi loro stati – magari chiamando in causa le loro vite precedenti o l’influenza dei trapassati – ma non importa: i corpi sono calmi, i dati fluiscono e magari la comprensione era a un passo da arrivare e arriva proprio mentre seguono quelle improbabili letture di sé.

Lo stesso discorso vale per le ‘illuminazioni repentine‘: si attribuisce il merito a quel maestro presso cui il novello illuminato ha praticato, ma si dice una sciocchezza. Quella ‘illuminazione’ ovvero quel giungere a completezza di un certo complesso di comprensioni, è avvenuto nel tempo e nelle vite e sotto quel dato maestro non è stato fatto che l’ultimo piccolo passo che ha completato il quadro.


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1 commento su “Non è la mente/identità che comprende ma la coscienza”

  1. Anche il ragionare indagare speculare possono essere definiti esperienza essi stessi. Esperienza utile a placare ed esperienza costruttiva di dati. (ho messo 4 all’articolo per un errore del mio touch e adesso non me lo fa modificare. Era 5 )

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